Pa.Ru. per “la Stampa”
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Due indizi non fanno ancora una prova che la coda della quarta stia diventando una quinta ondata, ma ieri per il secondo giorno consecutivo i contagi sono risultati essere in salita rispetto a una settimana prima. Dopo aver sfiorato l'asticella dei 100 mila contagi due giorni fa, ieri la curva epidemica si è fermata a 75.020, che sono pur sempre 10 mila in più rispetto a otto giorni fa.
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Quando anche il tasso di positività era inferiore di due punti percentuali, mentre ora è al 16,8%. Per intenderci, ai primi di gennaio, quando di contagi se ne contavano anche 200 mila al giorno, si era intorno al 14% e con il triplo dei tamponi attuali. Segno che molti contagi restano nella parte sommersa dell'iceberg. Poco male, si dirà, se poi non si trasformano in ricoveri, che restano invece su livelli sostenibili. Se non fosse che in due giorni di morti se ne sono contati 371. Un pegno non proprio trascurabile da pagare alla pandemia.
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È con questo quadro ancora preoccupante che il governo si accinge a convocare a breve la cabina di regia per decidere il da farsi sulle mascherine al chiuso e quel che resta delle altre restrizioni. Dato quasi per assodato che il Green Pass, rafforzato e non, andrà in pensione ovunque dal primo maggio, il ministro della Salute, Roberto Speranza, vuole mantenere indossate il più possibile le mascherine. Sicuramente nei mezzi di trasporto, ma anche nei luoghi di lavoro, scuola compresa.
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Mentre in bar e ristoranti l'idea è di toglierle ai clienti e lasciarle, per la loro sicurezza, agli inservienti. E alla Salute non piace nemmeno l'idea di fare a meno delle Ffp2 allo stadio, luogo che già in passato ha fatto da volano ai contagi. Che secondo il report della Fondazione Gimbe dal 13 al 19 aprile sono scesi appena dell'1,7%, senza tener conto però dell'impennata degli ultimi due giorni. Mentre di tamponi se ne sono fatti il 21,4% in meno. «La circolazione del virus è ancora molto elevata - dice il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta -: abolire l'obbligo di mascherine al chiuso sarebbe dunque una decisione avventata».
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La campagna vaccinale a sua volta va sempre più arenandosi. La quarta dose agli immunodepressi non decolla, con appena il 10% dei 791 mila aventi diritto che in due mesi si sono decisi a fare il passo.
Mentre il secondo booster non scalda gli animi nemmeno degli ultraottentenni ospiti delle Rsa e over 60 con patologie serie. Dopo una settimana solo lo 0,7% ha deciso di sottoporsi alla puntura. E al rallentatore marciano le terze dosi, con quasi sette milioni di italiani che ancora mancano all'appello. Il che significa una protezione dal contagio calata al 30% circa in una fetta di popolazione sufficiente a non farci uscire dalla pandemia.
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«Che non è conclusa», mette in guardia Speranza, ricordando che «ancora oggi ci sono 1,2 milioni di italiani con il Covid e troppe vittime». Un ragionamento con quale il titolare della Salute proverà a convincere i suoi colleghi di governo e il premier che non è ancora giunto il momento di abbassare del tutto la guardia.
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