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PREMESSA AL LIBRO DI LUCIO GIUNIO BRUTO, "VOLO BASSO - SESSO CACCA E BANALITÃ, VIAGGIO NELLE CAZZATE DI FABIO VOLO" - KAOS EDIZIONI
Certi fenomeni editoriali sono artificiosi, pianificati oppure alimentati dall'industria editoriale attraverso vari espedienti. Uno dei più praticati è la manipolazione della classifica delle vendite, in modo da utilizzarla come vetrina pubblicitaria che non costa niente e rende tanto. Un altro espediente è l'esibizione di fascette urlanti vendite stratosferiche - centomila, cinquecentomila, un milione di copie - in modo da sollecitare nel potenziale lettore l'effetto-pecora, cioè l'andare dietro al gregge. Nel caso del fenomeno Fabio Volo, però, l'industria editoriale non ha dovuto ricorrere a trucchi o espedienti: i suoi libri sono un successo vero, spontaneo e di lunga durata.
Si parla di vendite stimate nell'ordine di 4-5 milioni di copie complessive (per 6 libri), ed è una probabile esagerazione. Però il fatto che Volo sia da oltre un decennio il fenomeno di massa più eclatante dell'editoria italica del Duemila è un dato certo (basta viaggiare sui mezzi pubblici delle principali città , per rendersene conto). Ma Volo non è solo un fenomeno editoriale con milioni di lettori. Come attore, ha interpretato ben 10 film. Nel frattempo, ha partecipato a decine di trasmissioni televisive, con presenze in video per centinaia di ore su tutte le tv nazionali, pubbliche e private.
Inoltre, dal 2000 conduce un programma quotidiano dai microfoni della seguitissima Radio Deejay. Un presenzialismo mediatico multiplo e ultradecennale che per durata, articolazione e intensità non ha eguali. Ecco perché Fabio Volo può essere considerato il più influente intellettuale italiano del primo decennio del Duemila, il più importante fenomeno socioculturale dell'Italia mediatica e teledipendente. Il fenomeno Volo ha infatti un'anima televisiva: nato in tv, creato da fruitori della tv, alimentato dalla tv, celebrato come tale in tv. Ed è un fenomeno mediatico e socioculturale tanto più importante in quanto non è basato su alcuna dote artistica.
Volo non è uno scrittore né un attore, è del tutto privo di cultura (e non ci si riferisce ovviamente al fatto che i suoi studi si siano fermati alla scuola media), è istrionico come un impiegato del catasto, affascinante come un bambolotto, e per non sbagliare si dichiara apolitico con propensione al qualunquismo. In quanto divo mediatico-televisivo e autore di libri di grande successo, per di più pubblicati dal colosso mondadoriano, Volo gode di una particolare benevolenza da parte di tutti i media (cane non mangia cane).
Nessuno dei quali si è mai preso la briga di leggerne in chiave critica le imbarazzanti opere librarie. Solo tante interviste all'autore, tante piaggerie, tante passerelle, tante marchette promozionali, tanti omaggi al "personaggio di successo" nel tipico stile dell'Italia berlusconizzata (di destra e di sinistra). Un paese nel quale non è più contemplato l'esercizio critico, a maggior ragione se confliggente con i valori dominanti dell'immagine, del successo, del consenso e del business.
Nell'Italia berlusconizzata, infatti, per successo si intende il consenso di massa con annesso business, e chi osa criticare il merito di questa tipologia di successo viene zittito con l'accusa duplice di snobismo e invidia. In queste pagine tratteggiamo il personaggio Fabio Volo e le tappe del suo straordinario successo fatto di niente. E soprattutto proviamo a leggerne le imbarazzanti opere librarie, unico nutrimento intellettuale per milioni di lettrici teledipendenti.
Brano tratto da "Volo basso" di Lucio Giunio Bruto
Fabio Bonetti, in arte Volo, è originario della provincia di Bergamo (Calcinate, 1972). Rompe l'anonimato alla fine degli anni Novanta, grazie alla tv berlusconiana Italia 1 (quella preposta a omogeneizzare i giovani): a partire dall'autunno 1998, e per tre stagioni, Volo è co-conduttore del programma "Le Iene" (versione italica dal format argentino "Caiga quien caiga").
