venezia e’ morta, viva venezia! il festival targato barbera somiglia all’isola di “lost”…

4 set 2012 11:28

Fulvia Caprara per "La Stampa"

I segnali d'allarme sono sfumati, insidiosi, striscianti, ma la Mostra, oggi al giro di boa, non puÃ² permettersi di ignorarli. On-line il tam-tam va avanti da giorni, e ora, in attesa degli ultimi fuochi d'artificio, un primo bilancio Ã¨ inevitabile. SarÃ colpa della crisi, della pioggia, ma Ã¨ un fatto che al festival, quest'anno, c'Ã¨ molta meno gente.

I piÃ¹ cattivi parlano del Lido come se fosse l'isola di Lost, un luogo da dove Ã¨ impossibile fuggire, popolato da una pattuglia sperduta di sopravvissuti forniti solo di badge. I piÃ¹ buoni continuano a ripetere che i soldi non ci sono, che la recessione si avverte ovunque ed Ã¨ normale che si senta pure qui.

I nostalgici dell'era Marco Muller (durata otto anni) rievocano i tempi della Mostra elefantiaca e in sovrappeso. I seguaci del direttore in carica Barbera festeggiano la rassegna agile e snella, dicendo che finalmente si riescono a vedere tutti i film e che c'Ã¨ perfino il tempo di mangiare un boccone.

Il vuoto, perÃ², anche nel primo week-end, tradizionalmente affollatissimo, Ã¨ sotto gli occhi di tutti, ristoratori, gestori di bar e hotel che lamentano in coro il calo di presenze. Un vuoto di gente normale, che al Lido veniva anche solo per annusare profumo di glamour, per aspettare divi lungo il tappeto rosso, per orecchiare discussioni cinefile.

I film La qualitÃ della selezione Ã¨ indubbia, i nomi dei concorrenti al Leone validissimi. PerÃ² anche i maestri certe volte sbagliano, o, semplicemente, non sono nella loro forma migliore. E' successo per due dei titoli piÃ¹ attesi, quelli firmati da pezzi da novanta come Terrence Malick e Paul Thomas Anderson. Al di lÃ dei gusti, degli eccessi, dei fischi e degli applausi, Ã¨ apparso chiaro che quelle viste al Lido non sono le loro opere migliori.

C'Ã¨ ancora tempo per rifarsi, mancano Bellocchio e De Palma, mentre Kim Ki duk Ã¨ stato applauditissimo ieri sera. Ma il clima di una rassegna di cinema Ã¨ segnato soprattutto dal livello del cartellone, dall'intensitÃ delle scoperte artistiche, dall'emozione che provocano. Se prevale un pizzico di delusione, l'adrenalina scende, il tono generale si smoscia.

Il mercato E' una delle scommesse piÃ¹ audaci della rassegna made in Barbera. Gli affari sono importanti, soprattutto di questi tempi, perciÃ² si sperava che al primo piano dell'Excelsior, dove sono allestiti gli stand per compratori e venditori, si scatenasse una fruttuosa bagarre. Non Ã¨ andata cosÃ¬: Â«Per tentare una ripresa - dice il presidente dell'Anica Riccardo Tozzi - ci vuole tempo, e non si puÃ² realizzare un grosso intervento senza strutture adeguateÂ».

E poi c'Ã¨ l'ombra lunga del Toronto Film Festival: Â«Molti si sono spostati lÃ¬. Toronto "Ã¨" il mercato, inizia il 7 e finisce il 15, Ã¨ quella la ragione per cui tanti addetti ai lavori sono partitiÂ». Angelo Barbagallo aggiunge che Â«Ã¨ presto per un bilancioÂ» e Â«le sale comunque sono piene. Per il film di Lo Cascio c'erano spettatori in piedi e anche per il turco, distribuito da Moretti, si Ã¨ verificato il pienoneÂ». In giro, perÃ², la folla non c'Ã¨: Â«Gli sforzi sono stati fatti - prosegue Tozzi -. Si Ã¨ cercato di migliorare i collegamenti tra il Lido e Venezia, ma Ã¨ proprio la cittÃ che sembra non rispondereÂ».

