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Elvira Serra per il “Corriere della Sera” - Estratti
Quale dei suoi tanti primati avrebbe voluto vedessero i suoi genitori?
«Quello di ministro. Mio padre ne sarebbe stato orgogliosissimo».
Era il 2011: prima donna Guardasigilli.
«Vengo da una famiglia di magistrati. Quando partecipai nella veste di ministro al convegno nazionale dei notai, nel Teatro San Carlo di Napoli, mi commossi pensando a loro, nella città in cui ero nata e vissuta fino all’adolescenza».
La professoressa Paola Severino, prima per genere in tanti ruoli (tra gli altri, come vicepresidente della Magistratura militare e rettrice alla Luiss), ha il privilegio (conquistato sul campo) di fare ciò che la appassiona: insegnare e dibattere in Tribunale. Sposata da quasi 50 anni con Paolo Di Benedetto, ex commissario Consob, una figlia, Eleonora, avvocato come lei, tre nipoti, conversa con occhi brillanti e guizzi di dolcezza.
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«Non ero preparata all’idea di diventare ministro. Quando ricevetti la telefonata del presidente Monti ero al Museo Egizio e rimasi imbalsamata come le mummie: sentii il peso della responsabilità».
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Il passo successivo?
«Mi sono rimboccata le maniche e ho cercato di circondarmi delle persone migliori per quel compito».
Tra di loro Augusta Iannini, la moglie di Bruno Vespa.
«La confermai come capo dell’ufficio legislativo. Bravissima. Le dissi come avrei voluto strutturare una normativa e lei pochissimo dopo mi portò un testo perfetto».
In terza elementare aveva scritto in un tema che voleva fare l’avvocato penalista per rimediare alle ingiustizie.
«Sì. Continuo a pensare che un innocente abbia il diritto di veder riconosciuta la propria innocenza, ma che anche un colpevole abbia diritto alla difesa e a una pena giusta».
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paolo di benedetto paola severino foto di bacco
Ha difeso Salvatore Buscemi, accusato di essere capo del mandamento di Boccadifalco.
«Era il 1994. Venne a trovarmi la moglie e mi fece una grande impressione, era profondamente confidente nella giustizia. Mi colpì anche lui: si era costituito volontariamente, con una incrollabile fiducia nella magistratura. L’ho seguito per qualche anno, convinta dell’innocenza».
Un avvocato deve sapere se il cliente è colpevole?
«No. Ma deve spiegargli che è nel suo interesse dire la verità per la migliore difesa».
Il caso che l’ha maggiormente coinvolta?
«Il processo contro Priebke. Mio padre aveva aiutato tanti ebrei a sfuggire alla furia nazista: con suo cugino, che lavorava al Comune, creavano e distribuivano agli ebrei carte di identità e tessere per il lavoro false».
È stato il più importante?
«Ascoltare chi aveva perso i familiari nelle Fosse Ardeatine ti faceva vivere quei momenti drammatici come se fossero accaduti ieri. La mia tesi difensiva si basava sulla imprescrittibilità dei reati contro l’umanità».
Poco dopo entrò nel gruppo che doveva creare un codice di procedura per la Corte penale internazionale.
«Fu un’esperienza straordinaria, con esperti di tutto il mondo. Quando il tabellone si illuminò con le luci verdi per l’approvazione della Convenzione internazionale, ero seduta accanto a Emma Bonino: ci emozionammo».
Dove ha trovato le energie per la famiglia?
«Avere un marito da quasi 50 anni e una figlia che fa cose importanti è un risultato insperato, ma anche voluto. Cercavo faticosamente di rientrare a casa per pranzo e ricordo il pianto di mia figlia, quando tornavo in studio. Ma ho pensato che una mamma serena fosse un esempio migliore di una insoddisfatta».
Gioca ancora a tennis?
paolo di benedetto paola severino simona agnes foto di bacco
«Potrei».
Aveva continuato, dopo l’amputazione del braccio.
«Sì, anche se non giocavo come Giuliano Amato, che lo fa da professionista! Ora mi piace andare in montagna, nuotare: sono momenti di ossigenazione del cervello».
Si sente Wonder Woman?
«No. A volte si è fragili di fronte alle cose che non si possono cambiare. Però si possono trasformare. All’università dovetti imparare a prendere gli appunti con la mano sinistra e fu una grande difficoltà: ho ancora qualche libro con i miei appunti presi all’epoca, in una scrittura incomprensibile. Però a furia di esercitarmi, sono ritornata alla mia calligrafia originaria».
Cosa le ha insegnato?
«Che nella vita ci sono eventi che sembrano definitivi e invece sono un passaggio che ti dà più forza. Chi ha rischiato di perdere la vita, soprattutto da giovane, poi la vive con più passione».
Il suo nome ricorre per il Quirinale. Le piacerebbe?
«Mi pare un periodo ipotetico del terzo tipo. Ma comunque vorrei vedere chi non avrebbe piacere!».
Era la ministra più ricca nel governo Monti.
«Trovo che guadagnare non sia un peccato, se frutto del lavoro onesto. Ma mentre in Paesi come gli Stati Uniti si premia chi guadagna di più, perché crea occasioni di lavoro, in Italia aver guadagnato più di altri è ritenuto da alcuni quasi una colpa».
Fin quando vuole lavorare?
«Non ho nessuna voglia di smettere!».
Chiudiamo con un vezzo
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«Avere i capelli a posto».
giuliano amato paola severino antonio mastrapasqua foto di baccopaola severino e michele dall ongaropaola severino foto di bacco (2)paola severino foto di baccopaola severino foto di baccopaola severino foto di bacco (1)paola severino foto di baccopaola severino marta cartabia foto di baccopaola severino foto di baccopaola severino 2
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