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Malcom Pagani e Andrea Scanzi per Il Fatto Quotidiano
Come Berlusconi che si lamenta della troppa dissolutezza di Bersani. Uno scenario ipotetico, nonché altamente improbabile. Eppure è un paradosso molto simile a quello, reale, che vede ora metà Italia devastata dalla indignazione tracimante per lo Spettro del Biscotto. Qualcosa che fa già ridere a livello linguistico. Più ancora sul piano concreto.
L'Italia del calcio non può scagliarsi sulle combine altrui. Men che meno questa.
Di biscotti è piena la storia del calcio. Hans Peter Briegel, cane da guardia del Verona di Bagnoli, abbrutito dal caldo e confuso dai petrodollari ottenuti da selezionatore del Barhein, decise di confessare con 27 anni di ritardo quel che tutti avevano compreso in tempo reale. La sconfitta dell'Austria contrapposta alla Germania dei Mondiali 1982 venne organizzata per eliminare l'Algeria dalla competizione.
Questa volta, come avvenne agli Europei del 2004 con l'abbraccio tra Svezia e Danimarca, più mediterraneo che Scandinavia, per vedere atterrare Prandelli nell'aula del processo in pubblica piazza basterà un 2-2. O un pareggio con ancora più gol. I quotidiani italiani hanno frignato alla sola ipotesi. Dimenticando la triste tempesta a suon di campionati venduti e comprati in atto alle nostre latitudini e superando ridicolo involontario e vette d'umorismo con pareri legali in prima pagina.
Uno tra tutti, Il Corriere dello Sport, sanguinante: "Non truffateci un'altra volta, a rischio la credibilità dell' Europeo". In basso un commento del professor Antonio D'Aloia, ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Parma". Titolo bronzeo: "Il biscotto, l'etica e le regole". Svolgimento alternato all'inno di Mameli: "Sospetti, ansie, timori: ecco lo stato d'animo dei tifosi italiani".
Agitarsi è inutile. Il biscotto è nell'anima dei pedatori. Accordarsi è la norma e come hanno dimostrato le teorie dei nostri filosofi moderni, da Buffon a Mazzarri, accadrà ancora. "Meglio due feriti che un morto" è l'estensione linguisticamente funeraria della morale biscottata.
La paura di adesso è autoalimentata e forse ingiustificata: la Spagna è più forte della Croazia, il 2-2 è difficile da aggiustare (ancor più dopo il clamore di otto anni fa) e l'Italia resta favorita per il secondo posto. Lo spauracchio, casomai, è l'1-1 (con lo 0-0 croato, l'Italia si qualifica). In quel caso, la Nazionale dovrebbe vincere facendo almeno 3 gol (e almeno due di scarto): è così scontato che, contro l'esile Eire del Trap, ci riesca?
Ma il punto è altrove. Nella statistica. Nei precedenti. Il Piacenza di Gigi Cagni retrocesse perché la Reggiana di Esposito (e di altri 4 tesserati che, contrattualizzati, l'anno dopo avrebbero dormito a Milanello) vinse al Meazza contro il Milan campione d'Italia. Di caso in caso, tra una maglietta scambiata e il reciproco sollievo, per trovare una ribellione icastica bisogna tornare sempre a Zeman.
Caldo africano, Lecce e Parma impegnate nella parodia della battaglia e cuori bianchissimi, immacolati, nel fissare il 3-3. Zeman, da attore di rivista stanco del copione, vide l'ultima mezz'ora di spalle. Carlo Petrini, che nel fango del dio pallone c'è vissuto e crepato, il biscotto tra Juventus e Bologna del 13 gennaio 1980 l'ha raccontato indugiando nei dettagli. Chi voleva sapere, sa.
Come sa che, quando l'accordo salta, sono sputi. Cazzotti. Macchine della polizia a bordo campo. L'inattesa piega degli eventi in Genoa-Inter del 27 marzo 1983 tramutò l'evocatissimo 2-2 di queste ore "gravide di pericoli per la nazione" in 2-3. Salvatore Bagni, ignaro, colpì a cinque minuti dalla doccia ordinata da (proprio lui) Pierluigi Pairetto. Paolo Ziliani, in un libro memorabile, descrisse le bizzarrie di quel pomeriggio a Marassi.
Bagni venne ignorato dai suoi compagni, lasciato solo ad esultare, assediato negli spogliatoi. Sedici anni dopo, il brasiliano Tuta segnò in Venezia Bari 2-1. Era il 24 gennaio 1999. Novellino gli regalò il proscenio in luogo di Recoba, Tuta equivocò tanta fiducia e allo scadere marcò la rete della vittoria. Gli altri si guardarono perplessi, Tuta esultò in solitudine sotto la curva e nel sottopassaggio l'aria si fece greve. Le telecamere catturarono un inequivocabile: «Che cazzo hai fatto? Stronzo» diretto all'ex del Corinthias. Disse di voler tornare a casa, Zamparini lo accontentò.
Si potrebbe perfino rispolverare, rileggendo Oliviero Beha, il biscotto innominabile tra Italia e Camerun. Senza il quale Sandro Pertini non avrebbe mai potuto mimare trent'anni fa: "Non ci prendono più". Niente complottismi, niente alibi. La colpa non è sempre degli altri. Casomai di chi non ha vinto contro uno Croazia che solo mamma Rai ha immaginato "micidiale".
Di biscotti ci siamo storicamente nutriti: improvvido sindacare adesso sulle diete altrui. Ancor più considerando che, se biscotto lunedì sarà , un odioso malpensante potrebbe ritenere più probabile quello tra Italia e Irlanda. Considerato che il ct rivale non solo è italiano, ma pure lo stesso che a Euro 2004 uscì per colpa del famigerato biscotto. Sgradevole, condannabile. Ma dal gusto che ben conosciamo.
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