STELLA CERVASIO per repubblica.it
"Mi hanno telefonato da mezza Europa, ma io sono uno molto schivo. La battuta l'ho fatta, è vero, ed è piaciuta. Ma l'ho fatta per gli amici, non pensavo a tutta questa popolarità".
coronavirus casi in italia
Francesco Bile, 63 anni, tre figli, avvocato civilista, è un professionista poco abituato alla situazione nella quale è ora. Imperversa anche all'estero sul web la sua scenetta in vocale sul coronavirus, dove la sua voce è diventata quella di un certo “Gennaro a Forcella” che in uno dei vicoli più popolari di Napoli, vico Zuroli, famoso per i "pacchi" o truffe, fa sapere che affitta un cinese "con la tosse" per evitare le code all'ufficio postale, per trovare il posto sul bus affollato, per entrare al ristorante quando c'è la fila e non si è prenotati.
venditori abusivi di mascherine a roma termini 4
C'è pure il tariffario: "Alla posta il cinese con la tosse costa 15 euro – dice nella nota vocale - Se vuole stare libero in metropolitana o nel pullman costa 50 euro. Se trovi il ristorante affollato il cinese costa 70 euro. Gennaro a Forcella vico Zuroli, a vostra disposizione”.
Avvocato Bile, come le è venuto in mente?
"Siamo napoletani, certe cose ci escono spontanee. Veniamo inondati da queste notizie e anche dal modo di porle, per cui anche vedere questi video che traumatizzano ci fa male. Ero in macchina bloccato in via Marina. Vede noi abbiamo la fortuna che le cose a Napoli non funzionano".
Come sarebbe?
"Che quindi abbiamo il tempo di ragionare, di pensare. Io dico sempre: poveretti quelli che vivono dove tutto funziona bene e non riescono a incontrarsi, a confrontarsi...".
Torniamo ai cinesi...
francesco bile
"Sentivo queste notizie alla radio fermo nel traffico e ho pensato di registrare quel vocale sulla chat di un gruppo di amici. Si chiama "Il circolo", raggruppa tutti noi che ci siamo conosciuti e frequentati negli anni '70, amici di infanzia".
E poi che ha fatto?
"Ho mandato questa registrazione che per me era più una riflessione nata mentre mi trovavo nell'imbuto del traffico di via Marina. Ho pensato che sarebbe stato uno scherzo".
Poi qualcuno l'ha diffuso.
"I primi sono stati proprio i miei amici. Quando mi sono accorto che girava senza nome, ho pensato: "Bene. Sarò il Banksy dello sberleffo". Volevo sfruttare questo nostro modo di ironizzare per sdrammatizzare".
Perché lei pensa che sia un allarme gonfiato?
"Abbastanza. Ma penso che se anche tutto fosse vero dobbiamo mantenere la capacità critica. E saper ridere di noi, come i napoletani hanno sempre fatto vivendo tanti disagi. Abitiamo a due passi dal Vesuvio, non è uno scherzo".
Non ha pensato che poteva anche sembrare irriguardoso?
"Ho spiegato ai miei amici che anzi volevo mostrare la mia vicinanza a chi in questo momento sta soffrendo. So che c'è gente asiatica in difficoltà anche a Napoli: la prima cosa che farò in questa settimana sarà andare al ristorante cinese".
Quindi ai cinesi che cosa direbbe?
coronavirus casi in italia
"Che voglio prendere in giro la psicosi che si è creata. Non rido dei cinesi, per carità, ma degli italiani, che sono sempre prevenuti in queste circostanze. Il virus che mi preoccupa di più è quello della disumanizzazione. Quella ci sta rovinando tutti. Al coronavirus devono pensarci gli addetti lavori. Il resto dobbiamo combatterlo noi, e volevo far capire con le mie battute, che noi napoletani possediamo un'arma incredibile, siamo la capitale dello sberleffo".
Si riferisce alla famosa pernacchia di Eduardo?
"Sì, noi a quella pernacchia dovremmo fare un monumento, perché l'insulto è un atto vigliacco che commette il potente verso il più debole, messo in pratica oggi anche da chi si nasconde dietro l'anonimato su internet. Lo sberleffo lo usa invece il debole nei confronti del più forte. E' cosa diversa, è foriero di pace, è capace di disarmare".
E di chi ride della sua battuta che cosa pensa?
"Significa che la gente è meno stupida di quello che sembra. Ridere non significa essere poco seri".
coronavirus