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    PANEBIANCO E LA DOMANDA DELLE CENTO PISTOLE ALLA DUCETTA: "IN CASO DI VITTORIA DELLA DESTRA, I RAPPORTI DI FORZA ENTRO LA COALIZIONE SARANNO TALI DA PERMETTERE A MELONI DI IMPORRE AI PARTNER, SUL TERRENO CRUCIALE DELLA POLITICA ESTERA, CHE NON CI SIANO DEVIAZIONI DALL'ALLINEAMENTO ATLANTICO?"


     
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    ANGELO PANEBIANCO per il Corriere della Sera

    giorgia meloni alla versiliana 3 giorgia meloni alla versiliana 3

    Per ragionare sulle coalizioni che si fronteggiano dobbiamo ricordarci che esse sono il prodotto della legge elettorale esistente. Per la quale, al posto del latinorum - il Rosatellum - si potrebbe ricorrere a un (più elegante) anglicismo: the stack law, la legge dell'accatastare, dell'ammucchiare. La legge obbliga, da una parte e dall'altra, a mettere insieme tutto e il suo contrario: i nemici di Putin e gli amici di Putin, i sostenitori sinceri della politica di Mario Draghi e quelli per i quali Draghi è la longa manus del capitale finanziario internazionale.

     

    Inoltre, data l'impossibilità del voto disgiunto, la legge obbliga il povero elettore che mette una croce su un nemico di Putin a votare anche per i suoi amici, quello che vota per il candidato sostenitore della politica di Draghi a votare anche per chi la detesta. Per giunta, come tocco finale - e questo state pur certi che sta bene a tutte le segreterie di partito - consente di fare entrare in parlamento folle di yes men (o di yes women) non perché scelti dagli elettori ma perché è stato così deciso da chi manipola le liste attraverso il gioco delle candidature plurime. Come hanno suggerito Massimo Teodori ( Huffington Post ) e Roberto Gressi ( Corriere del 5 agosto), con una legge simile, è probabile che la prossima legislatura faccia la fine della precedente: governi che, nella loro composizione, prescindono totalmente dagli schieramenti che si sono presentati alle elezioni.

    giorgia meloni alla versiliana 2 giorgia meloni alla versiliana 2

    Per ora, comunque, bisogna ragionare su ciò che c'è.

     

    E ciò che c'è è rappresentato dalle due principali coalizioni che si fronteggiano. Con alcune incognite su ciò che resta fuori da quelle coalizioni: di quanti punti in percentuale sotto il dieci per cento scenderanno i 5 Stelle?

    Riuscirà Matteo Renzi a superare la soglia di sbarramento del 3 per cento? Cose importanti per capire quali equilibri politici si daranno nel prossimo Parlamento.

    Partiamo dalla coalizione favorita dai sondaggi. Al traino di una leader indubbiamente capace e carismatica come Giorgia Meloni.

    Dismessi i panni dell'oppositrice (per esempio, con i no di principio ai provvedimenti attuativi del Pnrr), Meloni sta già pensando e agendo ora come primo ministro in pectore: in quanto tale è giustamente preoccupata della governabilità. Ha preparato bene il passaggio: schierandosi con il governo Draghi e con la Nato sull'Ucraina ha rassicurato di colpo lo schieramento occidentale e si è procurata un bonus che ora potrà spendere. È singolare che mentre lei sosteneva lealmente il governo sull'Ucraina e contro Putin, i suoi attuali partner di coalizione, pur facendo parte della maggioranza Draghi, si comportassero come il signor Tentenna: non si potevano evidentemente permettere di essere altrettanto lineari della Meloni.

    GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX

    Messe da parte (o così si spera) certe incaute promesse demagogiche, Meloni ora deve lavorare su due fronti: tenere a freno gli esuberanti partner specializzati nel promettere la luna agli elettori e rassicurare Bruxelles. Ci riuscirà col programma comune che il centro-destra sta redigendo? Meloni dice che va rinegoziato il Pnrr. E se i partner europei non sono disposti a rinegoziarlo, che si fa? Si rinuncia agli ingentissimi fondi europei? Non si può credere che Meloni sia disposta a pagare - e a farci pagare - un prezzo simile. Si è letto che avrebbe in mente un giro nelle capitali europee e a Bruxelles. Sarebbe quanto mai opportuno che lo facesse. È necessario, per il nostro bene, che l'Europa sia rassicurata sui comportamenti del futuro governo italiano. Ha ragione Guido Crosetto: ci aspettano tempi molto duri. Finiti i fuochi e i furori della campagna elettorale, bisognerà che le forze politiche responsabili presenti in Parlamento, chiunque vinca (ammesso che qualcuno vinca), cerchino di collaborare per fronteggiare l'emergenza: un Paese a pezzi non conviene a nessuno. Ma questo riguarda il dopo elezioni. Resta aperto quello che, in questo momento storico, è il principale quesito: in caso di vittoria della destra, i rapporti di forza entro la coalizione saranno tali da permettere a Meloni di imporre ai partner, sul terreno cruciale della politica estera, che non ci siano deviazioni dall'allineamento atlantico?

    GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX

     

    Veniamo alla coalizione di centro-sinistra.

     

    L'impressione è che gli ormai celebri Fratoianni e Bonelli, anti-Draghi, anti-Nato, anti-gassificatori, anti-tutto, in quella coalizione recitino la parte della donna dello schermo: servono a nascondere altre e più importanti divisioni. Le correnti di sinistra del Pd (in sintonia con la Cgil) hanno subìto obtorto collo - ed è un grande merito di Enrico Letta - la politica di Draghi ma saranno pronte a scartare se ne avranno la possibilità.

     

    GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX GIORGIA MELONI INTERVISTATA DA FOX

    Ci sono gruppi entro il Pd (gli stessi che sono oggi le vedove inconsolabili dell'alleanza con i 5 Stelle) che diffidano del mercato e che, per esempio, sulla concorrenza non hanno posizioni troppo diverse da Matteo Salvini. Hanno lasciato che fossero Salvini e Meloni (più l'estrema sinistra) a passare per i nemici della concorrenza (taxi, concessioni balneari) ma, di sicuro, i mercati concorrenziali non sono una loro priorità. Se, poniamo, a causa di una seria sconfitta del Pd, queste correnti riuscissero a sbarazzarsi di Letta, che fine farebbe l'alleanza Pd-Calenda? Ricordiamoci anche che se una sconfitta spostasse a sinistra gli equilibri interni al Pd, la sua posizione sulla politica estera forse cambierebbe. Non è affatto sicuro che le suddette correnti, pur tacendo al momento per disciplina di partito, la pensino diversamente da Salvini sull'invio di armi all'Ucraina. Più in generale, è da vedere se il Pd abbia davvero al suo interno, come sostengono i suoi dirigenti, una compatta e convinta maggioranza di sostenitori della politica di Draghi e disposta a continuare sulla stessa strada. Forse la qualità della nostra democrazia migliorerebbe se, per lo meno, il prossimo Parlamento facesse una legge elettorale, maggioritaria (come chi scrive preferirebbe) o proporzionale, senza trucchi, trucchetti e camicie di forza. Con la trasparenza che manca del tutto alla legge elettorale ora in vigore. Per aiutare gli elettori a capire un po' di più per chi e per che cosa stiano votando.

    BERLUSCONI SALVINI MELONI BERLUSCONI SALVINI MELONI SILVIO BERLUSCONI - GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI SILVIO BERLUSCONI - GIORGIA MELONI - MATTEO SALVINI

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