DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giovanni Orsina per la Stampa
«Vuoi pure queste, Bettino vuoi pure queste»: la sera del 30 aprile 1993, esattamente un quarto di secolo fa, i manifestanti assembrati a Roma di fronte all' Hotel Raphaël cantavano così, sull' aria di Guantanamera, sventolando banconote. Nell' attimo in cui Craxi varcò il portone dell' albergo partì il lancio delle monetine. I manifestanti potevano essere al massimo due o trecento e il lancio durò una manciata di secondi, il tempo che il leader socialista montasse in automobile e si dileguasse. Il giorno dopo i quotidiani quasi non ne parlarono. Eppure quell' evento è diventato il simbolo di Tangentopoli e Mani Pulite, e del collasso rovinoso della Repubblica dei partiti.
Come la strega delle fiabe, Craxi il giorno prima aveva pronunciato un vaticinio assai infausto sulla culla della nuova Repubblica che nasceva in quei mesi. «Una rivoluzione: così sono stati definiti e così molti concepiscono gli avvenimenti di casa nostra», aveva detto alla Camera, intervenendo nel dibattito sulle autorizzazioni a procedere nei suoi confronti.
«Una rivoluzione; può darsi. Però allora è bene essere consapevoli che una rivoluzione è di per sé sempre una grande incognita ed una grande avventura. Ma soprattutto una rivoluzione senza un ceto organico di rivoluzionari è destinata solo a distruggere ed a preparare un fallimento certo. C' è stata violenza nell' uso del potere giudiziario, nell' uso dei sempre più potenti mezzi di comunicazione. C' è stato un eccesso di violenza nella polemica politica, nella critica, nel linguaggio e nei comportamenti. E la violenza non può far altro che generare violenza nei giudizi, nei sentimenti, nelle passioni, negli animi».
craxi le monetine all hotel raphael
Purtroppo per noi, la profezia di Craxi s' è dimostrata fin troppo indovinata. Con gioia feroce, nell' ultimo quarto di secolo abbiamo distrutto partiti, istituzioni, regole, reputazioni, rispetto. Gran parte dello straccio di tessuto civico che, con fatica immane, eravamo riusciti a ordire dal Risorgimento in poi. E abbiamo costruito poco o niente. O qualcuno pensa che i risultati elettorali del 4 marzo scorso e la paralisi che ne è derivata siano frutto del caso?
Quanto alla violenza, poi, ne è circolata e ne circola fin troppa, per lo meno morale e verbale - fisica, per fortuna, ancora poca. Basti guardare da ultimo all' odio che tanti nostri concittadini hanno saputo esprimere in occasione della malattia del presidente Napolitano. Dovevamo tenerci Craxi, allora - e la Democrazia cristiana, e i socialdemocratici, e il clientelismo, e le tangenti? Ma no.
Quel ceto politico e quel modo di gestire l' Italia avevano fatto il loro tempo, ed era giunto il momento di passare oltre. Quel ceto politico e quel modo di gestire l' Italia però, coi loro mastodontici difetti, erano pure il frutto non irragionevole delle circostanze storiche, avevano raggiunto risultati tutt' altro che disprezzabili, e soprattutto erano stati accettati, votati, legittimati dal Paese.
Si poteva e doveva cambiare - ma non in quel modo. Bastava avere un po' più di pazienza e lasciare che fenomeni quali l' evoluzione del mondo comunista, l' ascesa della Lega, il movimento referendario di Mario Segni trasformassero la politica con gli strumenti e i ritmi della politica, non delle procure; col sostegno delle urne, non delle piazze.
L' ondata di emozioni collettive montata con Mani Pulite ha spazzato via ogni remora. Pazientare non era più necessario, tanto meno opportuno: per una gran parte del Paese, sbarazzarsi del ceto di governo è diventato un obiettivo da raggiungere immediatamente e a ogni costo. Viene da pensare che al di sotto vi fosse l' illusione di potersi infine purificare, se non addirittura de-italianizzare, a spese altrui. L' illusione che col sacrificio di quel ceto di governo potessero dissolversi come per magia i nostri difetti nazionali, le nostre responsabilità passate, i debiti morali e materiali che avevamo accumulato nei decenni. E l' illusione poi che l' Italia non avesse più bisogno di politica, che la società civile potesse far da sola, al massimo con un po' d' aiuto da Bruxelles.
I nostri difetti nazionali e i nostri debiti non soltanto non sono scomparsi, però: al contrario, illudendoci di buttarli al mare col ceto di governo, ci siamo sprofondati dentro ancora di più. Il 30 aprile 1993 quelle monetine non le abbiamo tirate a Craxi, ce le siamo tirate addosso, e sono venticinque anni che paghiamo il prezzo di quel gesto autolesionista. Cerchiamo almeno di ricordarcene, al prossimo Raphaël.
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