PIETRO ANASTASI
Avvenire intervista Gianluca Anastasi, figlio maggiore di Pietro, la cui morte rientra tra le oltre 350 morti misteriose del calcio e tra i 34 calciatori morti di Sla. Quando però emerse la notizia della malattia di Anastasi, scrive Avvenire, non si parlò di Sla, ma di un cancro al polmone. A distanza di tre anni dalla fine del campione, scomparso nel gennaio del 2020, suo figlio Gianluca per la prima volta parla di quella misteriosa malattia che ne ha causato la morte.
Quando e come è entrata la Sla in casa Anastasi?
«Dopo dei controlli di routine, papà aveva male a una gamba. Un giorno ha cominciato a inciampare e mia madre si accorse che teneva sempre il collo storto: «Pietro raddrizzati, perché stai così?» gli ripeteva. Papà non se ne accorgeva neppure. Così siamo andati a Torino allo studio del prof. Adriano Chiò, un luminare della Sla, come ci avevano detto, il quale ci informò che stava curando altri calciatori, meno famosi di Anastasi, ma comunque gente che aveva dei trascorsi a livello dilettantistico. Il referto medico di Chiò fu una sentenza impietosa. Con nostra madre Anna, io e mio fratello pensammo di non rivelarlo a nessuno, tanto meno a papà».
PIETRO ANASTASI
Il figlio di Anastasi continua:
«Papà era emotivamente molto fragile. Dai controlli emerse anche quel cancro al polmone e se fosse stato solo quello si poteva ancora sperare. Andavo a trovarlo e condividevo con lui quella speranza, mentre tenevo per me il segreto della Sla. Piangevo di nascosto ogni volta che lo salutavo e me ne tornavo a casa mia, perché sapevo che contro quel morbo non c’era nessuna speranza di guarigione…».
Ma suo padre non immaginava nulla? Anastasi:
«Aveva qualche sospetto, poi quando negli ultimi due mesi di vita ha avuto la certezza che si trattava della Sla si è lasciato andare. Ha smesso di lottare, ha chiesto di non essere più assistito. Con la morte nel cuore siamo andati al comune di Varese, dove risiediamo, per confermare la sua volontà espressa in tempi non sospetti: la rinuncia all’accanimento terapeutico.
Una scelta dolorosissima, perché Pietro Anastasi amava profondamente la vita. Era un credente e praticante che alla domenica non mancava di andare alla Santa Messa, fino a che ha potuto. I malati di Sla in genere lottano stoicamente fino alla fine, come conferma anche la vicenda di Stefano Borgonovo.
PIETRO ANASTASI
Ma fu proprio l’annuncio della malattia da parte di Borgonovo a fargli fare quella scelta: «Se un domani dovessi ammalarmi di Sla non voglio curarmi più», aveva detto a nostra madre. Vedere quelle immagini di Stefano alla tv lo avevano scioccato e anche molto impaurito, perché era consapevole che Borgonovo non fosse il solo calciatore malato e che poi sarebbe morto di Sla. E il numero preoccupante di casi nel calcio lo impressionava».
Con la morte di Mihajlovic e Vialli, sono emerse le preoccupazioni di diversi ex calciatori che temono di ammalarsi per i farmaci presi in carriera. Anastasi aveva confessato queste stesse ansie?
«A noi aveva raccontato di aver preso farmaci per guarire da infortuni: antinfiammatori, sicuramente aveva preso il Micoren anche lui. Per quanto concerne la Sla si era fatto l’idea che potesse dipendere dai traumi, «chissà – diceva –, magari dipende dai troppi colpi di testa». Pur non essendo altissimo con i colpi di testa se la cavava, diversi gol li aveva fatti con l’inzuccata a “volo d’angelo”… Negli anni in cui giocava lui poi i palloni erano dieci volte più pesanti rispetto a quelli di oggi. Io e la mia famiglia sinceramente dopo la sua morte le abbiamo pensate tutte…».
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