ASPETTA E SPREAD - COSA AVRÀ PROMESSO RIGOR MONTIS ALLA MERKEL IN CAMBIO DELLA GENTILE CONCESSIONE SULLO SCUDO ANTI-SPREAD? IL PROF A BOCCONI TORNERÀ RINVIGORITO DA BRUXELLES E LEGITTIMATO A FARE ALTRI TAGLI SULL’ONDA DEL CONSENSO EUROPEO: ‘SPENDING REVIEW’ DA 7 MLD € QUEST’ANNO E FRA 10 E 12 MLD NEL 2013 PER EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA E REPERIRE RISORSE PER L’EMERGENZA TERREMOTO” - DAL COLLE A MONTI: RE BANALITANO ‘BLINDA’ IL GOVERNO TECNICO FINO AL 2013…

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Fabrizio d'Esposito per il "Fatto quotidiano"

Il ritorno da Bruxelles ha già l'agenda segnata. Domenica sera, a Roma, un vertice ristretto e presieduto da Mario Monti sulla spending rieview e i tagli conseguenti. Lunedì mattina, poi, incontri con Regioni, enti locali e sindacati. Il pomeriggio, infine, una riunione del consiglio dei ministri. Questo il metodo. Quanto alla sostanza bisognerà, ovviamente, aspettare l'esito del Consiglio europeo. Nel frattempo i corvi dello spread alimentano un giro vorticoso di indiscrezioni nei Palazzi di una capitale assediata dall'afa.

Compresa quella che vorrebbe Monti dimissionario, in caso di fallimento a Bruxelles, e pronto a varare un nuovo esecutivo con i partiti dentro. Anche per questo, allora, ieri il capo dello Stato ha aperto di nuovo l'ombrello protettivo sul Professore, impegnato nella prova più difficile da quando è a Palazzo Chigi. L'interventismo politico del Quirinale si è dispiegato fino al punto di indicare, anzi di ricordare ai leader della "strana maggioranza" il termine naturale della legislativa "nell'aprile del 2013" quando ci sarà "il rinnovo del Parlamento".

IL richiamo di Giorgio Napolitano, che si può interpretare anche come un evidente segno di di debolezza, è stato causato dal ritrovato connubio tra Lega e Pdl al Senato sulle riforme. Per Berlusconi, sempre più al centro della scena nel Pdl, il problema è che "con questa Costituzione non si governa" e "presto avremo l'elezione diretta del capo dello Stato". Per il Colle, invece, a questo punto "revisioni radicali e condivise" sono impossibili perché "troppe le tensioni tra i partiti".

Su un punto però, il capo dello Stato non molla: la legge elettorale. Un accordo è "necessario". Paradossalmente, proprio l'accantonamento del Porcellum potrebbe accelerare di nuovo l'ipotesi di un voto anticipato a ottobre. In ogni caso tutto dipende dai risultati che porterà a casa Monti. E l'exit strategy studiata da Palazzo Chigi per fronteggiare un lunedì nero a mani vuote (da Bruxelles) potrebbe essere letale. Al momento, fonti del governo, invitano a non "sottovalutare gli allarmi ma a non fare allarmismo".

A spaventare però i principali partiti della maggioranza sono i tagli che il Professore potrebbe imporre come misura anti-spread. La decisa raccomandazione ai ministri di rimanere a Roma per il fine settimana è finalizzata proprio a questo: valutare caso per caso nel vertice di domenica sera sulla spending rieview e se necessario interpellare i vari ministri.

Si parla di un decreto light (che oscilli fra i 5 e i 7 miliardi nel 2012 e fra i 10-12 miliardi nel 2013 e che serva a evitare l'aumento dell'Iva e a reperire risorse per l'emergenza terremoto) ma sullo sfondo ci sarebbe una cifra pesante: almeno trenta miliardi di tagli da programmare nei prossimi tre anni. Una manovra in piena regola, che potrebbe garantire una nuova convergenza di Pd e Pdl verso il voto anticipato.

La novità arriva infatti dai vertici del partito di Pier Luigi Bersani. In queste ore si è intensificato il pressing su Monti con questa motivazione: "Evitiamo tagli lineari alla Tremonti". Per questo, anche i moderati grancoalizionisti del Pd hanno consigliato al premier di non agire sulla fretta e di rinviare il consiglio dei ministri (di fatto già fissato) a fine mese. L'obiettivo è di discutere sulla "qualità" dei tagli e di non abbassare la scure solo allo scopo di bloccare un'impennata dello spread. Anche perché, se Monti dovesse tornare senza nulla dal Consiglio europeo, il clima volgerebbe al peggio e nessuno vuole intestarsi misure draconiane.

A quel punto, l'alternativa, dopo giorni e giorni trascorsi a gridare "al lupo al lupo", sarebbero davvero le urne. Il Professore è consapevole di questo repentino cambio di marcia dei democrat, nonostante le recentissime rassicurazioni dello stesso Bersani: "Sosterremo il governo anche in caso di fallimento a Bruxelles".

Quando il premier ha fatto a un autorevole esponente del Pd la gravità della situazione per un eventuale lunedì nero, giustificando così la pesantezza della spending rieview, questi gli ha risposto: "Caro professore se lei fallisce ci sono solo le urne". Difficile quindi, a rigor di logica, l'eventuale varo di un Monti bis con l'ingresso di ministri sotto il segno di ABC, oppure di ABBC (Alfa-no, Berlusconi, Bersani, Casini). Insomma l'agenda montiana è fissata solo nel metodo. Il resto è tutto da definire.

 

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