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Marco Giusti per Dagospia
Cannes 2012. Dopo averci regalato il sesso tra i vecchi, "Canicule" che lascio' molti stupefatti a Venezia, e il sesso che veniva dall'est, "Import Export", l'austriaco Ulrich Seidl si lancia con "Paradise Love", quarto film in concorso, nel sesso facile che cercano le cinquantenni europee in Africa.
Costruito con grandi inquadrature e il solito occhio alla composizione visiva dove inserire tutte le situazioni, anche le più' scabrose, il film, dopo un grande inizio in patria (con una fortissima scena con un gruppo di down sulle macchinine a scontro), segue una simpatica austriaca sovrappeso nel suo viaggio in Africa alla ricerca di sesso e distensione.
A differenza di "Verso sud" di Francois Ozon, che trattava lo stesso tema, qua c'e' meno moralismo e più desiderio di stupire lo spettatore con immagini a effetto. Ma la ricerca, come nei film precedenti di Seidl, e' sempre dedicata all'identita' nazionale, al come sono e cosa pensano gli austriaci, come si muovono, cosa dicono.
Malgrado la forte complessita' visiva, l'idea e' sempre quella di un film verita' su temi solitamente coinsiderati scabrosi. Seidl segue letteralmente il culone della sua protagonista in giro per l'Africa, un culone che riempie quasi ogni scena. L'effetto e' bizzarro, c'e' qualche lentezza, ma l'occhio di Seidl, lontano dal jacopettismo, vuole capire, non solo stupire. Ovvio che a Moretti non piacera' affatto, ma rimane un buon film. Meno sgradevole del previsto.
Comunque a "Paradise Love" va il premio per il maggiore pisello visto finora a Cannes, e' quello dell'attore nero, Peter Kazungha (si chiama cosi') che interpreta Munga, il gigolo della culona austriaca.
Notevoli i due film che hanno aperto "Un certain regard", cioe' il cinese "Mistery" di Lou Ye e il curiosissimo kazako "Student" di Darezhan Omirbayev. Il primo e' un complicatissimo giallo che ruota attorno alla misteriosa morte di una ragazza travolta da un'auto in corsa, ma forse spinta li' da qualcuno, a un poliziotto che ha troppe donne e a donne che non dice la verita'. Bella storia originale alla De Palma che potrebbe vantare un remake.
Il secondo e' un ironico film d'arte tratto da "Delitto e castigo" di Dostoyevski, ma ambientato in un Kazakistan poverissimo dominato dal neocapitalismo dei ganster miliardari. Lo studente del titolo, il nuovo Raskolnikov, vive in un mondo per lui incomprensibile, dove perfino i professori difendono il capitalismo e si girano film alla Moccia che vedono protagonisti le donne dei boss che viaggiano in suv.
Magistrale l'inizio con la giornalista che intervista il regista patacca mentre la prima attrice fa riempire di botte un ragazzo che ha osato versarle una tazza di te' sull'abito di scena. Ovvio che lo studente, seguendo il filo dostoyevskiano, compia prima il delitto e poi senta il morso del castigo, ma il tutto e' venato di trovate divertenti e assurde e di invenzioni di regia che hanno impressionato la platea di critici mezzo assonnati del pomeriggio.
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