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LA STORIA DIETRO LE OTTO FOTO INEDITE DEL CADAVERE DI “CHE GUEVARA”, SCATTATE DA UN REPORTER FRANCESE, DATE A UN MISSIONARIO SPAGNOLO, E CUSTODITE PER 47 ANNI IN UNA SCATOLA DI SIGARI

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Sono dovuti passare quasi cinquant’anni prima che venissero alla luce le foto di Ernesto 'Che' Guevara, scattate appena morto da un giornalista della AFP e arrivate in Spagna tramite Luis Cuartero Lapieza, all’epoca missionario in Bolivia, e poi custodite dalla sua famiglia.

 

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Racconta il nipote Imanol Arteaga: «Mio zio, che esercitò per dodici anni nella città boliviana Sucre, le portò qui nel novembre 1967, quando venne per le nozze dei miei genitori. Disse che gliele aveva date un giornalista francese. Quando zio morì, nel 2012, mi ricordai di quelle foto, le chiesi a mia zia, che non esitò a darmele. Iniziai a investigare, cercai su internet notizie del giornalista francese e scoprii che si trattava di Marc Hutten».

 

Hutten è infatti il reporter, l’unico, che scattò le istantanee finora conosciute del corpo del Che. Prosegue Artega: «Chiese a mio zio di portarle via perché era il solo europeo che in quel momento lasciava il paese, così non avrebbe avuto alcun problema a farle espatriare».

 

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Le immagini risalgono a diversi momenti. C’è il medico argentino, convertito al mito rivoluzionario, prima con il giacchetto aperto, poi senza, disposto per essere mostrato, e c’è la foto della compagna Tamara Bunke, alias Tania.

 

Racconta Sylvain Estibal, responsabile AFP per l’Europa e Africa, che il reporter

Hutten, morto nel 2012, al tempo aveva spedito quattro o cinque rullini con le immagini del cadavere del Che, a Parigi, ma quando arrivò in città, alcuni mesi dopo, si accorse che erano circolate solo poche foto del suo reportage. Dove siano finite le altre, resta un mistero.

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Fortuna che c’era la scatola di sigari del missionario, contenenti otto scatti inediti: «Li ho fatti vedere da un esperto che mi ha confermato la loro validità, ma quello che mi importava era che appartenessero a mio zio, avevano un valore sentimentale. Solo ora mi accorgo di quale valore storico abbiano. Gli ultimi anni di mio zio, li passammo a parlare di tutto, ma non accennò mai alle immagini. E’ un segreto che si è portato nella tomba».