RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
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IL MINISTRO URSO E IL SOPRANNOME
Lettera di Adolfo Urso pubblicata dal “Corriere della Sera”
Gentile Aldo Grasso, in merito al suo garbato commento pubblicato sul Corriere della Sera con il titolo «Se la clava prende il posto del fioretto», mi corre l’obbligo di precisare per l’amore che conservo nei confronti di mio nonno Adolfo, comunista ortodosso anche durante il regime, sempre speranzoso nella conversione del suo nipote prediletto ai valori dell’Unione Sovietica, che l’iniziativa giudiziaria che ho intrapreso non è riferita al nomignolo Urss attribuitomi reiteratamente dai giornalisti per quasi un anno, nel corso del quale non ho intrapreso infatti alcuna azione legale pensando anzi al sorriso compiaciuto di mio nonno, finalmente pienamente orgoglioso del proprio nipote paladino della «classe operaia».
GIORGIA MELONI ADOLFO URSO - MEME BY EMILIANO CARLI
La denuncia ha invece come oggetto la campagna diffamatoria le cui finalità sono apparse del tutto evidenti nell’articolo «Terapia d’Urso» pubblicato sul Foglio il 19 febbraio 2024. Una campagna tesa a impedire, come emerge in numerosi articoli, che il ministero ottenesse il consenso in sede di governo per commissariare Acciaierie d’Italia (l’ex Ilva), decisione poi convalidata in ogni sede legale.
Peraltro, la gravità degli atti emersi sullo stato in cui sono stati trovati gli impianti confermano la necessità e l’assoluta urgenza del commissariamento che gli autori degli articoli susseguiti nel corso della campagna denigratoria intendevano assolutamente impedire. Grato a lei che mi consente di precisare nei confronti di mio nonno, per i suoi insegnamenti, e degli operai degli stabilimenti dell’ex Ilva, alla cui perseveranza dobbiamo attribuire il salvataggio della siderurgia italiana.
Risposta di Aldo Grasso:
Nel ricordo di suo nonno, gentile signor ministro, eviti querele e, se ci riesce, salvi l’Ilva. Questo conta, per questo verrà ricordato.
CHIAMATEMI ADOLFO
Estratto dell’articolo di Luciano Capone per “il Foglio”
Negli ambienti di Fratelli d’Italia si narra che prima della formazione del governo, Giorgia Meloni avesse chiesto a Ignazio La Russa – il veterano della destra – un consiglio su due nomi che avrebbe voluto scegliere come ministro: Daniela Santanché, di cui il presidente del Senato era avvocato, e Adolfo Urso. Sulla prima, la sua amica, La Russa ha dato rassicurazioni (e si è visto come è andata a finire) mentre sul secondo ha risposto alla premier con una frase del compianto Pinuccio Tatarella: “E’ tanto bravo quanto inaffidabile”.
adolfo urso giorgia meloni question time alla camera
Dopo diversi mesi di exploit e protagonismo da nuovo ministro delle Imprese, Meloni è tornata da La Russa: “Ma non avevi detto che era pure bravo?”. L’insofferenza della premier verso le dichiarazioni e le iniziative di Urso è aumentata nel tempo, e chissà cosa ne pensa dopo la decisione del ministro delle Imprese di avviare un procedimento di mediazione contro il Foglio e il Riformista per un valore compreso tra 250 e 500 mila euro per essere stato chiamato “Adolfo Urss”.
Venerdì 7 giugno, il giorno prima delle elezioni europee, […] il ministro delle Imprese e del made in Italy (Mimit) fa depositare un’istanza di mediazione civile […] perché si è sentito leso nell’onore da articoli del Foglio (e uno del Riformista). Articoli non recenti, ma che risalgono a quattro mesi fa e a quasi un anno fa. I giornalisti, secondo Urso, “hanno tenuto un comportamento gravemente lesivo dell’onore e della reputazione” del ministro delle Imprese “attraverso la diffusione di articoli denigratori e non rispondenti alla realtà in merito ad alcuni delicati temi di politica industriale, quali: caro benzina, caro voli aerei, licenze taxi, ex Ilva e Uber”.
La colpa […] è di aver criticato la sua politica industriale dirigista. Ma ciò che più di tutto non è andato giù al ministro delle Imprese è stato “l’utilizzo di un nomignolo originale, ma dai connotati fortemente denigratori, quale Adolfo Urss”. Un appellativo ironico per descrivere il suo approccio statalista, ma che ora viene buono anche per descrivere la sua insofferenza alle critiche della stampa.
