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DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Fulvio Bufi per il "Corriere della Sera"
In campagna elettorale la parola d'ordine più efficace di Luigi de Magistris fu quell'«amm'a scassà » urlato dal palco di piazza Dante più forte del suono delle percussioni dei bottari e del sax di Enzo Avitabile, colonna sonora del comizio finale.
In poco più di un anno da sindaco di Napoli de Magistris ha scassato forse meno di quanto aveva promesso, a meno che non si voglia inserire nel bilancio anche le rotture con gli uomini più tosti della sua squadra di governo: gli (ex) assessori Riccardo Realfonzo e Giuseppe Narducci.
Il primo autore di tutta la parte economica del programma elettorale di de Magistris; l'altro entrato in giunta lasciando l'ufficio del pubblico ministero alla Procura di Napoli, e attirando sul suo caso le critiche feroci di tutti quelli contrari alla norma che consente a un magistrato di far politica nello stesso distretto in cui fino al giorno prima ha esercitato la sua professione.
Due assessori, Realfonzo e Narducci (deleghe rispettivamente al Bilancio e alla Sicurezza), con la fissa del rigore. Come il torinese Raphael Rossi, chiamato da de Magistris a presiedere l'Asia, l'azienda per la raccolta dei rifiuti, e che pure è durato poco: i due hanno rotto su una questione di assunzioni, che il sindaco voleva e il manager no.
Con tutti è finita ed è finita male.
Rossi, appena lasciata l'Asia, è andato direttamente in Procura a spiegare le sue perplessità su quelle assunzioni, poi ha pure fatto causa al Comune perché vuole 165 mila euro di buonuscita. Narducci, pur con il riserbo del magistrato, non ha nascosto che le maggiori divergenze con il sindaco c'erano state sul tema, per lui sacro, del rispetto delle regole. Realfonzo ha fatto anche di più.
Con due interviste, prima al Corriere del Mezzogiorno e dopo al sito del Fatto Quotidiano, ha accusato de Magistris di populismo, di badare molto ai grandi eventi di richiamo mediatico e poco o niente ai bisogni reali della città , e che al suo rigore sul bilancio avrebbe preferito un'operazione di «finanza creativa».
A tutti il sindaco ha replicato duramente. Contro Realfonzo vuole avviare addirittura un'azione civile e chiedere un risarcimento di un milione di euro. Però che la sua rivoluzione arancione lasciasse sul campo tante vittime della propria parte non era previsto.
E mentre lavora intensamente alla nascita di un movimento nazionale da mettere in campo alle prossime elezioni politiche (ma giura che lui non si candiderà ) e, proprio nel pieno della bufera interna all'Idv, guarda a possibili alleanze di governo con Pd e Sel, de Magistris deve badare a non scassare pure con i suoi più importanti interlocutori imprenditoriali.
A cominciare dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis che lo ha accusato di voler costruire il nuovo stadio in periferia, anziché ristrutturare il San Paolo, per pagare il conto dell'appoggio ricevuto in campagna elettorale dal gruppo di Marilù Faraone Mennella, moglie dell'ex presidente di Confindustria Antonio D'Amato, impegnato in un progetto nella zona di Napoli est. E scassare con De Laurentiis, dopo l'idillio nato a scapito anche della vecchia fede interista di de Magistris, sarebbe molto più pericoloso che liberarsi di due assessori e un manager troppo pignoli.
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