
DAGOREPORT - DELIRIO DI RUMORS E DI COLPI DI SCENA PER LA CONQUISTA DEL LEONE D’ORO DI GENERALI –…
Marco Giusti per Dagospia
“Vado, l’ammazzo e torno!”. Abbiamo perso anche Eli Wallach, già Tuco Ramirez, il Brutto di “Il buono, il brutto , il cattivo” di Sergio Leone, Calvera il bandito di “I magnifici sette” di John Sturges, l’unico attore ebreo newyorkese laureato all’Actor’s che poteva fare l’italo-americano di Broccolino o il messicano dei nostri spaghetti western.
eli wallach
eli wallach ne il buono il brutto e il cattivo
L’unico che potesse recitare assieme ai suoi amici Marlon Brando, Steve McQueen, Henry Fonda, passare da Elia Kazan in “Baby Doll” a Duccio Tessari in “Viva la muerte tua”, recitare con Clark Gable e Marilyn Monroe in “Gli postati” di John Huston o con Peter O’Toole in “Lord Jim” di Richard Brooks, ma anche insegnare a Bud Spencer, divertirsi con Sergio Corbucci o Tomas Milian nel nostro cinema di genere, che gli aveva dato, forse, anche più di Hollywood, con il successo planetario di “Il buono, il brutto, il cattivo” e le sue battute fulminanti (“Ehi, Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima putt aa-ah-AH!!!”, Sto cercando un mezzo sigaro, con dietro la faccia di un gran figlio di cagna, alto, biondo e che parla poco!”.
Nato 95 anni fa a Brooklyn, dove si è spento dopo una lunga vita piena di successi e una bella famiglia, la moglie attrice Anne Jackson sposata 66 anni fa , tre figli e parecchi nipoti, Eli Wallach, dopo l’Actor’s di Lee Strasberg, ha debuttato alla fine degli anni’40 fra teatro, tv e cinema imponendosi subito sia come un grande attore di carattere in ruoli forti e ironici sia come antagonista ideale delle più grandi star di Hollywood, da Steve McQueen a Clint Eastwood. Uno dei pochi capaci di stare al loro gioco, di costruirsi i propri spazi e di far crescere contemporaneamente un film.
Anche quando fa il cattivo, Wallach lasciava sempre trasparire uno sguardo di commedia, grazie ai testi dei film di Sturges e soprattutto di Leone (“Gli speroni si dividono in due categorie, quelli che passano dalla porta, e quelli che passano dalla finestra”), ma grazie anche alla sua grande tecnica di attore impostato da Kazan e Strasberg, alla sua faccia particolare, e alla sua capacità di spostarsi dalla commedia al noir con un ghigno, un’occhiata.
Proprio sulla scelta di fargli interpretare Tuco Ramirez, Leone disse: “Eli Wallach l’ho preso per un gesto che fa nella Conquista del West, quando scende dal treno e parla con Peppard. Vede il bambino, figlio di Peppard, si volta di scatto e gli spara con le dita facendogli una pernacchia. Da quello ho capito che era un attore comico di estrazione chapliniana, un ebreo napoletano: si poteva fare tutto con lui. Infatti ci siamo molto divertiti a stare insieme.”
Eli Wallach, in realtà, aveva fatto già il bandito messicano con John Sturges in I magnifici sette. Era Calvera. Cattivo, ma anche comico. Leone non poteva non saperlo. Era pure doppiato dallo stesso attore, Carletto Rpmano, che doppiava pure Jerry Lewis. Come non poteva non conoscere la sua filmografia noir, almeno il magnifico The Line Up di Don Siegel, dove era protagonista. O il suo saper fare perfettamente, prima di Robert De Niro e di Joe Pesci, l’italo-americano di Brooklyn.
Nel film di Leone, curiosamente, Eli Wallach, ebreo, si fa un sacco di volte il segno della croce come fanno gli italo-americani. La prima volta che lo chiamano per un provino con Leone risponde. “Un western italiano, non ne avevo mai sentito parlare, suona come una pizza hawaiana. Beh, allora incontro Sergio, che non parlava inglese. Disse in francese: Ti vorrei nel mio film. Pesava 290 libbre e disse: Ti farò vedere qualcosa. Vuoi vedere un piccolo pezzo del mio film?”.
Leone gli manda così due pagine di sceneggiatura. Wallach accetta e va a scegliere gli abiti al negozio Western Costume di Los Angeles insieme a Henry Hathaway. Li porta sul set e Sergio Leone rimane incantato. Più tardi, Leone dirà: “Tuco rappresenta, come più tardi Cheyenne, tutte le contraddizioni dell’America, e in parte anche le mie. Avrebbe voluto interpretarlo Volonté, ma non mi sembrava una scelta giusta. Sarebbe diventato un personaggio nevrotico, e io invece avevo bisogno di un attore dal naturale talento comico. Così scelsi Eli Wallach, di solito impiegato in parti drammatiche.