A colpi di goliardate, sberleffi e provocazioni, il programma copre "l'ala sinistra" dell'universo televisivo berlusconiano, e ottiene un notevole successo. E Volo - che sta in scena vestito in total black alla Blues Brothers - gioca in casa: ha la giusta faccia da schiaffi, una comica calata bresciano-bergamasca, e una propensione naturale per il cazzeggio. Forse è superfluo precisare che i momenti clou de "Le Iene" hanno come costante due dei capisaldi della cultura berlusconiana (di destra e di sinistra): il calcio e la fica. Commentando una puntata qualsiasi del programma, un critico televisivo la racconta così:
Calcio: «Durante la "Partita del cuore", una iena reporter intervista i protagonisti dell'incontro sul tema del doping, infischiandosene però delle buone maniere... Così come il gioco scaramantico fra i giocatori della Lazio, che indossano una maglietta speciale...».
Fica: «Il servizio sulla prostituta albanese, abbordata da un cliente italiano che viene poi intervistato sul tema "la presenza degli albanesi in Italia", è di notevole spessore...».
Il Volo-iena, comunque, si occupa più volentieri del secondo tema. Nel settembre del 1999, per esempio, corteggia davanti alle telecamere la diva cinematografica Nicole Kidman, come raccontano le cronache del festival cinematografico di Venezia: «Fabio Volo, inviato delle "Iene", ha offerto un fiore all'attrice sotto la sguardo scherzosamente geloso del marito Tom Cruise: "Signora, io vivo a Brescia, lei a Hollywood, so che è difficile ma farei di tutto per amarla"... Per inseguirla [Volo] non ha esitato a buttarsi nelle acque sporche della darsena davanti all'Excelsior»
Nel febbraio del 2000, altro esempio, durante il festival di Sanremo, si finge innamorato perso dell'attrice-modella che presenta la rassegna canzonettara: «Fabio Volo, uno degli inviati delle "Iene", gira per Sanremo gridando al megafono che è pazzo di Inés Sastre». In un'altra occasione si spoglia nudo per intervistare la divetta delle tv berlusconiane Alessia Marcuzzi, che si finge imbarazzatissima.
Niente di speciale, certo, quella del Volo-iena è la solita macchietta, trita e ritrita, del ragazzotto sfigatello e arrapato che sbava per le belle donne. Però è una macchietta che piace sempre (nell'Italia berlusconizzata ancora di più), così il Volo televisivo diventa molto popolare. Lo dimostra il fatto che i giornali, per riempire le loro paginate di puttanate e aria fritta, cominciano a interpellarlo sui temi più insulsi come se lui fosse diventato una celebrità .
Esempio, gli viene chiesto un parere sui messaggini via telefonino, e Fabiovolo è pronto a spiegare che divide gli sms in due categorie: «Quelli grazie ai quali riesci a non sentire le persone che non vuoi sentire (mandi due righe e così sei a posto con la coscienza), e quelli che spedisci quando sei innamorato».
Altro esempio, gli viene domandato cosa ritenga indispensabile per il suo benessere psicologico e la sua serenità , e lui risponde serioso come un vero intellettuale: «Mi piacciono gli "incomincio". La stabilità e il consueto mi destabilizzano. Alla base c'è, però, il rapporto con la mia famiglia, che mi dà sicurezza. E quello con i miei amici: in loro mi rispecchio e sono felice di far parte della loro vita. Inoltre la spiritualità , anche se sono un religioso senza dottrine (e soprattutto non per mode new age), è per me fonte di serenità ». Un vero maestro di vita.
Quegli stessi giornali incominciano a considerarlo un personaggio-celebrità del quale spiegare che «Volo non ha la macchina, va al lavoro in autobus, non ama uscire la sera, per tre anni non ha avuto la televisione, "e anche ora non la guardo mai, non mi piace"». Concetti ottimi per un'edizione straordinaria della rubrica "Chi se ne frega", ma si sa che nell'Italia berlusconizzata i giornali sono pieni zeppi di televisione e di protagonisti della medesima.
Nel settembre del 2000 l'emittente Radio Deejay (la più seguita dopo Raiuno) annuncia «l'acquisto di Fabio Volo, uno dei protagonisti della trasmissione televisiva "Le Iene", [il quale avrà ] il compito di caratterizzare le notizie del giorno con i commenti e gli approfondimenti del caso». L'interessato conferma e spiega: «La radio è la mia grande passione, ho ricevuto diverse offerte dalla tv, ma io riesco a impegnarmi solo sulle cose che mi piacciono. E da questo punto di vista, "Le Iene" e "Deejay" sono il massimo».
