DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Marco Imarisio da “il Corriere della Sera”
È una vita che recitano da poliziotto buono e poliziotto cattivo, scambiandosi i ruoli. Fin dagli inizi degli anni Novanta, quando condividevano la stessa scrivania nell’anticamera dell’ufficio del sindaco e loro mentore Anatoly Sobchak a Palazzo Mariinskij, il municipio di San Pietroburgo.
A quel tempo, il più anziano, tredici anni in più rispetto all’amico e collega, sembrava anche il più dimesso. Mentre il venticinquenne avvocato d’affari convertito sulla via della politica era considerato il delfino emergente, senz’altro il più ambizioso. Spesso le apparenze ingannano, figurarsi in Russia.
Non c’è da stupirsi se per una volta le parabole di Vladimir Putin e di Dmitrij Medvedev appaiono divergenti. Alla fine, si ritroveranno insieme, nello stesso posto e nello stesso punto. Il loro gioco delle parti è sempre stato così scoperto che negli ambienti intorno al Cremlino o di coloro che sostengono di esserlo, nessuno ci fa più caso.
dmitri medvedev vladimir putin
Tanto più che proprio ieri il presidente ha nominato il suo vecchio amico alla vicepresidenza della Commissione militare, della quale lui è il capo, esattamente come aveva fatto facendolo diventare il numero due del Consiglio di sicurezza. Negli ultimi anni, Medvedev ha svolto di fatto la funzione del supplente.
Ma le loro recenti dichiarazioni natalizie appaiono davvero in contrasto. «Noi siamo pronti già da ora a eventuali negoziati di pace» ha detto Putin durante un’intervista andata in onda sul canale Rossiya-1, e non si tratta di una novità. Ma questa volta il presidente russo ha fatto un ulteriore passo, dicendo che il dialogo «è possibile con tutti i partecipanti a questo processo». Quindi non solo con gli Usa, ma anche con il governo di Kiev, che nei discorsi ufficiali dello Zar da settembre a oggi non era mai stato nominato, come se non esistesse.
Non passano nemmeno ventiquattr’ore e sul giornale governativo Rossiyskaya Gazeta appare un intervento di Dmitrij Medvedev. Il filo conduttore dell’articolo è palesemente ispirato dai discorsi antiglobalisti di Putin in cui si parla di un nuovo ordine mondiale che cambierà «la disposizione dei centri di forza globali e lo stile di vita quotidiano di miliardi di persone».
Fino a qui tutto bene. Ma le opinioni divergono in modo netto per quanto concerne i negoziati con l’Ucraina. Secondo Medvedev, il Cremlino farà di tutto affinché tutti gli obiettivi dell’operazione speciale siano raggiunti. Il suo elenco, dalla difesa dei nuovi confini fissati a settembre tramite referendum, passando per la consueta «denazificazione di un regime obbrobrioso, quasi fascista, e della sua completa demilitarizzazione dello Stato ucraino» non lascia spazio ad alcuna speranza di fine delle ostilità.
«Oggi non esiste nessuno con cui parlare e accordarci in Occidente, non ne vale la pena». Quanto all’Ucraina: «Qualunque trattativa con l’attuale governo fantoccio si è rivelata fin dall’anno scorso assolutamente insensata».
Le opere e le omissioni future di Putin sembrano andare nella direzione auspicata da Medvedev. Il presidente russo non farà gli auguri a Joe Biden, mai era successo prima d’ora. E la prossima settimana avrà un colloquio con il leader cinese Xi Jinping.
Ma forse è al fronte interno che bisogna guardare per capire la dialettica tra i due massimi esponenti del cosiddetto clan di San Pietroburgo che all’inizio del nuovo secolo prese il potere in Russia. Proprio ieri, due ufficiali del Gruppo Wagner hanno pubblicato un video nel quale danno del «pederasta» al Capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, accusandolo di negare armi e rifornimenti alle truppe che stanno combattendo sul fronte di Bakhmut.
Appare ben difficile che non ne sapesse nulla il loro capo. Evgenij Prigozhin, l’ex cuoco di Putin, fondatore della milizia paramilitare schierata sulla prima linea nel Donbass, è diventato insieme al presidente ceceno Ramzan Kadyrov il volto da copertina di quel movimento ultranazionalista che permea di sé l’intera propaganda televisiva, e che ha un peso enorme sugli umori della Russia profonda.
Al massimo, la faccia feroce di Medvedev può svolgere la funzione di specchio per le allodole, un contentino al partito della guerra perenne. Anche perché non c’è alcun dubbio su quali parole abbiano più peso. Nel 2008, durante la famosa staffetta, quando il «giovane» (tredici anni in meno) fu chiamato a fare il presidente, Putin disse che non avrebbe messo il suo ritratto in ufficio. «Tanto ci conosciamo bene». Medvedev invece ha sempre tenuto bene appesa al muro la foto in cornice del suo ex compagno di scrivania.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…