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    AVETE VOLUTO LA BREXIT? ORA VI ATTACCATE AL CAZZO – NEL REGNO UNITO SI SONO ACCORTI CHE USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA È STATA UNA BELLA STRONZATA: L’INGHILTERRA È IL PAESE DEL G20 CON LE PROSPETTIVE DI CRESCITA ECONOMICA PEGGIORI – ORA IL PREMIER RISHI SUNAK DOVRÀ SCEGLIERE SE RIAVVICINARSI ALL’EUROPA O DISTANZIARSI ANCORA DI PIÙ, CON L’OBIETTIVO DI DEREGOLAMENTARE IL PIÙ POSSIBILE TRASFORMANDO LONDRA IN UNA SINGAPORE SUL TAMIGI...


     
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    Antonello Guerrera per "il Venerdì di Repubblica"

     

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    Che qualcosa sia cambiato Oltremanica lo si nota dalla Bbc, che ha iniziato apertamente a sospettare che sia proprio la Brexit il motivo della recente e pessima performance economica del Regno Unito. Ovvero il Paese del G20 (Russia esclusa) con la peggiore crescita per l'anno prossimo secondo le stime del Fondo monetario internazionale e una recessione che potrebbe durare due anni.

     

    Se infatti sinora la gloriosa emittente di Stato ha eluso l'argomento in nome della neutralità, ora, con la fine dell'emergenza Covid e l'impietoso confronto con le altre nazioni occidentali, il tema è ineludibile.

     

    boris johnson e l'accordo sulla brexit boris johnson e l'accordo sulla brexit

    Sono passati esattamente due anni dall'uscita definitiva del Regno Unito dall'Unione europea, il 31 dicembre 2020, dopo una fase di transizione iniziata il 30 gennaio dello stesso anno. E ora anche il governo di Rishi Sunak, pragmatico brexiter della prima ora, deve fare i conti con i risultati di quella operazione fortemente voluta anche da colui che lo ha preceduto a Downing Street, Boris Johnson, che siglò buona parte degli accordi con la Ue nel 2019.

     

    Sunak è di fronte a un bivio: riavvicinarsi all'Europa? Oppure, distanziarsi e deregolamentare il più possibile, con l'obiettivo di rendere la City una Singapore sul Tamigi e il resto del Regno Unito un Paese con standard sempre più bassi ma appetibili agli investitori stranieri?

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    Trovare la quadra sarà un'impresa. Per esempio, sulla deregulation della City, persino il governatore della Banca d'Inghilterra, Andrew Bailey, ha lanciato l'allarme: "C'è il rischio di un altro crash finanziario, come nel 2008".

     

    C'è poi chi, come il ministro delle Finanze, Jeremy Hunt, vuole il riavvicinamento all'Ue e più migranti europei per colmare l'1,4 milioni di posti di lavoro vacanti. E chi vuole un accordo stile Svizzera: fuori dall'Ue ma dentro il mercato unico, ingoiando l'amarissimo boccone del ritorno della libera circolazione delle merci Ue. Inaccettabile per l'ala dura del partito conservatore.

     

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    Che cosa farà Sunak? Potrebbe riavvicinarsi all'Ue vendendo pubblicamente fumo euroscettico ai brexiter, ma è un percorso pieno di insidie. Di certo, rimpiazzare l'addio del mercato unico non è possibile: per esempio, l'accordo di libero scambio tra Regno Unito e Australia produrrà soltanto un +0,08 per cento per il Pil entro il 2035.

     

    Quello con il Giappone lo 0,07 per cento. E l'organismo governativo Obr (Office for Budget Responsability) ha ammesso che la Brexit ha conseguenze negative sul commercio: i danni saranno pari ad almeno il 4 per cento di Pil in meno entro il 2026. Ossia 100 miliardi di scambi commerciali e altri 40 miliardi di tasse non pagate all'erario entro la fine del decennio. Buon 2023.

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