Dunque al momento Fabiovolo è doppio: lavora per una tv berlusconiana (Italia 1) e per una radio antiberlusconiana (Radio Deejay è del gruppo Repubblica-Espresso).
All'inizio del 2001, a sorpresa, il Volo radiotelevisivo irrompe anche nelle librerie italiane, con l'opera di narrativa Esco a fare due passi, editore Mondadori.
La casa editrice berlusconiana, da tempo impegnata a commercializzare in libreria tutte le facce televisive possibili e i personaggi di qualunque genere, presenta il libro di Volo con queste parole:
«Cosa succede quando un ragazzo di 28 anni, irrimediabilmente vittima della sindrome di Peter Pan, si mette di fronte ai temi importanti della vita, quelli con la T maiuscola? à il caso di Nico, il protagonista di questo libro: un lavoro da deejay radiofonico, un discreto successo con le donne, Nico vive una vita spensierata e apparentemente felice. Ma si sente profondamente immaturo, un adolescente intrappolato nel corpo di un uomo e senza alcuna voglia di crescere.
Con l'innocenza e la spudoratezza di un bambino, del tutto privo di inibizioni, Fabio Volo ci accompagna in un esilarante viaggio attraverso l'universo giovanile alle soglie del Terzo Millennio. Seguendo il proprio corpo come unica bussola, parla di sesso, canne, musica e amicizia. E riesce a mettere a nudo quella parte di noi che teniamo nascosta, con la polvere, sotto il tappeto».
Il libro è un successone da centinaia di migliaia di copie, a conferma del fatto che Fabiovolo è un vero fenomeno mediatico e adesso anche culturale. Nessuno, però, si prende la briga di leggere Esco a fare due passi in chiave critica. La ragione del silenzio critico verso il libretto di Volo è multipla. Nell'Italia berlusconizzata d'inizio Duemila l'esercizio critico, in fatto di cultura, è bandito (salvo il caso di regolamenti di conti fra clan).
Il libro è solo business, e gli spazi culturali dei principali media sono al servizio dell'industria editoriale (capeggiata dal gruppo mondadoriano), industria alla quale sono legati gli stessi critici e giornalisti come autori. In più, Fabiovolo è un magnifico esemplare dell'Italia telerimbambita: un piede ce l'ha nel centro-destra berlusconiano, e l'altro nel centro-sinistra berlusconizzato, così non ha nemici di fazione politica e accontenta tutti.
Comunque, per non sbagliare, l'autore del best seller Esco a fare due passi vola basso: «Scrivo ma non sono uno scrittore. Faccio tv ma non sono un presentatore, e anche come dj non ho una vera cultura musicale... Parlo e basta. Faccio tante cose un po' per un ego sfrenato, un po' perché non ne so fare bene una. Sono un mediocre, ma gli altri fanno talmente schifo che riesco a starci dentro anch'io».
Ma è solo una posa da anticonformista un po' ruffiano, dietro la quale c'è davvero un ego sfrenato prontissimo a raccontarsi come se fosse quello di una star: «Ho la licenza media, poi ho lavorato nella panetteria di famiglia... Ho fatto il cantante, ci ho provato più che altro, poi per amore della musica ho smesso perché facevo delle cose agghiaccianti... Non sono un sex symbol, è la televisione che fa tutto. Quando facevo il panettiere era difficile fare qualsiasi cosa, adesso che vado in tv è tutto più semplice... Non sono fidanzato, ho solo delle relazioni... Non essendo uno scrittore, per il mio libro ho preso spunto dalla mia vita. Non mi vedo proiettato nel mondo dei grandi. C'è questa paura di entrare in una routine, in una sorta di artrosi del cervello», e così via.
E in un raptus di anticonformismo paradossale, arriva a parlar male della televisione: «La tv mi piace poco. Dovrebbe essere un mezzo di educazione e risveglio delle coscienze, ma è andata a finire da tutt'altra parte... La cosa più bella della tv è il pulsante del telecomando con cui puoi spegnerla... Maurizio Costanzo è un grande professionista, ma alimenta un tipo di televisione che fa danni. E in questo mondo del superfigo e del super- macho, quando poi uno si fa una canna viene additato come l'esempio negativo».
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