Maria Corbi per "www.lastampa.it"
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La moda riemerge dal lockdown trasformandosi, e se il primo ad avviare la «rivoluzione» era stato Giorgio Armani («è tempo di togliere il superfluo e ridefinire i tempi»). a sancirla è Alessandro Michele, il visionario direttore creativo di Gucci che sul suo account Instagram annuncia «l’addio» al sistema come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.
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Nel mio domani, abbandonerò il rito stanco della stagionalità e degli show per riappropriarmi di una nuova scansione del tempo, più aderente al mio bisogno espressivo», scrive lo stilista su Instagram. «Ci incontreremo solo due volte l’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia, si tratterà di capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi. Saranno scritto mescolando le regole e i generi. Si nutriranno di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme comunicative».
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A dire la verità il cambiamento era nell’aria da quando tutti i grandi marchi avevano deciso di affiancare alle sfilate canoniche le «cruise», presentate con grandi show in giro per il mondo. E il nuovo mondo fashion sarà così: meno eventi, più spettacolari e soprattutto più creativi. Perché è l’immaginazione che ha sempre oleato gli ingranaggi commerciali, e negli anni il sistema delle sfilate, troppo anticipate e troppo ravvicinate, aveva fatto perdere un po’ del sogno.
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Cambia anche il linguaggio legato alle sfilate: «Mi piacerebbe abbandonare l’armamentario di sigle che hanno colonizzato il nostro mondo: cruise, pre-fall, spring-summer, fall-winter», spiega Alessandro Michele su Instagram, «mi sembrano parole stantie e denutrite. Sigle di un discorso impersonale, di cui abbiamo smarrito il senso. Contenitori che si sono progressivamente staccati dalla vita che li aveva generati, perdendo aderenza con il reale».
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Una moda «new normal» come è stata definita quella che verrà dopo il coronavirus? Probabilmente no, perchè «il sogno» non ha nulla di normale, in qualsiasi modo lo si pensi di rivoluzionare. Ma certamente, nelle intenzioni di Alessandro Michele, c’è un ritorno alla creazione più pura, e non è un caso che nel suo post lo stilisti paragoni il suo lavoro a quello di un direttore di orchestra. Sfilate come concerti?
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A leggere quello che scrive sembrerebbe di si: «Sono convinto che il domani potrà essere costruito anche a partire da una rinnovata capacità di nominazione, ecco allora il desiderio di battezzare i nostro nuovi appuntamenti con un linguaggio dalle radici meravigliosamente antiche: il linguaggio della musica classica, Saranno, quindi, di volta in volta, sinfonie, rapsodie, madrigali, notturni, ouverture, concerti minuetti a costellare il mio percorso creativo.
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La musica, in fondo, ha il sacro potere di produrre riverberi e connessioni. Viaggia attraverso i confini, riannodando la fragilità all’infinito».
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