CHIAMATE LA NEURO! - ALFANO RILANCIA LE PRIMARIE MA I LEALISTI NON CI STANNO: “BERLUSCONI È ANCORA IN CAMPO” – IPOTESI TREGUA CON 2 COORDINATORI (UNO PER PARTE) PER FARSA ITALIA

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Ugo Magri per "La Stampa"

Nel centrodestra senza pace, Alfano è salito in serata ad Arcore con la speranza di siglare una tregua durevole col Cavaliere. Voci dal campo delle «colombe» ministeriali davano ieri l'intesa per possibile, forse addirittura probabile. A condizione, si capisce, che Berlusconi rinunci ai propositi di crisi del governo Letta pure in caso di decadenza da senatore, e accetti una gestione condominiale di Forza Italia, con la nomina di due coordinatori, uno per parte. Grande allarme di quanti lavorano per la scissione (e non sono pochi tra i «falchi», idem tra le «colombe»).

Però la sorte ha voluto che proprio ieri Vespa rilasciasse le solite anticipazioni del suo libro, in uscita a giorni, che raccolgono tra le altre certe riflessioni di Alfano destinate a rinfocolare la polemica interna nel momento forse meno adatto. Vertono sull'importanza delle primarie in un grande partito di stampo popolare europeo: tema sicuramente non nuovo.

Ma il solo evocare una nuova leadership futura, eletta attraverso primarie «il più aperte possibile», è stato vissuto dai «super-falchi» berlusconiani alla stregua di una dissacrazione provocatoria. «Stupore misto ad amarezza» ha manifestato subito Bondi, con il capo dei «lealisti» Fitto altrettanto netto nel no alle primarie, però in chiave più politica e meno legata allo sdegno etico: il dopo-Berlusconi non è all'ordine del giorno, secondo Fitto, in quanto Silvio è tuttora in campo, «sarà lui a decidere» e non certo Angelino.

Reazioni perfino più aspre ha suscitato un altro passaggio del volume di Vespa, là dove Alfano teorizza l'importanza di stabilire patti con i centristi di Monti e di Casini («preziose alleanze», si spinge a definirle, suscitando il plauso compiaciuto del segretario Udc Cesa). Argomenta Alfano: «Il nostro è stato sempre un grande movimento a guida e a prevalenza moderata. Non è un bene che finisca in mano a estremisti. Berlusconi non lo è», precisa il vice-premier a scanso di equivoci, «ma c'è il rischio che nella gestione pratica e quotidiana si prenda quella deriva».

L'etichetta di «estremisti» è stata respinta con foga da tre ex-ministre schieratissime col Cavaliere (Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo). «Sorprendente», protestano, questo metodo di indicare come un'«indistinta genia» chi non la pensa allo stesso modo del vice-premier... Da una parte e dall'altra è ormai diventata la norma rinfacciarsi le peggiori intenzioni, tra cui quella di voler tappare la bocca agli avversari interni. Tanti anni di «pensiero unico» non hanno forse aiutato a maturare un'abitudine alla dialettica pacata.

Ma chiaramente c'è pure dell'altro: la divergenza di linee politiche non sembra facile da ricomporre se si pensa che perfino nel campo dei falchi-lealisti è tutto un rincorrersi e parlarsi addosso, per esempio a proposito della legge di stabilità su cui potrebbe inciampare il governo: Capezzone annuncia una «profondissima azione emendativa», in pratica una totale riscrittura, nel nome «degli obiettivi tassativamente indicati dai nostri elettori: meno spesa pubblica, meno tasse, obbligo di salvare la casa da un'inaccettabile stangata». Brunetta, il capogruppo alla Camera, sfodera dal canto suo toni meno apocalittici.

E proprio a Montecitorio s'è tenuta una riunione di deputati Pdl, con le rare «colombe» sulla difensiva. Diverso lo scenario che si prospetta a Palazzo Madama. Lì, fa sapere Naccarato, «gli alfaniani oscillano fra i 30 e i 40 senatori» pronti a sostenere Letta nel caso in cui Berlusconi volesse aprire la crisi. Cosicché, è l'avviso ai naviganti di Naccarato, «abbiamo una maggioranza ampia e robusta».

 

 

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