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    “DUE ANNI FA, DOPO VENT’ANNI DAL PRIMO, MI E’ VENUTO UN ALTRO TUMORE MA HO VINTO” - NANNI MORETTI, A UN INCONTRO CON IL PUBBLICO ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA, RIVELA LA LOTTA CONTRO LA MALATTIA MOSTRANDO UN CORTOMETRAGGIO INEDITO DI OTTO MINUTI (“AUTOBIOGRAFIA DELL’UOMO MASCHERATO”) IN CUI SI VEDE UNA SUA SEDUTA DI RADIOTERAPIA


     
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    Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

     

    Il colpo di scena è alla fine, mancano pochi minuti alle undici di sera e Nanni Moretti mostra un cortometraggio inedito di otto minuti, intitolato Autobiografia dell’uomo mascherato, in cui dopo aver passeggiato a Lungotevere fa vedere una sua seduta di radioterapia, confessando: «Dopo vent’anni ho avuto un nuovo tumore, in un’altra parte».

     

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    Una sorta di replica di una scena da Caro diario. Alla fine in sala mostra i pugni in segno di vittoria. La malattia risalirebbe a due anni fa. Strano incontro, strano inizio. Valeria Marini tutta in tiro, abito nero lungo e tacchi a spillo (ha appena visto un cortometraggio su un esperto di diete), incrocia il popolo di Nanni che sta entrando in un’altra sala dell’Auditorium. Si chiamano «Incontri ravvicinati», quelli che il direttore artistico della Festa del cinema Antonio Monda conduce con attori e registi. Mai come questa volta, considerando l’incrocio tra Valeria e Nanni, andrebbe completato il titolo spielberghiano di incontri ravvicinati del terzo tipo. Fatto sta, a Monda è riuscito il colpaccio di trascinare finalmente Moretti alla cine vetrina della sua città.

     

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    Nanni fa la regia dell’incontro e passa in rassegna la sua multiforme personalità al cinema. I momenti più riusciti non riguardano lui attore o regista, ma aspetti meno centrali, lui giurato ai festival e esercente al Nuovo Sacher.

     

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    Mostra filmini in cui riprende gli altri giurati a Cannes, in attesa di decidere chi vincerà: «Quelle sono le scarpe e i calzini di Tim Burton, che poi fa la parodia di 007. Al pianoforte c’è lo scrittore Paul Auster, l’uomo che adora se stesso. Quella è Gong Li che ci guarda schifata dalla finestra. Ero partito io contro tutti gli altri, sostenevo Kiarostami, dopo ore di discussione solo sulla Palma d’oro, finimmo alla pari: ci fu un ex aequo. Mi alzai per andare in bagno, gli altri giurati mi dissero: ecco vai, così votiamo per tutti gli altri premi». Sì, il dibattito sì. E poi quella volta con David Lynch, il maestro del brivido, entrambi in gara: «Mi disse, un giorno ti ammazzerò. Risposi che non sapevo cosa avevo vinto. Non fa niente, ti ammazzerò lo stesso, aggiunse. Se te lo dicono i Coen ti metti a ridere, detto da Lynch…».

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    Come esercente, c’è il filmino della conta degli spettatori, prende il righello, a una collaboratrice raccomanda di pagare una pubblicità più ampia sui giornali. Poi fa la vecchia scenetta di telefonare al Nuovo Sacher: «Quanti spettatori abbiamo per Nico 1988? Ventiquattro. Ah. Dici che non sono i nostri clienti abituali, sembrano musicisti, dici. Va bene». E ancora musica, ricorda le file di notte per vedere l’esaltante saga Heimat di Edgar Reitz, capitolo 2, protagonista un direttore d’orchestra. Più risaputo ciò che si vede negli extra dei suoi film, dove il personaggio Nanni si sovrappone alla persona e fa lezioni di «sadismo» agli attori, facendogli ripetere i ciak mille volte, anche alla strehleriana Giulia Lazzarini dal letto d’ospedale in Mia madre: «Questa scena l’hai fatta troppo cantata…».

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    Si racconta come spettatore: «Ho cominciato tardi, a 15 anni, dal cinema d’autore italiano, francese, inglese, polacco…»; come attore, giovanissimo, coi baffetti e i boccoli come portava ai tempi di Io sono un autarchico. Cita i registi che ama: i Taviani, Bertolucci, Pasolini, Olmi, Ferreri: «Rifiutavano il cinema e la società che avevano ricevuto».

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