DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Giacomo Amadori per “la Verità”
Continua il forsennato spoil system del Giglio magico nell’ambito delle forze dell’ordine e degli apparati di sicurezza. Una specie di magnifica ossessione del premier Matteo Renzi e del suo braccio destro Luca Lotti.
Oltre ad aver piazzato il generale Giorgio Toschi al vertice della Guardia di finanza, il corpo più coinvolto nelle inchieste che stanno lambendo collaboratori e parenti del premier a Firenze e in altre contrade, il premier ha scelto il capo della Polizia Franco Gabrielli e il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette (sebbene la professionalità di entrambi non sia in discussione). Non basta.
Renzi ha puntato anche ai servizi segreti. In particolare all’Aisi, l’apparato di sicurezza interno, quello con i dossier più interessanti per la politica. Inizialmente per la direzione il presidente del Consiglio aveva pensato a un uomo di sua completa fiducia, il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, ma vista l’impossibilità di metterlo a comandare un superiore in grado (il vicedirettore Mario Parente, poi divenuto direttore), il generale è rimasto a comandare la Legione carabinieri della Toscana (dove era arrivato nel 2014).
Però l’interesse per l’Aisi è rimasto intatto. Ecco così spuntare la candidatura a vicedirettore di Valerio Blengini, un capodivisione facente funzione di caporeparto: il suo ufficio coordina i centri periferici dell’Aisi di tutta Italia. Da anni non si vedeva un interno diventare vicedirettore, un incarico solitamente riservato dalla politica a generali, questori o prefetti esterni all’Aisi.
franco gabrielli prefetto di roma (2)
In questo caso il governo Renzi ha scelto di comportarsi diversamente e di dare la precedenza a uno 007 in carriera. Ma la cosa non è piaciuta a tutti. Infatti, come detto, il grado di Blengini è quello di capo divisione e per diventare definitivamente caporeparto bisogna guidarne uno per almeno tre anni. Però Blengini è responsabile dei centri solo dalla primavera del 2015 e così per essere nominato vicedirettore (e contemporaneamente prefetto) dovrà fare un doppio avanzamento di carriera.
Una forzatura che sta facendo brontolare, per esempio, i superiori di Blengini dentro all’Aisi, cioé gli altri cinque capireparto, seduti sulle loro poltrone da più tempo del vicedirettore in pectore. Le voci nei suoi confronti si sprecano. Nessuno nega le sue capacità: per esempio è opera sua una mappatura quasi completa delle moschee sul nostro territorio, con relativi infiltrati. Un lavoro che ha sicuramente messo in risalto le sue capacità organizzative, ma che non spiega il doppio scatto di carriera a cui sarebbe pronto.
Classe 1957, alto e slanciato, capelli brizzolati e occhiali, carattere ruvido, è considerato uomo vicinissimo al capo della Polizia Gabrielli. I due provengono entrambi dalla Toscana: Gabrielli è nato a Viareggio, città adottiva di Blengini (torinese d’origine). Un dato anagrafico perfettamente in linea con la toscanizzazione di tutti i posti chiave della macchina amministrativa italiana. Blengini è entrato all’Aisi intorno al 2002 dopo aver lavorato all’Ucigos ed è stato subito scelto dall’allora direttore Mario Mori come capo centro di Firenze, dove è rimasto quasi ininterrottamente sino all’anno scorso. Unica parentesi tra il 2006 e il 2008, quando si è trasferito a Roma per fare il capo di gabinetto di Gabrielli, nominato direttore dell’Aisi dal governo Prodi.
In ogni caso Blengini ha assistito da Firenze a quasi tutta l’irresistibile ascesa di Renzi, prima come presidente della Provincia, poi sindaco, segretario del Pd e infine premier. In molti sottolineano la sua capacità di intuire subito le potenzialità dell’enfant
prodige della politica italiana.
Nell’ultimo decennio i loro rapporti si sono consolidati soprattutto grazie ai buoni uffici di due conoscenze di Blengini, Antonella Manzione e Marco Carrai: la signora è stata nominata da Renzi capo dei vigili urbani di Firenze, lo ha seguito a Palazzo Chigi in veste di capo dell’ufficio legislativo e recentemente è stata spedita in quota Renzi al Consiglio di Stato; il secondo è l’imprenditore appassionato di spionaggio a cui da tempo il premier sta cercando di affidare la Cyber security italiana. Con il nuovo governo Blengini, come detto, è tornato a Roma per ricoprire il ruolo chiave di capo delle operazioni su tutto il territorio nazionale.
Ora qualcuno si domanda il perché di questa forzatura di carriera proprio alla vigilia del referendum, temendo che la campagna in vista del voto possa essere intossicata da veline e dossier. Si tratta di un timore legittimo? Lo scopriremo prima
del 4 dicembre, data fatidica del referendum.
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