Certo, per un politico della destra post fascista non sarà piacevole essere accostato al comunismo, ma come ha detto Nicola Porro – allievo di Antonio Martino, che nella destra italiana cerca di iniettare un po’ di cultura liberal- liberista – “Come lo vuoi chiamare un ministro che pensa di imporre con un algoritmo di stato il prezzo dei biglietti aerei all’interno di un mercato libero? Quello che nazionalizza l’Ilva. Adolfo Thatcher?”. Impossibile. Anche perché avremmo rischiato una denuncia, quella sì con un fondamento solido, da parte degli eredi della Lady di Ferro.
[…] Il ministro Adolfo Urso, che ha interpretato la politica industriale e non solo, è andato avanti a colpi di nazionalizzazioni, intrusioni, conflitti con le imprese, concertazioni e un sistematico tentativo di controllo dei prezzi.
Sarà stata l’aria di Palazzo Piacentini, storica sede del ministero delle Corporazioni durante il Ventennio, ma in questo caso si è andati addirittura oltre l’interventismo caratteristico della destra corporativa.
A un certo punto è venuto quasi il sospetto che il Mimit si fosse trasformato nella sede del Gosplan, l’agenzia che nell’Unione sovietica si occupava della pianificazione economica. Non c’è un settore in cui il ministro non sia intervenuto. Ogni vera o presunta emergenza, ogni notizia estemporanea, diventa lo spunto per un’iniziativa del ministero.
[…] L’ossessione principale ha riguardato il controllo dei prezzi, all’ingrosso e al minuto. Nel senso che Urso […] si è convinto – e ha cercato di convincere il resto del mondo – di essere in grado di controllare l’inflazione al posto della Banca centrale.
[…] Tutto è cominciato con i benzinai. Per placare le polemiche sull’aumento del costo dei carburanti dopo l’aumento delle accise, Urso ha promosso un decreto contro la “speculazione”: obbligo di esposizione a ogni pompa di benzina di un cartello con il prezzo medio regionale dei carburanti, “accisa mobile” nel caso in cui i prezzi salgano troppo e inasprimento delle multe ai distributori che non adempiono a tutti gli obblighi di comunicazione dei prezzi. Tutte misure completamente inutili, che hanno tra l’altro indispettito una categoria vicina a FdI che si è sentita ingiustamente accusata per un aumento dei prezzi dovuto alle dinamiche delle quotazioni internazionali (tant’è che il costo del pieno in Italia è salito, e poi sceso, né più né meno che nel resto d’Europa). Tra l’altro, tutte le misure si sono rivelate completamente inutili. […]
L’analisi è impietosa: l’evoluzione dei margini industriali è stato coerente con la media dei periodi antecedenti o, addirittura, in alcuni casi più sostenuto. In sostanza: il cartello non è servito a niente.
Siccome oltre a essere stata inutile, la norma è stata anche scritta male e per questo annullata dalla giustizia amministrativa, la cosa più normale sarebbe archiviare questa triste pagina di tentato controllo dei prezzi. Ma il ministro Urso non demorde, anzi rilancia. Con un colpo da maestro, inimmaginabile per un comune mortale: una soluzione più inutile del cartello con il prezzo medio.
Nel nuovo ddl di riforma della distribuzione dei carburanti il Mimit propone “l’inserimento, quale alternativa alla esposizione della cartellonistica riportante il prezzo medio regionale, il meccanismo del Qr code”. In pratica l’automobilista, al posto del vecchio cartello inutile, se ne ritroverà davanti uno illeggibile: prima di fare benzina dovrebbe estrarre lo smartphone, scansionare il codice e leggere il prezzo medio regionale.
[…] Con le imprese del settore agroalimentare […] è successa la stessa cosa. Urso ha lanciato con grande fanfara il “carrello tricolore” nel cosiddetto “trimestre anti-inflazione”: un accordo tra Gdo e imprese in cui gli aderenti si sono impegnati a fare promozioni, senza vincoli particolari, su una selezione di prodotti alimentari e di cura della persona.
[…] Ma se si analizzano i dati, si vede come il “carrello tricolore” di Urso è servito esattamente come il “cartello alla pompa”: a niente. Anzi, da quando è finito il cosiddetto “trimestre antinflazione” voluto Urso, l’inflazione scende più di prima. Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, i prezzi dei “beni alimentari, per la cura della casa e della persona” – l’indice che rappresenta il cosiddetto “carrello della spesa” – rallentano a maggio dal 2,3 al 2,3 per cento: il dato più basso dal novembre 2021. Da quando (dicembre 2023) non c’è più il “carrello tricolore” del ministro il tasso di inflazione di questi beni è sceso di 3,3 punti percentuali: dal 5,3 al 2 per cento. Il “trimestre anti inflazione” era talmente inutile che è durato, appunto, solo un trimestre.
[…] Ma siccome nessuno, né tra i colleghi di governo né tra gli amici o i consulenti, ha avuto il coraggio di svelargli che lui non è in grado di calmierare i prezzi, Urso continua invece a credere di avere questi poteri. E così, oltre ai prezzi in generale, si è occupato anche di tutti gli aumenti per ogni settore.
