DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”
«L' Italia che vogliamo ricostruire è quella che può essere leader nel mondo». Era il vero primo punto del programma di Matteo Renzi, il quale usò queste parole nel discorso con cui chiese la fiducia al Senato, all' inizio della sua avventura di governo.
Due anni e un mese dopo, l' intemerata di Pier Carlo Padoan contro la Ue, la solitudine italiana dinanzi all' esodo degli immigrati, il disincanto con cui Barack Obama oggi accoglierà Renzi dopo la fuga italiana dall' impegno di assumere il «ruolo guida in Libia», il muro alzato dall' India nella vicenda dei marò e le menzogne rifilate all' Italia e alla famiglia di Giulio Regeni dalle autorità egiziane (ultima bufala, la banda dei trafficanti di reperti archeologici) certificano la fine della partita Italia-Resto del mondo col risultato peggiore.
Leggero già prima, il nostro peso internazionale è sceso ulteriormente in questi venticinque mesi. Un' informazione benevola (eufemismo) e un' opposizione impegnata a litigare con se stessa consentono comunque a Renzi di mantenere credibile la propria «narrazione» presso parte dell' opinione pubblica.
Funzionerà fin quando il disastro della gestione degli immigrati non sarà così grande che nemmeno gli autori di testi dei programmi del premier riusciranno a negarlo: facile contrapporre una narrazione efficace al parametro deficit-Pil imposto da Bruxelles; difficile farlo dinanzi alle masse di disperati che cambiano il volto delle nostre città.
Intanto va in scena l' ennesima replica di una commedia che questo governo aveva promesso di cancellare per sempre: l' Unione europea della quale avremmo dovuto essere «il Paese leader dei prossimi vent' anni» (sempre Renzi dixit) si prepara a spedirci dietro alla lavagna e a Padoan non resta che l' attacco preventivo.
Se i conti non tornano, spiega il ministro dell' Economia a Le Figaro, la colpa non è del governo che ha fatto i conti ipotizzando per il 2016 una crescita dell' economia pari all' 1,6%, cioè irrealizzabile, ma è delle regole di calcolo della Ue, «che imponendo all' Italia aggiustamenti dolorosi le recano più danno rispetto ad altri Paesi».
Da qui la richiesta, con un forte retrogusto di disperazione, di «modificare le regole di calcolo» per fare sì che i nostri conti tornino. La stessa nascita dell' esecutivo di unità nazionale in Libia, attesa da mesi e ora forse sul punto di realizzarsi (il premier designato, Fayez al-Sarraj, è giunto ieri a Tripoli), significa nuove responsabilità e forse nuovi problemi per Renzi.
La mancanza di un simile governo sinora è stato l' ottimo motivo che ha consentito all' Italia e agli altri Paesi di tenere i militari lontani dai cieli e dal suolo libico; ora che l' alibi non c' è più, ognuno sarà chiamato alle proprie responsabilità.
E Renzi, sei mesi fa e davanti all' assemblea generale delle Nazioni unite, aveva preso impegni importanti: «Se il nuovo governo libico ce lo chiederà, l' Italia è pronta ad assumere un ruolo guida per l' assistenza e la collaborazione alla stabilizzazione». Che in Libia vuol dire lottare contro l' Isis.
michelle obama con agnese renzi maurizio martina emma bonino giuseppe sala a milano
Promesse dettagliate erano state fatte agli alleati, soprattutto agli Stati Uniti, anche in occasione del viaggio di Sergio Mattarella a Washington. Tornato a Roma, il presidente della Repubblica aveva convocato il Consiglio supremo di Difesa, durante il quale era stata ufficialmente discussa «una eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche».
Era tutto pronto, insomma. Poi i sondaggi sulla contrarietà degli elettori alla campagna di Libia, gli attentati di Bruxelles contro i «crociati» europei, il ritorno delle grandi paure e la frenata di Renzi. È dunque un Obama "tradito" quello che oggi incontrerà il nostro premier. La Libia non è la prima delle preoccupazioni americane e il rapporto tra i due Paesi resta solido comunque.
michelle obama con agnese renzi maurizio martina emma bonino a milano 5
Discorso diverso per lo standing internazionale di Renzi, ormai basso come quello dei suoi peggiori predecessori, e per le speranze di avere quel famoso ruolo guida negli assetti della Libia di domani: al tavolo delle trattative può avanzare pretese solo chi ha rischiato qualcosa.
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