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    “SÌ, VOLEVO SPOSARE QUELLA DONNA A RIACE PER INTERESSE: IL SUO” – PARLA DANIELA MAGGIULLI, L’ATTIVISTA CHE NELLE INTERCETTAZIONI DELL’INCHIESTA SU MIMMO LUCANO SI OFFRE DI UNIRSI IN MATRIMONIO CON UNA 29ENNE NIGERIANA – DOPO UNA VITA MOVIMENTATA È ARRIVATA A RIACE, IL POSTO “CON PIÙ DISPERATI AL MONDO” E INIZIA A…


     
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    Francesco Oggiano per www.vanityfair.it

     

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    «Sì, lo volevo. Volevo sposare quella donna a Riace per interesse: il suo. Volevo darle l’opportunità di diventare italiana, di trovarsi un lavoro e fuggire dalla prostituzione. Era un atto d’amore».

     

    Daniela Maggiulli è la donna che nelle intercettazioni si offre di unirsi in matrimonio a Sara, 29enne nigeriana. Un matrimonio definito «di comodo» dalla magistratura che ha arrestato Mimmo Lucano con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Storia simile a una tragedia pirandelliana, questa, con quattro personaggi in cerca d’amore.

     

    C’è Sara, una prostituta nigeriana che cerca la tranquillità. Mimmo Lucano, un sindaco che cerca di dargliela. Giosi, un 70enne di Riace che cerca moglie. E Daniela, una 47enne pugliese che cerca di rinascere. E per farlo va nel posto «con più disperati al mondo»: un buco di paese nel cuore della Calabria, con più case che abitanti, poveri cristi senza lavoro e profughi venuti dall’altra parte del mondo. Un posto che però si trasforma in un laboratorio permanente. Perché quando due disperazioni s’incontrano ne viene fuori sempre qualche tipo di speranza.

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    DANIELA, ARRIVATA A RIACE PER RINASCERE

    Daniela arriva a Riace nel 2016, dopo una vita movimentata: «Sono stata ragazza madre, subito lasciata da mio marito. Da madre ho sofferto per i problemi mio figlio, che attualmente è in una casa di cura. Ho fatto mille mestieri. Mi sono avvicinata al buddismo, al movimento della paesologia di Franco Arminio, alle esperienze di accoglienza di Favara.

     

    Due anni fa ho lasciato il lavoro di insegnante e sono andata da Mimmo Lucano: “Insegnami a essere come te”. Ho comprato tre case a Riace, nella stessa via». Presto quella via diventa «la strada della felicità». Daniela ospita i richiedenti asilo, cucina per intere famiglie, prepara caffè per tutti nei tavolini messi sulla pubblica via, ospita artisti che vengono a esibirsi gratis.

     

    Prende con sé anche Kader, ragazzo ivoriano inserito nel suo nucleo familiare: «Non ho mai chiesto a nessuno il documento d’identità. Mi piace pensare che fossi la mamma dei profughi».

     

    SARA, CHE VOLEVA FUGGIRE DALLA PROSTITUZIONE

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    E così, un giorno dell’estate del 2017, la disperazione riscattata di Daniela si incontra con quella in cerca di riscatto di Sara. «La incontrai sul bordo della strada: era un volto nuovo. Capii che stava battendo. Le offrii un passaggio e me la portai al mare».

     

    Tutti ricordano la prima volta in cui hanno visto il mare, se lo hanno fatto da grandi: «Quel giorno, Sara mise per la prima volta i piedi in acqua e pianse». Perché la ragazza è venuta dalla Nigeria, in aereo: «Era stata portata dai suoi stessi sfruttatori. Le avevano promesso un lavoro. Poi, arrivata in Toscana, l’avevano picchiata e costretta a prostituirsi, per anni. Quando il suo “protettore” è stato arrestato, lei è fuggita ed è arrivata a Riace».

     

    Qui, senza un amico, la conoscenza di un mestiere o di una parola d’italiano, fa l’unica cosa che le hanno insegnato: vendere il suo corpo. «Aveva presentato tre volte la richiesta per i documenti, ma se l’era vista negare. Alla fine della giornata le promisi che l’avrei portata dal sindaco».

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    LUCANO, IL SINDACO CHE VOLEVA SISTEMARLA

    E così è. Nell’ufficio di Mimmo Lucano i tre, con l’aiuto telefonico di un avvocato, cercano soluzioni per Sarah. «Lucano, vista l’impossibilità di percorrere altre strade, le disse chiaro: “A Riace si sono sposate altre persone. Perché non ti trovi un uomo?”».

