PER SALVARE IL “CORRIERE” DAL COMMISSARIAMENTO BISOGNA PRIMA PASSARE DALLA VALLE DI LACRIME

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Gian Maria De Francesco per "Il Giornale.it"

Diego Della Valle ha chiesto il commissariamento del Cor¬riere.
È quanto emerge dalla re¬lazione del collegio sindacale di Rcs,predisposta per l'assem-blea del 30 maggio prossimo che sarà chiamata a decidere sulla ricapitalizzazione da 400 milioni di euro.

In particolare, Mister Tod's ha sollevato «censure» in meri¬to al «mancato ricorso agli isti-tuti previsti dalla legge fallimen¬tare » e «all'effetto diluitivo del previsto aumento». Ma è soprattutto la prima contestazio¬ne a sintetizzare l'elevato livel¬lo di conflittualità tra l'imprenditore marchigiano e il patto che governa il Corriere. Della Valle ha infatti citato gli articoli 67 e 182-bis della legge fallimen¬tare.

Il primo dispone la revoca dei pagamenti e delle cessioni effettuate dalla società in de-fault nei 12 mesi precedenti alla dichiarazione di dissesto, salvo che il creditore non ne sia a conoscenza. Il secondo, invece, dispone la ristrutturazione del debito per la società ammessa al concordato. Il messaggio è chiarissimo: «I veri beneficiari dell'aumento di Rcs sono le banche creditrici».

A questi ri¬lievi il collegio sindacale ha co¬munque replicato che senza l'aumento non esiste il presup¬posto della continuità azienda¬le, presupposto sul quale per¬mangono «incertezze» a detta degli stessi sindaci.

E sull'aumento, sollecitato dai «pilastri» del patto quali Me¬diobanca, Fiat e Intesa, è tornato ieri il Ceo di Ca' de Sass, Enri¬co Tomaso Cucchiani. «Mi sem¬bra difficile votare contro l'au¬mento di capitale: dietro l'azienda si raccoglie la crema dell'imprenditoria e della fi¬nanza italiane e sarebbe di gra¬ve responsabilità per tutti se non le si concedesse la possibili¬tà di andare avanti», ha detto.

Parole che forniscono l'esat¬ta misura dell'impasse in cui ri¬schia di bloccarsi la ricapitalizzazione. Una delibera di au¬mento, essendo materia di as¬semblea straordinaria, deve es¬sere approvata con il 66% dei vo¬ti. Della Valle e Benetton che hanno già annunciato il voto contrario assieme al «pattista» dimissionario Merloni rappre¬sentano il 15,8%. Se il 16,5% di Giuseppe Rotelli, che anche a causa di problemi di salute non si è ancora espresso, dovesse schierarsi sul fronte del «no», una clamorosa bocciatura diventerebbe probabile.

Ecco perché non sarà indifferente la decisione di Generali (3,2%) che, pur non partecipando al¬l'aumento, dovrà esprimersi. «È possibile votare a favore an¬che se non si aderisce», ha chio¬sato Cucchiani il cui intervento sembra indirizzato proprio alla moral suasion .

Ancora da decidere, invece, l'orientamento del 9,4% che fa capo all'Italmobiliare dei Pesenti e alla famiglia Lucchini. Va ricordato, inoltre, che non esiste solo l'opzione del voto a favore o contrario. Chi non par¬tecipa all'assemblea rende più facilmente raggiungibile il quo¬rum del 66% al partito del «sì». L'unica certezza è che non esi¬ste un «piano B»: senza l'au¬mento ci sono solo i libri in tri¬bunale.

 

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