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Maurizio Belpietro per “Libero quotidiano”
Nuovo avviso dei giudici a Renzi: dopo l' intervista di Piercamillo Davigo, fresco presidente dell' Associazione nazionale magistrati che ha accusato governo e sinistra di non fare nulla contro la corruzione ma piuttosto di fare leggi che intralciano il lavoro dei magistrati, ecco arrivare un' inchiesta che inguaia il presidente del Pd campano.
L' indagine partita da Santa Maria Capua Vetere ha messo nel mirino l' ex parlamentare Stefano Graziano con l' accusa di concorso esterno in associazione di stampo camorristico. In pratica, il consigliere regionale, che è stato anche consulente di Renzi a Palazzo Chigi, avrebbe ottenuto l'appoggio elettorale dei clan. Ovviamente, la tesi della Procura è tutta da dimostrare: per ora siamo nel campo delle ipotesi accusatorie e si dovranno attendere gli sviluppi futuri per capire se oltre alle imputazioni vi siano anche le prove.
Ciò detto, all'esponente politico, uno dei più in vista del Pd tra Napoli e Caserta, sono stati perquisiti sia l'ufficio che le abitazioni e la notizia dell' indagine che lo coinvolge è rimbalzata con grande evidenza su tutti i siti d' informazione. Se poi a questo si aggiunge che non più tardi di un paio di settimane fa, proprio a ridosso del voto per il referendum sulle trivelle, il ministro dello Sviluppo economico si è dovuto dimettere per un' indagine che riguardava il fidanzato, si capisce che la questione giudiziaria a Palazzo Chigi è tornata di stringente attualità, tanto stringente che rischia di strangolare lo stesso governo. Dal caso Etruria a quello di Potenza, dalle accuse del nuovo numero uno dell' Anm a quelle che hanno raggiunto ieri il presidente del Pd: tutto come sempre ruota intorno alla giustizia.
Sarà forse per questo che il presidente del Consiglio si è dimostrato un po' più stizzito del solito? Appena avuta notizia dell' inchiesta con al centro le concessioni petrolifere, Renzi ha reagito in malo modo, attaccando i magistrati di Potenza e accusandoli di non chiudere mai un' inchiesta. Poi si è un po' corretto, ma non molto, facendo trapelare una prossima stretta sulle intercettazioni.
Sembrava una storia chiusa lì, con l'avanzare dell'ennesimo progetto per rendere le captazioni ambientali e telefoniche un po' più difficili e soprattutto impubblicabili. Invece, ecco spuntare a sorpresa l'ex pm di Mani pulite diventato capo del sindacato di categoria e sono volate parole grosse. Ne abbiamo già scritto, ma quello di Davigo sembrava più che la piattaforma di rivendicazioni delle toghe, una specie di programma politico, con tanto di bacchettate sulle mani del governo.
FEDERICA GUIDI MARIA ELENA BOSCHI MATTEO RENZI
Niente di nuovo, intendiamoci: alle invasioni di campo siamo abituati da una ventina d' anni o giù di lì, ma quelle dette da un signore che fa il presidente di Cassazione e ha sulle spalle qualche migliaio d'arresti sono sembrate parole un po' minacciose. Non vogliamo dire che Davigo volesse lanciare un avvertimento - non è il tipo - ma incanalare la discussione su certe questioni, quello sì.
Il premier, di ritorno dai suoi viaggi intorno al mondo, ha risposto all'intervista con una contro intervista, precisando che la politica non dev'essere subalterna ai magistrati e che tutti devono rispettare la nostra Costituzione. Sotto inteso, anche i magistrati. E pur tuttavia la riforma delle intercettazioni che pareva tanto urgente dopo la diffusione delle telefonate private tra la ministra Guidi e il fidanzato, all'improvviso pare essere stata rimessa nel cassetto da cui era stata tolta.
Il ministro Maria Elena Boschi e il presidente del Consiglio Matteo Renzi
RENZI TOCCA LA SCHIENA DELLA BOSCHI
In compenso, la legge che allunga i tempi di prescrizione - norma più volte sollecitata dai magistrati per evitare che i processi non arrivino mai a sentenza a causa delle lungaggini giudiziarie - è riapparsa tra quelle di prossima discussione, nonostante la contrarietà di una parte della stessa maggioranza. Insomma, tanto per essere chiari, la politica non sarà subalterna ai giudici, come ha sostenuto il presidente del Consiglio, però vi si adegua con una certa docilità. Soprattutto se attorno ad essa si moltiplicano le indagini che colpiscono uomini del Partito democratico o persone assai vicine al governo.
tangentopoli
tribunale di milano mani pulite
Qualcuno ha anche fatto circolare voci di intercettazioni che riguarderebbero lo stesso premier, ma allo stato attuale siamo alle chiacchiere. Certo, l' aria che tira non è delle migliori e nonostante Matteo Renzi in pubblico faccia spallucce, che dopo vent' anni passati a discutere di giustizia si torni sugli stessi argomenti, invece che affrontarne altri come ad esempio la crisi economica e il flop del piano per rilanciare l' occupazione, non è un bel segnale. È dal 1992, cioè da quasi un quarto di secolo, che discutiamo di arresti e di processi alla classe politica: vorremmo risparmiarci i prossimi venticinque anni.
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