     

    Daniela ha l’intuizione: «Dissi: “Scusate, me la sposo io”. Sono divorziata, mi posso risposare tranquillamente. Che mi frega? Per toglierla dalla strada farei questo e altro». Nessuno, allora, aveva la percezione di poter avere problemi con la legge. La strada dell’unione omosessuale inizia a farsi strada.

     

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    Lucano sarebbe felice di celebrare il primo matrimonio gay di Riace. I tre richiamano l’avvocato in vivavoce. «Il legale diceva che ci dovevamo amare veramente. Lucano mi chiese ridendo: “Daniela, tu la ami?”. “Come no”.

     

    La prendevamo alla leggera, ma perché eravamo seri». Dopo qualche conciliabolo, e aiutata da un legale di Milano specializzato in diritti umani, Daniela però ci ripensa: «Mi disse che saremmo finite sotto i riflettori. Un matrimonio con un uomo sarebbe passato più sottotraccia».

     

    GIOSI, IL 70ENNE CHE CERCAVA MOGLIE

    Nessun problema, perché nel paese la voce comincia a girare e due giorni dopo, puntuale, «arriva un’ambasciata». «Un amico mi avvicinò: “Sta Giosi, che da tanti anni si vuole sposare…”». Già, Giosi.

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    È il quarto personaggio di questa tragedia pirandelliana. Giuseppe all’anagrafe, contadino onesto che nella vita ha toccato più quintali di terra che donne, e che non ha mai provato la gioia di uno sposalizio. L’unico cruccio di un uomo che percorre ogni giorno sette chilometri a piedi con la zappa sulla spalla. Sarà lui, il marito di Sara. «Io non lo conoscevo», racconta Daniela.

     

    «Qualche giorno prima delle nozze, lo portai al centro commerciale per comprare l’abito di nozze. Era la prima volta, in 70 anni, che usciva dal paese. Si portò da casa una camicia blu. Era felicissimo. Ma capii subito che non era nel pieno delle sue facoltà mentali. Era un uomo analfabeta, che aveva conosciuto solo il suo paese e la fatica di allevare muli». Già, Giosi è «stupido», per usare le parole dello stesso Lucano.

     

    IL TENTATIVO DI NOZZE

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    E ovviamente, oltre che maritare Sara, la vorrebbe pure a casa. Sono lo stesso Lucano e Daniela e farlo presente a Sara. «La ragazza era d’accordo, per qualche mese avrebbe fatto la moglie. Mi disse: “Secondo te è meglio andare con 20 uomini diversi al giorno o andare a dormire sempre con uno? Stai tranquilla, farò la moglie e renderò Giosi felice”». Ma quando Daniela e il sindaco realizzano che l’uomo non si ricorda neanche come si chiami la sua futura moglie, capiscono che forse è troppo. Il futuro sposo non è consapevole. No, meglio non fare più nulla. Lucano comunica il forfait ai due. «Quando ricevettero la notizia, Sara si arrabbiò. E Giuseppe iniziò a piangere».

     

    «LUCANO HA SEMPRE ODIATO I SOLDI»

    Lacrime e rabbia: il risultato di troppe disperazioni e troppe speranze, forse. E di una gestione un po’ disordinata da parte del sindaco. «Vede», precisa Daniela. «Lucano è un eroe, una persona pura.

     

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    Forse ha sbagliato solo nella scelta di alcune persone di cui circondarsi. Ma non ha mai rubato niente a nessuno. Quando gli proposi di far funzionare commercialmente i laboratori del paese, mi rispose in malo modo: “I laboratori servono a curare le anime, non a guadagnare”. Ha sempre odiato i soldi».

     

    QUEL CHE RIMANE

    Quel che rimane della tragedia pirandelliana sono sempre quattro personaggi in cerca di qualcosa. Come tutti. Mimmo Lucano è stato arrestato, e dalla sua casa di Riace in cui è rinchiuso continua a professare la sua innocenza.

     

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    La giovane Sara se n’è fuggita in Nord Italia; da lì dopo essere stata picchiata a sangue da un finto cliente, è andata in Francia, a calpestare un altro marciapiede in attesa di trovare la tranquillità. Daniela è tornata nella sua Corato, ha ripreso a insegnare inglese a scuola, e non si pente di nulla.

     

    Giosi è tuttora alla ricerca dell’ultima gioia della sua vita. Dopo il fallito matrimonio, e dopo aver pianto tutto quello che poteva, aveva preso per le mani Daniela e le aveva fatto un ultimo appello: «Me la trovi un’altra moglie?». Le disperazioni, quando si incontrano, creano sempre qualche nuovo tipo di speranza.

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