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Giovanna Vitale per "la Repubblica - Edizione Roma"
Vendere il subito il 21% di Acea, la multiutility dell´acqua e dell´elettricità di cui il Campidoglio detiene attualmente la maggioranza assoluta delle quote, così da scendere al 30% del capitale, ma con una procedura che consenta al socio pubblico di mantenere comunque il controllo dell´azienda. In pratica nessun azionista privato potrà superare la soglia in possesso di Roma Capitale.
Una mossa imposta dalle varie normative di liberalizzazione approvate negli ultimi tre anni, che però la giunta Alemanno ha deciso di accelerare: i tempi previsti dalla legge obbligano infatti gli enti locali a scendere al 40% entro giugno 2013, per poi arrivare al 30% entro il giugno del 2015. Pena la decadenza automatica dei contratti con la pubblica amministrazione, che per Acea significherebbe perdere, per esempio, il contratto di ben 54 milioni per l´illuminazione pubblica della città eterna.
Duplice l´esigenza di anticipare la privatizzazione: fare cassa per tenere in equilibrio i conti comunali ed evitare che le elezioni in programma nella primavera dell´anno prossimo facciano saltare il primo step della liberalizzazione, facendo perdere all´azienda contratti preziosi. Alle quali si aggiunge la volontà di Alemanno di giocare in proprio una partita tanto rilevante.
La riforma, che dopo il referendum sull´acqua certamente incontrerà l´opposizione dei movimenti e dei partiti di minoranza, è contenuta in una delle delibere propedeutiche al Bilancio di previsione 2012. Dove si prevede anche la riorganizzazione complessiva delle aziende di Roma Capitale, pronte a confluire in una super-holding sulla scia di quanto già fatto a Torino. Lo schema è lo stesso di quello varato dalla giunta Fassino. Ossia la creazione di un unico contenitore che gestirà tutte le partecipate del Campidoglio.
Una mega società da oltre 30mila dipendenti, che comprenderebbe colossi dell´indebitamento come Ama e Atac, oltre a gioielli di famiglia come Zetema e Risorse per Roma. L´intenzione del sindaco Alemanno è di riunirle tutte sotto una capogruppo, con un super amministratore unico dal potere enorme, con il vantaggio di sostanziosi risparmi di natura fiscale. Premessa necessaria per arrivare alla cessione del 40% delle aziende dei rifiuti e dei trasporti, prescritta per legge, entro la fine del 2012.
Secondo il piano, Ama e Atac conferiranno infatti il 60% delle proprie quote come aumento di capitale nella nuova holding, la quale contestualmente comprerà il resto delle quote con l´impegno a piazzarle sul mercato. Un passaggio, quest´ultimo, che consentirà di strappare un prezzo migliore rispetto a quello che si sarebbe potuto ottenere offrendo ai privati le azioni di due aziende ormai decotte.
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