DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. BANNON DA NAZISTA A ORACOLO SOLO PERCHÉ ATTACCA DONALD
Glauco Maggi per Libero Quotidiano
Per il gossip di Washington è finita la stagione dei fratelli coltelli, che in pubblico facevano i compagnoni del populismo, e in privato erano divisi dalla gelosia su un punto fondamentale: Steve Bannon era convinto di essere stato l' ideologo della vittoria di Trump, e Trump era convinto che il capo, il brand, e il solo numero uno in campo era lui, Donald.
Il pubblico fazioso dei media e dei Dem (più o meno la stessa cosa), ostile senza se e senza ma al candidato repubblicano prima e al presidente eletto dopo, avevano scelto di «tifare» per Bannon.
Ovviamente, alla loro maniera, quella già usata con Karl Rove, che veniva presentato come il «cervello» malefico di George W. Bush per ridicolizzare il presidente riducendolo a marionetta. Bannon si prestava ancora meglio di Rove per quel ruolo, carico di una storia personale ancor più impresentabile per i politicamente corretti: direttore del sito web Breitbart prima della militanza formale nel trumpismo, Bannon era stato caratterizzato dai media del mainstream come il propugnatore di una linea iper-nazionalista; protezionista in economia; anti-globalizzazione; isolazionista in politica estera e militare; sostenitrice del movimento alt-right, la destra estremista che alle sue frange non disdegna i suprematisti bianchi, e perfino i filo-nazisti e i simpatizzanti del Ku Klux Klan quali compagni di strada e di corteo.
steve bannon parla pro roy moore
Insomma, il Bannon diavolo nella Casa Bianca era ottimo perché denigrava il presidente «per associazione»: fino a quando dei due si è potuto parlare come di una coppia complice e indissolubile, l' uno macchiato dei difetti dell' altro, Steve era l' anima nera. Anche dopo che il generale John Kelly, il cerbero capo di staff voluto da Trump per dare logica e ordine alla Casa Bianca, lo aveva messo alla porta, Bannon aveva professato fedeltà al capo, con ciò perpetuando il suo status di paria politico, di inaffidabile e maligno manipolatore della politica di Palazzo.
L' ultimo strappo era avvenuto in Alabama, quando Steve fece la guerra al candidato ufficiale del Gop (e di Trump) per appoggiare nella corsa al Senato del giudice Roy Moore, ultra-religioso con l' aggravante dell' accusa d' aver avuto rapporti non appropriati con una 15enne: Moore è riuscito a far vincere un candidato Democratico in uno Stato che non aveva senatori Dem da 30 anni, dando a Bannon anche la patente di perdente politico sul campo.
Doveva essere l' epitaffio per la sua carriera e la sua credibilità, ma ecco il miracolo.
Protagonista della pugnalata al proprio presidente, il moderno Bruto è diventato per la sinistra una fonte di ispirazione seria e affidabile. Si è ripulito la fedina della credibilità con una sola intervista per il libro dell' anno, infarcita di accuse a Trump, ai famigliari, alla Campagna. E' salito agli onori di quei media benpensanti che l' avevano relegato finora all' inferno della denigrazione continua. Ieri, non aveva la statura e il diritto di dare giudizi politici accettabili, oggi è il nuovo guru del Palazzo e il suo verbo è oro colato.
2. RUSSIAGATE, TRUMP: STOP AL LIBRO DI WOLFF E BANNON FRENA: «È UN OTTIMO PRESIDENTE»
Anna Guaita per il Messaggero
steve bannon e donald trump a saturday night live
Probabilmente otterrà solo di aumentarne le vendite. Il ricorso di Donald Trump contro il libro-verità del giornalista Michael Wolff ha ben poche speranze di riuscire. Gli avvocati del presidente hanno scritto sia al giornalista che all'editore chiedendo l'immediato blocco della pubblicazione. Ma il libro uscirà oggi. Sfidando la diffida dei legali del presidente, l'editore Henry Holt ha deciso di anticipare la distribuzione. La motivazione è legata ad una «domanda senza precedenti», come conferma anche Amazon, dove è il libro più richiesto. «Grazie, signor presidente», ha twittato l'autore, Michael Wolff.
Gli avvocati ipotizzano di accendere una causa per diffamazione contro Wolff e l'editore Holt. Ma l'idea di impedire la pubblicazione di un libro è assolutamente irreale per la legge Usa, e intanto il titolo Fire and Fury è molto atteso mentre bocconi pepatissimi prelevati dalle sue pagine trapelano sulle pagine dei giornali, sulle chat room in tv. Al centro dell'attenzione generale sono state finora soprattutto le parole di Steve Bannon, ex stratega nonché capo della campagna elettorale di Trump, che ha lasciato la Casa Bianca lo scorso agosto.
Trump ha reagito male, ha accusato Bannon di «aver perso la testa», ha sostenuto di non aver avuto un rapporto stretto con lui, e di averne ricevuto scarso aiuto. Dal canto suo Bannon non ha smentito le frasi critiche contro i familiari di Trump, che ha accusato di atti «eversivi» e di «tradimento» per i loro contatti con emissari russi, e ha finora solo commentato sostenendo di considerare Trump «un grande uomo» e di sostenerlo «giorno dopo giorno».
I CANDIDATI
Bannon ha già annunciato che sosterrà candidati vicini al Tea Party, contro l'establishment, e questo non è necessariamente negli interessi di Trump. Ma le ricadute del libro saranno gravi anche per l'immagine pubblica del presidente. Ieri la portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders ha denunciato che il libro è «materia da fogli scandalistici, tutto falso e inventato, pieno di bugie».
Nelle pagine di Fire and Fury Trump è dipinto come un «buffone incapace di leggere, che non sa quali siano le sue priorità politiche, è incapace di amministrare il suo governo, ed è difficile da trattare, come un bambino», secondo quanto scrive il Washington Post, che ha potuto leggere il libro in anteprima. Vengono fuori dati privati e particolari impietosi, ad esempio che lui e Melania hanno camere separate, che lui ha preteso tre televisori nella sua, e la sera va a letto alle 6:30 con un piatto di hamburger e si piazza davanti ai video.
Viene fuori anche che il presidente è spesso distratto, confuso, disinteressato ad ascoltare i suoi ministri. Wolff stesso ha estrapolato un pezzo del libro ieri sulle pagine di Hollywood Reporter, in cui sostiene che la notte di Capodanno 2017, venti giorni prima dell'insediamento, Donald Trump era comparso alla sua residenza di Mar-a-Lago in Florida «pesantemente truccato e incapace di riconoscere vecchi amici», una rivelazione che rafforza il sospetto di molti che il presidente soffra di un inizio di senilità.
Proprio ieri è stato rivelato che un mese fa un gruppo di senatori (un solo repubblicano) hanno convocato a Washington la psichiatra Bandy Lee, di Yale, per interrogarla sullo stato mentale del presidente. La psichiatra ha pubblicato un libro in cui raccoglie il parere di numerosi esperti, e ha sostenuto che Trump «sta crollando e i sintomi sono già visibili».
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