Le feste Sembra che la spina nel fianco di Barbera sia la Biennale Architettura, inaugurata in contemporanea con la Mostra, quest'anno particolarmente spumeggiante e quindi capace di attirare pubblico, curiositÃ , lustrini, a svantaggio del festival. Mai come in questi giorni la temperatura dei party, dei cocktail, delle cene eleganti, si misura lontano dalla Sala Grande, nel triangolo d'oro compreso tra la Giudecca, Palazzo Grassi, il Guggheneim, e soprattutto

Andare al mare seguendo il percorso di tubi metallici, prendere il sole davanti a un panorama di ciminiere e sbuffi di fumo, aspettare il tempo che passa senza coltivare sogni, nÃ© speranze, al massimo quella piccola, eppure grandissima, di una gita nell'isola davanti a cui si Ã¨ cresciuti.

Diventato film con la regia di Stefano Mordini, il romanzo di Silvia Avallone Acciaio (ieri alla Mostra nelle Â«Giornate degli AutoriÂ»), parla di un oggi che rimbomba nei tg e sui giornali, un'attualitÃ dura e senza scampo, una dissonanza per cui il lavoro che nobilita l'uomo diventa la causa della sua morte: Â«L'epoca del racconto Ã¨ mutata commenta l'autrice -, spostarla ai giorni nostri Ã¨ servito ad accrescerne l'energia, a sottolineare il senso delle promesse disattese, in un clima di Biennale Architettura, dove Ã¨ perfino annunciata la visita del presidente Napolitano, grande appassionato di cinema che perÃ², in zona Lido, stavolta non dovrebbe apparire.

E i divi? Ci sono, ma non sono di quelli da far tremare le vene ai polsi dei servizi d'ordine. A parte le adolescenti che inseguivano Zac Efron, niente scene di entusiasmo collettivo. Si spera nella rivincita delle signore in etÃ . Almeno loro, nel giorno di Robert Redford, dovrebbero rivivere il brivido caldo del divismo del tempo che fu. le incertezza. Rispetto al libro, il film cambia tono, e io mi sento molto fortunata per essere stata coinvolta in questo processo, in questa nuova declinazione della vicendaÂ».

L'autrice, spiega Mordini, Â«ci ha accompagnato dentro la "zona", abbiamo intrapreso il viaggio attraverso i ricordi della sua adolescenza, i racconti dei suoi amici che, a 18 anni, vengono proiettati dalle scuole tecniche direttamente in fabbricaÂ».

La parentesi di libertÃ dura quasi sempre il tempo di un'estate, quella in cui vediamo muoversi i protagonisti della storia. Le due ragazzine all'alba dell'adolescenza, Anna (Matilde Giannini) e Francesca (Anna Bellezza), il giovane operaio Alessio (Michele Riondino), il suo amore di sempre Elena (Vittoria Puccini).

Tutti all'ombra di quel mostro di fuoco e di fumo, un drago che domina, implacabile, le loro esistenze: Â«Ho molto amato il libro - racconta Riondino -, e ho pensato che la chiave migliore per aderire al personaggio era quella di condividerne la condizione lavorativa ambientale. CosÃ¬ ho passato molto tempo all'interno dei reparti, con gli operai, osservandone i silenzi e le attese. Lavorare all'altoforno significa soprattutto aspettare, essere vigili, in un ambiente non salutare, dove si rischia di diventare un macchinario e dove la noia puÃ² essere assassinaÂ».

Immergersi nell'universo della fabbrica Ã¨ servito a vedere le cose piÃ¹ chiare: Â«All'Ilva - dice l'attore spostando l'obiettivo sull'attualitÃ - Ã¨ cambiata solo l'attenzione dei media. Si parla di bustarelle e intercettazioni, ma a Taranto queste cose si sapevano giÃ , non c'Ã¨ politica che veramente si interessi al problema. Contro tutto questo l'unica Ã¨ strappare la scheda elettorale, un segnale che potrebbe sembrare solo distruttivo invece secondo me non lo Ã¨Â».

Accanto a Riondino, Vittoria Puccini parla di Elena, divisa tra la scelta di andare e restare: Â«Elena Ã¨ una giovane donna che fugge, una che non riesce a liberarsi fino in fondo. Ha una mentalitÃ imprenditoriale, aperta al futuro, e questo la tiene distante dagli altri, a cominciare da AlessioÂ».

Le due ragazze che costituiscono il cuore del racconto sono state scelte in mezzo ad altre novecento, durante i provini a Piombino: Â«A scuola abbiamo sentito dire che cercavano due personaggi della nostra etÃ , cosÃ¬ ci siamo presentate e ci hanno preseÂ». Mordini dice di averle riconosciute subito, per gli sguardi timidi verso il basso, per la grazia sfuggente, per i bronci, per le timidezze: Â«L'adolescenza - scrive Silvia Avallone all'inizio del suo romanzo - Ã¨ un'etÃ potenzialeÂ».