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La conferenza perfetta. Non era nervoso, José Mourinho, a Trigoria come in altre occasioni. Era serio, concentrato e non bluffava quando diceva che l'Udinese sarà un avversario davvero duro. Non bluffava, però, neppure quando diceva, anzi fotografava, alla perfezione, pregi e difetti della sua Roma. Che, dopo due anni e mezzo, non è ancora del tutto sua. Perché? Perché la Roma è una famiglia, i giocatori adorano l'allenatore e lui adora loro. Quasi tutti. Tanto che una volta ha detto:
"Non ho mai allenato un gruppo di così bravi ragazzi e brave persone". Il problema, forse, è proprio quello. Perché Mourinho oggi racconta di un giocatore determinante, Chris Smalling, che ha un infortunio serio e fastidioso, ma ha anche una soglia del dolore così bassa da impedirgli di uscire fuori "e vedere se c'è freddo o tira vento". Quando lo dice per un attimo, solo per un attimo, i suoi occhi si abbassano e sembrano velarsi se non di malinconia (ne ha viste troppe, nel calcio, per essere malinconico), quantomeno di rammarico. Perché Mourinho sa bene, benissimo, che c'è una Roma con Smalling e una Roma senza. E sa anche che lui e il suo staff hanno fatto un lavoro importantissimo per permettere all'inglese, la scorsa stagione, di avere quella continuità necessaria a convincere la società a rinnovargli il contratto.
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Quando, infatti, Tiago Pinto arrivò a Roma, d'accordo con la proprietà, fece sapere in via più o meno ufficiale che giocatori over 30 e con uno storico complicato come Smalling non sarebbero rientrati nei piani. Poi però Chris, soprattutto grazie alle buone prestazioni e all'eccellente lavoro di Mou e del suo staff, ha messo in fila una partita dietro l'altra e lo scorso giugno ha rinnovato fino al 2025. Qualche sera fa, mentre incontrava i clienti di Sky che hanno avuto la fortuna di vincere una cena con lui, Mourinho raccontava che i giocatori migliori che ha allenato non sono quelli più forti, ma quelli "che mi hanno dato di più. Anzi: che mi hanno dato tutto". Ecco, in questo momento Smalling non riesce a dargli tutto.
Mourinho e la "gang di banditi"
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Non solo lui, evidentemente. Perché un altro passaggio chiave della conferenza di Mourinho è riassunto perfettamente in una parola: "Banditi" che subito è diventata virale. Un'ora dopo la conferenza, su Google, la ricerca del termine registrava un'impennata del 60%. Tanto per dire. José ha raccontato di come, in passato, allenasse gruppi di giocatori che si esaltavano nelle difficoltà, nelle partite in trasferta e che quando non c'erano provocazioni le andavano a cercare fin dal pullman. Quelli della Roma, invece, preferiscono giocare in casa, quando sono fuori sentono persino la mancanza "della torta della nonna" e non hanno la personalità che lui vorrebbe. Per questo, ha aggiunto Mourinho: "Dobbiamo tutti dare di più. Assolutamente". Come? C'è un solo modo: pensare che probabilmente non ci sarà un'altra occasione. Perché, e Mourinho lo ha ribadito anche oggi, il tema rinnovo sembra non essere sul tavolo dei Friedkin. E allora appare difficile che i romanisti avranno l'anno prossimo di nuovo José in panchina. O, magari, uno simile a lui. Per storia, carattere. Amore. I tifosi lo hanno capito e infatti da un anno e mezzo riempiono lo stadio. Adesso tocca ai giocatori.
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