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1. PRIMA TELEFONATA DI SCHETTINO «HO PRESO UNO SCOGLIETTO»
Dal "Corriere della Sera"
«Dal tono del comandante Francesco Schettino» in una telefonata «ho percepito che era ragionevolmente sereno e che avesse la situazione sotto controllo, pur nella drammaticità della situazione. Anche per questo gli lasciai autonomia». Lo ha detto ieri durante la sua deposizione il capo dell'unità di crisi di Costa Crociere, Roberto Ferrarini. «Nella terza telefonata il comandante mi dice che la nave non andava a fondo, nella quarta la percezione è che aveva informazioni frammentarie, e che in qualche modo doveva avere sempre conferma dai suoi ufficiali» delle avarie.
Nell'udienza sono state fatte sentire le telefonate di Schettino, dopo l'impatto, in cui parla di «scoglietto», «basso fondale» colpito. Spiega Ferrarini: «Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un blackout aveva fatto una collisione. Ma io dissentii, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e la nave si era allagata».
2. "SCHETTINO MI PROPOSE DI MENTIRE"
Teodoro Chiarelli per âLa Stampa'
Il comandante Francesco Schettino ha tentato di concordare una versione di comodo degli eventi che avrebbero causato il naufragio di Costa Concordia la notte del 13 febbraio 2012. A lanciare ieri l'accusa è il capo dell'unità di crisi di Costa Crociere, Roberto Ferrarini, sentito come testimone al processo di Grosseto su quanto avvenuto al Giglio, con la morte di 32 persone. In sostanza, riferisce Ferrarini al teatro Moderno trasformato in aula di tribunale, Schettino ha proposto di mentire all'autorità marittima dicendo che la nave era andata a sbattere contro uno scoglio dopo un blackout, anziché a causa di una manovra azzardata vicino all'isola, il famigerato "inchino".
«Una cosa differente e falsa rispetto a quanto lui stesso mi aveva raccontato. Io dissentii fortemente e mi arrabbiai». In aula c'è anche Schettino, imputato unico del processo. Il suo difensore, Domenico Pepe: «Non credo che sia stato tentato alcun accordo. Comunque non ha alcuna influenza a fini processuali». Ferrarini è considerato una figura-chiave per le comunicazioni telefoniche avute con Schettino e rispetto alle decisioni prese durante l'emergenza. Già indagato con il comandante, ha patteggiato nel luglio scorso due anni e 10 mesi per omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose e mancate comunicazioni alle autorità marittime.
L'udienza si protrae per quasi dieci ore e inizia con l'ascolto della prima telefonata ricevuta da Ferrarini alle 21,57 di quella notte. «Ci stava questo piccolo scoglietto qui e abbiamo dato una botta con la poppa. Arriva acqua al quadro principale di poppa e siamo in blackout. Sono distrutto». Schettino parla di «scoglietto» e «basso fondale», sostiene di aver seguito le indicazioni del comandante in pensione Mario Terenzio Palombo a cui aveva telefonato poco prima dell'urto per chiedere informazioni sui fondali vicini alla costa del Giglio. «Mi ha detto "Vieni", e abbiamo preso una botta sulla poppa».
Il pm Alessandro Leopizzi legge in aula alcune dichiarazioni fatte da Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa Crociere in cui ha detto di esser stato lasciato solo nelle fasi del naufragio. «Non ho lasciato a Schettino la responsabilità di gestire l'emergenza del naufragio, ma gli lasciai l'autonomia di agire che compete al comandante. Da lui non ho mai ricevuto una richiesta di prendere io da Genova le decisioni. E' paradossale che ora dica di esser stato abbandonato dalla Compagnia».
Il pm insiste: «Lei l'ha mai pronunciata la frase "Ci mangiano la nave", riportata da Schettino, quando le chiese di far intervenire i rimorchiatori?». Vuole capire se nell'emergenza erano emerse valutazioni di carattere economico-finanziario sui costi che la compagnia avrebbe dovuto sostenere in tal caso. Ferrarini: «No, lo escludo». Schettino, sostiene Ferrarini, la sera del naufragio era rassicurante: «Mi faceva ritenere che la situazione fosse sotto controllo».
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