1. ALFANO NEGA LA TRATTATIVA “STADIO-MAFIA”, MA IL GIUDICE SPORTIVO LO SBUGIARDA 2. TOSEL SPIEGA CHE “VERSO LE ORE 20.45, ALCUNI STEWARDS AVEVANO RIFERITO AI COLLABORATORI DELLA PROCURA FEDERALE CHE I SOSTENITORI DEL NAPOLI INTENDEVANO INVADERE IL CAMPO QUALORA IL CAPITANO DELLA LORO SQUADRA NON SI FOSSE RECATO SOTTO LA CURVA PER PARLARE CON I CAPI DEGLI ULTRÀ”. UN RICATTO BELLO E BUONO: FINCHÉ GENNY A’ CAROGNA NON DAVA L’OK, FIORENTINA-NAPOLI NON SI POTEVA GIOCARE 3. ANCHE SE I TIFOSI NAPOLETANI VOLEVANO SOLO ASSICURARSI DELLE CONDIZIONI DI CIRO ESPOSITO, O ORGANIZZARE NAVETTE PER L’OSPEDALE, RESTA IL FATTO CHE LA SOCIETÀ E LE FEDERAZIONI SPORTIVE SI SONO PIEGATE PER UN’ORA ALLE RICHIESTE DEGLI ULTRÀ 4. LA RUSSA: “DEVE PARLARE RENZI, CHE ERA ALLO STADIO, NON ALFANO. SI DEVE DIMETTERE”

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1. ALFANO NEGA LA TRATTATIVA "STADIO-MAFIA", MA IL GIUDICE SPORTIVO LO SBUGIARDA
Massimo Malpica per "il Giornale"

«Non c'è stata alcuna trattativa». Alfano, in Aula a Montecitorio, nega ancora che siano stati gli ultrà napoletani a dare il placet alla finale di Coppa Italia. Per negare l'evidenza dei fatti, il titolare del Viminale cita «le relazioni degli organi federali presenti in campo».

Ma è un autogol. Proprio quelle relazioni, sfociate poco dopo nelle decisioni del giudice sportivo (che ha chiuso le porte dello stadio San Paolo per due giornate) sbugiardano Alfano. E confermano che la trattativa - sulla quale anche la procura di Roma ha annunciato ieri l'apertura di un fascicolo - c'è stata, raccontandola nel dettaglio, minuto per minuto.

Alfano quel concitato prepartita l'ha raccontato così: «La sequenza dei fatti all'Olimpico con l'atteggiamento di De Tommaso, tracotante con la vergognosa scritta sulla maglietta, ha fatto nascere il dubbio che la partita si sia svolta dopo l'assenso di De Tommaso. In realtà non c'è stata alcuna trattativa: la partita si sarebbe svolta comunque, anche per scongiurare rischi da deflusso».

Il giudice sportivo, Giampaolo Tosel, basandosi sulle «relazioni degli organi federali presenti in campo», la racconta diversamente. Nelle premesse della sua decisione, Tosel ricorda che un quarto d'ora prima del previsto inizio della partita (in programma per le 21, ma iniziata alle 21.45) gli steward riferiscono agli 007 federali «che i sostenitori del Napoli "intendevano invadere il campo qualora il capitano della loro squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi degli ultras"».

A quel punto il vice procuratore federale, Giorgio Ricciardi, avvertiva della «minaccia» il dirigente della polizia responsabile dell'ordine pubblico all'Olimpico, Bruno Failla. Quest'ultimo parlava con i dirigenti del Napoli e poco dopo ecco Hamsik, scortato, arrivare al rendez-vous con Genny 'a carogna. «Alla conclusione del "colloquio" - scrive Tosel - con 45 minuti di ritardo, la gara poteva iniziare».

«Poteva», dunque. E a smentire ulteriormente Alfano che dice che la finale «si sarebbe svolta comunque», ancora il giudice ricorda che la «minaccia» degli ultras di invadere il campo per impedire che si giocasse era «grave e "credibile"», e che ne «vennero evitate le possibili conseguenze per la sicurezza pubblica attuando "il dialogo" richiesto dagli "ultras"».

L'imbarazzante ricostruzione costringe Stefano Palazzi, capo della Procura della Federcalcio, a intervenire in serata per limitare i danni: dalle motivazioni di Tosel «non emerge una trattativa», dice. Alfano, da parte sua, prova a lavarsene le mani. I poliziotti, spiega, hanno scortato Hamsik per «esclusive ragioni di tutela dell'incolumità del calciatore», e il calciatore del Napoli era lì solo per «rassicurare sulle condizioni di salute dei tre tifosi e di riferire che gli stessi fatti non erano riconducibili a scontri tra le opposte tifoserie».

