DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Carmelo Lopapa per "La Repubblica"
à Amato il candidato prediletto di Silvio Berlusconi. Lo dice al presidente della Repubblica nel breve colloquio al Colle, accompagnato da Schifani e Brunetta. Ma al capo dello Stato dice anche che su Enrico Letta non ci sarebbero «pregiudiziali, se il Pd dovesse scegliere lui».
Il Cavaliere rientra a Palazzo Grazioli in serata dopo le consultazioni e racconta ai dirigenti come sia stata ribadita la linea della «responsabilità », niente veti. Anche se viene nettamente preferita la soluzione che porta al "dottor Sottile", conoscenza di vecchia data, con lui rapporti di stima immutata nei decenni.
Il leader Pdl, lasciando il Quirinale, sottolinea coi giornalisti solo l'esigenza di un «governo forte che possa prendere provvedimenti importanti, che non sia di passaggio ma duraturo».
Detto questo, inizia anche a dettare le sue condizioni e alla cerchia ristretta
confida tutte le perplessità , convinto com'è che il Pd alla fine rischi di spaccarsi sia su Amato che su Letta. «Nulla va dato per scontato» va ripetendo Berlusconi. E, tanto per cominciare, per questa mattina alle otto ha confermato la partenza per Dallas, per partecipare all'inaugurazione del "Presidential centre" dell'amico George W. Bush. Rientro almeno tra un paio di giorni.
Il fatto è che il partito è già in ebollizione. Sia nella cena di lunedì che ieri a pranzo, i falchi sono tornati alla carica. I Verdini, Brunetta, Santanchè, tra gli altri - sondaggi della Ghisleri alla mano (34 per cento al centrodestra) - non vedono di buon occhio il decollo delle larghe intese.
Berlusconi con loro è categorico, raccontano: «Teniamo i toni bassi, io mi sono impegnato con il presidente Napolitano sul piano personale, non possiamo far saltare tutto noi». Diverso è il caso se il Pd dovesse rinunciare a un governo politico e o se dicesse no ai punti programmatici del Pdl, allora, «l'opzione del ritorno al voto resterebbe valida».
Ed è lì che Brunetta sembra sia tornato all'attacco: «Basterebbe insistere sulla restituzione dell'Imu per noi irrinunciabile, per metterli in crisi». Ma è una tesi che per ora non convince il capo. Più interessato adesso a piazzare pedine di peso nei ministeri chiave.
Se questa mattina Amato riceverà l'incarico, allora ad affiancarlo per conto del Pdl sarebbe Gianni Letta (da vice o sottosegretario).
Condizione che sarebbe stata posta già ieri allo studio alla Vetrata allo stesso Napolitano. Con l'incarico al pd Enrico Letta, invece, il Pdl potrebbe essere costretto a «sacrificare al suo fianco il segretario, Angelino Alfano», racconta uno dei presenti al vertice serale. Poi c'è il nodo tutt'altro che secondario dei ministeri chiave, cima alle preoccupazioni del Cav.
La collocazione di Quagliariello alle Riforme viene data per scontata. Mentre per la poltrona di Guardasigilli, un Berlusconi convinto che non verrà mai concessa al Pdl fa sapere di non opporre alcun veto a Luciano Violante, del quale è stato apprezzato il dossier giustizia nel "libro" dei saggi.
E la candidatura Renzi? «Non l'abbiamo mai ritenuta in campo, è stato tirato fuori dal Pd per bruciarlo», taglia corto chi era al vertice no-stop a Grazioli. Ma se l'ostilità nei confronti del sindaco non si è trasformata in vero e proprio veto, al Colle, poco ci è mancato. E Sandro Bondi, che in mattinata aveva definito quella candidatura «in linea con la domanda di cambiamento del Paese», dopo ore di polemiche interne, è costretto alla retromarcia: «Il Pdl si esprimerà valutando le proposte degli altri partiti».
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