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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, che cosa ci sta succedendo e che ne è della nostra vita di tutti i giorni, la cosa più importante è chiamare le cose con il loro nome. Ad esempio chiamare dittatura - una dittatura più originale e che va più in profondità di quanto andassero le due dittature criminali del Novecento, il nazismo e il comunismo - la dittatura cui oggi siamo sottoposti 24 ore su 24.
La dittatura del web, del clic, della comunicazione digitale gratuita, di tutto ciò che ti arriva via Internet e di cui hai bisogno come dell’aria che respiri. E difatti è come se ti mancasse l’aria quando non funziona il tuo smartphone, il tuo computer, il tuo tablet, i canali Internet del tuo televisore.
I PROBLEMI DI CONNESSIONE DI DAZN
Sono uno dei venti milioni di italiani che ama il calcio. Ovvio che appena ho saputo del drone Dazn che si aggirava minaccioso sulle nostre teste, e ne era messo in pericolo il mio cinquantennale cerimoniale costituito dal vedere in tv la partita della Juve, ho subito apprestato l’adeguata contraerea.
Chiamato più e più volte Sky, che mi portassero questo dannato modem che include la possibilità di vedere Dazn e dunque le partite della Juve. Hanno il numero della mia carta di credito, facessero di me quello che vogliono e purché io possa venerare il travolgente (più o meno) undici bianconero.
Bene. L’addetto è venuto, ha portato il modem, ci ha messo un paio d’ore a farlo funzionare, solo che Dazn da quel dannato modem non viene fuori per nulla. Non c’è, non c’è o meglio non c’è ancora. Scatta di sicuro il pagamento, ma il prodotto non c’è, non ancora, arriverà prima o poi sotto forma di una application atta al modem Sky.
Così è, al tempo della dittatura assoluta del digitale che al confronto Adolf Hitler era un angelo con i baffetti. E dunque sabato scorso, forse per la prima volta in cinquant’anni non ho visto una partita della Juve.
Dittatura del digitale, di tutto ciò che ti arriva attraverso un computer o uno schermo o uno smartphone. Sì, questa. Tutti i giorni e a tutte le ore del giorno.
Di solito passo un’oretta del giorno ad apprestare i miei pagamenti fiscali, ed è una fortuna del cielo che oggi tu li possa fare via internet e non internet andando a una banca, mettendoti in fila, aspettare che l’impiegato apponga la sua penna biro negli angoli obbligati del modulo. Ma certo che è una meraviglia.
Succede però che al 17 settembre prossimo io debba pagare un rateo Irpef, e non so se qualcuno di voi lo sa di prima mano che cosa vuol dire riempire l’F 24 di un modulo atto a pagare l’Irpef. E’ più facile scrivere un racconto, un elzeviro, il primo tempo di una pièce teatrale. Solo che a me piace pagare le tasse, riempire un modulo.
Oggi sì che sono uno di sinistra, nel senso che do allo Stato il 50 per cento dei redditi, e non quando avevo vent’anni e strepitavo di cose della nostra società di cui non sapevo nulla per poi tornare a casa dove mia nonna mi aveva apprestato di che cibarmi.
Ebbene, mi metto a compilare il modulo. Ci passo venti minuti, forse di più. Sono arrivato all’ultima riga, quando il computer ha un sussulto e dallo schermo sparisce tutto. Tutto. Ricomincio. Arrivo fino all’ultima riga, manca solo la mia firma elettronica. Nuovo sussulto. Nuovamente zero cifre sullo schermo. Lascio perdere. Ci provo all’indomani. Ci riesco. Avrò impiegato in tutto un’ora e mezzo della mia vita, quel che oggi non so se lo dedicherei alla donna la più affascinante che conosca.
Ma finora vi ho ragguagliato solo alcune sciocchezze, Del tempo perso, qualche impedimento, qualche rinunzia ai cerimoniali dell’immaginazione e dell’attesa. Solo che nella dittatura di cui sto dicendo c’è molto di più, c’è come uno stravolgimento del mondo quale lo conoscevamo e lo praticavamo.
Confesso che in fatto di matrimoni, la mia idiosincrasia è totale, tanto per un eventuale mio matrimonio (mai fatto) quanto per i matrimoni altrui. Nella redazione dell’ “Europeo” di trenta e passa anni fa (quella in cui arrivava un giovane e bizzarro impiegato di banca di nome Roberto d’Agostino che cercava un suo nuovo destino), il giorno del matrimonio di Lady Diana l’intera nostra redazione si concentrò nella stanza dove funzionava il televisore che stava trasmettendo le immagini in diretta di quel matrimonio.
Tutti, tranne io. Che ero rimasto nella mia stanzetta a continuare il mio lavoro. Perché di quel matrimonio di possibili reali non me ne fregava nulla di nulla. Esattamente quel che ha scritto stamane Mattia Feltri sulla “Stampa”: che non c’è paragone possibile tra quel matrimonio inglese banale e prevedibile e il Grande Avvenimento di Noto, quello scintillante “sì” reciproco che si sono apprestati due sovrani del nostro tempo, loro sì due creature regali, l’influencer Chiara Ferragni e il cantante Fedez, due tipi in gambissima che radunano assieme non ricordo più quanti milioni di followers, e seppure sia quest’ultimo un termine che mi fa vomitare ogni volta che tento di pronunciarlo.
Due sovrani, lei in particolare. Ogni volta che apposta su Internet una fotografia che la ritrae abbigliata (o svestita) degli indumenti da lei creati, è come se fosse assisa su un trono, il trono costituito dall’immaginazione della buona metà delle ragazze italiane della sua generazione.
Un trono costituito da un paio di scarpe, o una gonnellina, o una blusetta che le si attaglia a meraviglia, e quel tantino di malizia nel suo sguardo, ma non la malizia delle nostre venerate Tori Black o Kate Moss, e bensì la malizia quanto più innocente della tua vicina di casa.
Ebbene i nostri due eroi se ne sono strasbattuti di fotografi e di foto vendute in esclusiva e di tv nazionali o commerciali che siano. Si sono sposati su uno smartphone o su un tablet, si sono sposati via Internet. Tre milioni di esseri viventi che li rimiravano commossi. E senza dire di tutto quel pandemonio di immagini di fans che arrivavano a Noto e si mettevano a loro volta in posa. Un diluvio di immagini, di post, di clic, un diluvio di brividi lunghi un istante, e mentre girava quel particolare tassametro che gira su Instagram quando a cliccare sono milioni e milioni. Due geni.
chiara ferragni chiara ferragni
Io non ho mai visto un post della Ferragni e purtroppo mai ascoltato un song di Fedez. Mi basta sapere che esistano, com’era dei francesi al tempo del Re Sole: a loro bastava che lui esistesse. Nel caso del Noto event, che i due esistano su uno smartphone o su un tablet. Che esistano sulle voluttuose terre di Instagram. Terre atte al sublime, immagini a portata di tutti e che ce le hai gratis. Immagini che ti entrano nell’anima. Altro che Adolf Hitler e le sue concitate orazioni in quel di Norimberga.
CHIARA FERRAGNI 8CHIARA FERRAGNIchiara ferragni
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