Ma Tosel racconta che è stata la polizia, informata dagli steward e dagli 007 di Palazzi, a chiedere al club di De Laurentiis di ottemperare alle richieste dei tifosi. Tant'è che il giudice concede al Napoli le attenuanti «per la concreta cooperazione fornita dai dirigenti societari alle forze dell'ordine», mica il contrario.

Così lo show alla Camera di Alfano non va giù a molti. L'azzurro Maurizio Bianconi gli dà del mentitore: «Renzi le bugie le sa dire, Alfano no», spiega il deputato, meravigliato «che Genny 'a carogna non sia qui a dare spiegazioni con il ministro: sarebbe stato un bel confronto». Ignazio La Russa attacca il premier, che «non può cavarsela» dando degli «sciacalli a chi vuole risposte oggi, e non dopo la campagna elettorale».

«Avrei voluto qui Renzi, che era allo stadio, non Alfano», spiega il deputato di Fdi. Che sul ministro dell'Interno conclude: «È una foglia di fico: se ha un briciolo di dignità si dimetta».

2. TUTTE LE BUGIE DI ALFANO SUL NEGOZIATO
di Marco Lillo per Il Fattoquotidiano


Sono davvero tante le omissioni e le mezze bugie dette dal ministro Angelino Alfano ieri nell'intervento alla Camera. La lacuna più sfacciata è quella sulla trattativa tra Genny 'a carogna, e il capitano del Napoli, Marek Hamsik. Purtroppo per Alfano, ieri è stato pubblicato il verdetto del giudice sportivo Gianpiero Tosel. Basta contrapporre le frasi di Tosel a quelle di Alfano per comprendere quanto sia sostanzialmente falsa la versione del ministro.

Alfano non racconta che la squadra del Napoli sapeva che i tifosi volevano invadere il campo. Ma soprattutto lo sapeva la Polizia, nella persona del funzionario Bruno Failla. Alfano non dice una parola sull'invasione di campo minacciata perché è quello l'oggetto della trattativa che vuole nascondere.

Il ministro alla Camera dice solo che "il segno evidente di un clima divenuto pesante era l'ostentato atteggiamento della curva napoletana che si asteneva da ogni forma di incitamento". Solo per questo Hamsik va a parlare con Genny. Non è così secondo il giudice sportivo. Gianpiero Tosel spiega che "verso le ore 20.45, alcuni stewards avevano riferito ai collaboratori della Procura federale che i sostenitori del Napoli intendevano invadere il campo qualora il capitano della loro squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi degli ultrà". Un ricatto bello e buono.

E, secondo il giudice sportivo, lo Stato cede. "Il vice procuratore Edilberto Ricciardi (un avvocato salernitano che è stato anche sottosegretario nel 1995 e che svolge il compito di giudice sportivo, ndr) contattava il dott. Bruno Failla (responsabile Ordine Pubblico, dello stadio Olimpico) in quanto gli stewards erano allarmati dalle richieste dei tifosi napoletani".

Quindi la Polizia sapeva del ricatto ma accettò di inviare Hamsik sotto la curva. "Dopo i colloqui intercorsi tra il dott. Failla e i dirigenti del Napoli - prosegue Tosel - il capitano veniva scortato sotto la Curva Nord, ove rassicurava i tifosi, comunicando loro che l'incidente occorso ai tifosi feriti tre ore prima della gara non aveva alcun collegamento con ragioni di tifoserie e/o di Polizia".

È evidente il tentativo del ministro di far scomparire dalla scena il ricatto sull'invasione di campo e soprattutto la consapevolezza da parte della Polizia. Ecco come prosegue la versione omissiva di Alfano: "Le autorità di Polizia non hanno rilevato controindicazioni sul fatto che il capitano della squadra del Napoli su richiesta della società sportiva potesse avvicinarsi ai tifosi presenti nella curva al solo scopo di rassicurare sulle condizioni di salute dei tre tifosi feriti nell'incidente e di riferire che gli stessi fatti non erano riconducibili a scontri tra opposte tifoserie".

Per Alfano "non vi è stata alcuna trattativa. L'incontro di calcio si sarebbe svolto comunque". Eppure in campo non doveva scendere il ministro ma Hamsik e compagni, che avevano paura dell'invasione. A ragione come dimostra quello che accade dopo.

Secondo il giudice sportivo: "Al termine della gara, circa 200 sostenitori del Napoli, scavalcando le recinzioni, erano entrati nel recinto di giuoco, si erano appropriati di palloni, tute ed altri accessori presenti sulle panchine, si erano avvicinati alla Curva Sud, occupata dai tifosi della Fiorentina, rivolgendo loro gesti provocatori, ed erano rimasti sul terreno di gioco per circa dieci minuti, costringendo le due squadre a rientrare negli spogliatoi". E Alfano non lo racconta.

 

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