Wallach aveva in sé qualcosa di chapliniano, qualcosa che evidentemente molti non hanno mai capito. E per Tuco fu perfetto”. Il suo ruolo cresce durante la lavorazione, man mano che cresce il rapporto con Leone e con lo stesso Clint Eastwood, che lo vorrà, tanti anni dopo, nel 2003 per “Mystic River”, in un ruolo che è quasi un’omaggio a un vecchio amico. La scena che Eli Wallach preferiva del suo Tuco è quella dove viene impiccato per la terza volta.
“Stavo seduto su questo cavallo, le mie mani legate dietro la schiena, e pensavo: Che cosa sto facendo nel sud della Spagna seduto su un cavallo? Io potrei essere da qualche parte del mondo a interpretare Cecov”. A quel punto una piccola signora lo guarda, lui la riguarda, digrigna i denti e gli esce un Grrr... molto comico, molto umano. Certo su Eli Wallach Leone fa un gran lavoro, anche perché è l’unico personaggio davvero nuovo e l’unico vero attore del gruppo.
Si era pensato anche a un sequel, “Il buono, il brutto, il cattivo n.2”. Ambientato vent’anni dopo la fine del primo. Lo conferma anche Eli Wallach: “Tuco sta ancora cercando quel figlio di puttana. E scopre che il Biondo è stato ucciso. Ma il suo nipote è ancora vivo, e sa dove è nascosto il tesoro. Così Tuco decide di inseguirlo”.
Clint Eastwood si era dichiarato pronto a dare la voce narrante e persino a produrlo. La regia prevista era di Joe Dante e Leone era solo co-produttore. Ma non ha mai accettato di farlo, né di farlo fare a qualcun altro concedendo l’uso del titolo e dei personaggi.
Del resto, un film e dei personaggi così amati era difficile toccarli e farli toccare da altri. Leone avrebbe voluto Wallach anche per il ruolo del messicano che poi andò a Rod Steiger in “Giù la testa”, ma furono proprio i produttori americani a non volerlo preferendogli il più gigione Steiger a fianco di James Coburn, che Wallach conosceva dai tempi de “I magnifici sette”.
La cosa più terribile fu che Leone aveva già convinto Eli Wallach quando seppe che la produzione aveva scritturato Rod Steiger. Questo sogno infrante di ripetere il miracolo de Il buono, il brutto, il cattivo con un film tutto costruito su Wallach deve aver parecchio compromesso l’intera operazione.
Rimase amico di Leone, comunque, al punto che fu lui a convincere Henry Fonda a accettare il ruolo di protagonista in “C’era una volta il West” e di fidarsi di Leone. Fonda si sarebbe poi fatto crescere i baffi come John Booth, l’assassino di Lincoln e si era fatto cambiare con delle lenti il colore degli occhi. Il risultato di questa trasformazione non dovette piacere molto a Leone, come ricorda Donati.
“Gesù, era questo Henry Fonda?!? Sergio Leone fu preso subito da uno dei suoi tipici panici frenetici. "'azz... Ma questo è un vecchio rincojonito," mi sussurrò. "Ma io lo protesto... Ma io ne pijo 'n'antro..." Si decise, per prendere tempo, di mandare Fonda a provare i costumi. Ma, alla fine, lo prese.
Tra gli anni’60 e ’70 Eli Wallach si mosse facilmente tra l’Italia e l’America, passando da un set e l’altro sfruttando la sua nuova popolarità. Lo troviamo in “Come rubare un milioni di dollari e vivere felici” di William Wyler, in “L’oro di MacKenna” di J.Lee Thompson, in “Crazy Joe” di Carlo Lizzani con Peter Boyle, in “Il cacciatore di taglie” diu Buzz Kulick,l’ultimo film di Steve McQueen. Francis Coppola lo vorrà come cattivo pazzo per l’opera e per i cannoli siciliani nel genaiel “Il Padrino III”, unico in grado di poter ripetere le grandezze da Actor’s di Marlon Brando e Lee Strasberg nei film precedenti.
La sua morte col cannolo avvelenato è magistrale. Anche lì c’è tutto, commedia e noir, Leone e Kazan. D’altra parte, come ben spiegava il Brutto: “Chi frega Tuco e non lo uccide, vuol dire che di Tuco non ha capito niente”.
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