
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Da “corriere.it”
Nuovo colpo al cuore della mafia. I carabinieri ritengono di avere azzerato il mandamento di Corleone, un tempo regno dei padrini di Cosa nostra Totò Riina e Bernardo Provenzano. I militari del gruppo di Monreale, supportati dalle unità cinofile per la ricerca di armi e da un elicottero, sono entrati in azione in una vasta area compresa tra Corleone, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno documentato gli assetti di Cosa nostra all’interno del mandamento. L’operazione, spiegano gli investigatori dell’Arma, ha peraltro impedito che si realizzasse il progetto di un omicidio.
«Alfano? Dovrebbe fare la fine di Kennedy»
«Dovrebbe fare la fine di Kennedy», il presidente Usa ucciso nel ‘63: così alcuni mafiosi arrestati dai carabinieri pensavano di colpire il ministro dell’Interno Alfano, responsabile dell’inasprimento del 41bis. La circostanza emerge da un’intercettazione effettuata nell’inchiesta dell’Arma sul mandamento mafioso di Corleone. L’indagine ha svelato anche il progetto di un omicidio imminente: alcune persone si sarebbero rivolte a Cosa nostra per risolvere problemi legati alla riscossione di una grossa eredità.
Il blitz
Sono sei gli arresti eseguiti dai militari dell’Arma, boss e personaggi di primo piano che hanno retto le sorti e gli affari della cosca che il blitz, secondo gli investigatori, ha fortemente ridimensionato. L’inchiesta, viene spiegato, ha fatto luce sui nuovi assetti dello storico mandamento, sui piani di riorganizzazione, sulle alleanze, sui progetti illeciti per il finanziamento delle casse del clan, oltre che sulla pianificazione di un omicidio che è stato a questo punto sventato.
Tra gli arrestati dai carabinieri del Gruppo di Monreale, c’è anche Rosario Lo Bue, capomafia già finito in carcere nel 2008, ma poi assolto e liberato, fratello di uno dei fiancheggiatori dell’ultima fase della latitanza del boss Bernardo Provenzano. La Cassazione dichiarò nullo il decreto che aveva autorizzato le intercettazioni a suo carico.
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