Urso ha fatto istituire addirittura una “Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi” – il comitato centrale del Pcus avrebbe certamente apprezzato l’idea – che viene convocata per monitorare l’andamento dei prezzi in tutti i settori: filiera agroalimentare, assicurazioni Rc auto, pannolini, ortofrutta e biglietti aerei.
Quest’ultimo tema è stato un cavallo di battaglia del ministro per tutta la scorsa estate. Dopo aver letto notizie sullo stagionale aumento dei costi dei biglietti aerei nella stagione estiva, Urso ha lanciato una guerra al “caro voli”: “Abbiamo potuto verificare che l’algoritmo crea una distorsione di mercato”, ha detto annunciando un decreto per bloccare i prezzi.
A inizio agosto, […] il ceo di Ryanair (il principale vettore del paese) Eddie Wilson, intervistato da Repubblica, definisce il decreto sui prezzi “ridicolo e illegale” oltre che “populista e di stampo sovietico”. Pochi giorni dopo che il Foglio lo aveva definito “Adolfo Urss”, per le sue iniziative stataliste, il ceo di Ryanair era giunto alle stesse conclusioni (evidentemente Urso troverà anche in questa coincidenza la prova di una “velina” o di un “complotto” orchestrato contro di lui, ma ne parleremo più avanti).
BIGLIETTO CONSEGNATO DA KURT VOLKER AD ADOLFO URSO
[…] Per non parlare dei problemi dell’Ilva, nazionalizzata ma senza un piano industriale né una prospettiva. Dirigismo, burocratismo, statalizzazioni. La critica alla politica industriale del ministro Urso è molto articolata, oltre che condivisa da tanti osservatori e operatori. Il soprannome “Adolfo Urss” era solo un modo ironico per sintetizzarne l’impostazione statalista. E l’appellativo, infatti, non sembrava aver leso l’onore e la dignità del ministro Urso che, in un evento pubblico, del 26 agosto 2023 – pochi giorni dopo l’articolo del Foglio di inizio agosto – ebbe a definirla “una cosa simpatica”.
Ma su questa vicenda c’è in realtà un non detto, che è meglio rendere esplicito. Il ministro Urso è convinto che dietro questo “nomignolo originale” ci sia un complotto per delegittimarlo. Nell’istanza di mediazione civile, Urso cita due articoli del 3 agosto 2023 – mio sul Foglio e di Annarita Digiorgio sul Riformista – “dal contenuto perfettamente sovrapponibile ed inventivi ove si ricorre all’utilizzo di un nomignolo originale, ma dai connotati fortemente denigratori, quale Adolfo Urss”.
E’ “perfettamente sovrapponibile” l’aspetto rilevante per l’ex presidente del Copasir, esperto di servizi segreti e trame estere. In passato esplicitò meglio il suo pensiero: il 26 agosto 2023, durante la kermesse di Affaritaliani, l’intervistatore gli alzò la palla sui critici che lo descrivevano come “un po’ sovietico” usando il nome “Adolfo Urss”: “E’ l’invenzione di due giornalisti (io e Digiorgio sul Riformista, ndr) – rispose Urso – che nello stesso giorno, su due giornali diversi, hanno avuto la stessa intuizione: parafrasare il mio nome da Urso a Urss.
Hanno scritto lo stesso articolo, identico, con la stessa trama, gli stessi richiami. Sembrava una velina. Le sembra possibile che due giornali diversi lo stesso giorno si inventino una cosa così fantasiosa e simpatica? Che pensi, chi sia stato?”. Chi c’è dietro? Di chi è la “manina” che vuole delegittimarlo?
La realtà, come spesso accade, è molto più banale. Il nome “Adolfo Urss” appare la prima volta sul mio account X (ex Twitter) il 1° agosto 2023 per commentare una sua dichiarazione in cui si impegnava a “contrastare le grandi multinazionali”, poi in un articolo sul Foglio del 2 agosto 2023, infine il 3 agosto in un altro articolo sul Foglio e in uno del Riformista che usa tale “nomignolo originale” (senza citare la fonte). Non c’è stato nessun coordinamento, nessuna Spectre, nessuna velina e nessun mandante esterno, né indiano né francese.
Le nostre critiche sono tutte fatte in casa (made in Italy) e hanno l’obiettivo di far rimettere la politica industriale del governo sui binari liberali tracciati nel discorso d’insediamento di Giorgia Meloni. Se il ministro rimuove i suoi tratti più marcatamente statalisti saremo i primi a riconoscerlo e a cambiare “nomignolo”. Certo, difficilmente arriveremo a usare Adolfo Thatcher come dice Nicola Porro. Al limite Adolfo ex Urss.
adolfo urso forum italo saudita sugli investimenti hotel gallia milano
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