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1 - ARCHEOLOGIA, COMUNE SOTT´ACCUSA
Francesca Giuliani per "la Repubblica - Edizione Roma"
Il Carandini furioso, strenuo difensore del patrimonio culturale, fa i nomi: quello di Umberto Broccoli, per esempio. Che dice inadatto al ruolo che ricopre, in una soprintendenza nata sotto l´egida di Raffaello e del mecenatismo papale, ora affidata a un «abile comunicatore» ridotta a un quasi nulla di "fuffa" pseudoartistica, che si affanna a fare cassa sfruttando qualunque museo a casaccio.
In più, Roma Capitale che sembra chiedere più poteri e più risorse, deve restare a distanza "di sicurezza" da ciò che possiede, dal patrimonio che detiene in nome della comunità . Istituzionale come nessun´altra la sede dell´invettiva, ovvero palazzo San Macuto dove il professore archeologo, paladino della divulgazione di stile britannico, è convocato in qualità di presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali per un´audizione sul Decreto su Roma Capitale. O meglio, di quegli aspetti di gestione dei Beni culturali che avevano sollevato già a fine 2011 una drastica levata di scudi e molta apprensione nel mondo dei tecnici, degli addetti ai lavori.
Carandini lo dice a chiare lettere: più volentieri avrebbe discusso di una legge per sostenere un patrimonio in via di disfacimento, di risorse urgenti per una Domus Aurea che marcisce o magari di una decisione infine presa per fare finalmente dell´Appia antica un Parco archeologico. Invece si trova, suo malgrado, a operare sofistici distinguo tra tutela e valorizzazione, concetti tenuti separati non tanto per reale interesse del bene comune dei cittadini ma per «esigenze di burocrazia».
A difesa di tutto esistono le soprintendenze romane: che sono un po´ «l´equivalente magistratura della tutela che costituisce la prima e più efficace garanzia di qualità del sistema di gestione del patrimonio culturale». Queste istituzioni «mantengono un alto profilo scientifico e professionale, malgrado i tempi grami».
Cosa che - affonda l´archeologo - non accade dalle parti del Campidoglio dove invece malgrado una storia gloriosa e radici assai nobili da un punto di vista culturale, «l´attuale sovraintendente, che ha certamente delle qualità di comunicazione, dal punto di vista tecnico e scientifico non è la persona più adatta per gestire questo ruolo». Il compito del Campidoglio, prima di ogni altro intervento in questo ambito, dovrebbe essere «far risorgere un´istituzione culturale di primissimo piano».
Ora, è la conclusione di Carandini, quel che urge rispetto al decreto è lasciare la tutela come «appannaggio esclusivo delle soprintendenze statali» e quella attribuita a Roma Capitale va abolita, perché viola la costituzione (articolo 118). Insomma, ogni intervento di valorizzazione del patrimonio culturale romano dovrebbe «avvenire sulla base di un accordo che indichi fin nei minimi dettagli quali immobili statali e quali comunali sono immessi in questo circuito di gestione condivisa».
Senza che Roma possa mettere bocca nemmeno sull´archeologia preventiva, attività che «non può essere svolta dal Comune di Roma che finirebbe per cumulare i ruoli di controllore e controllato». Oggi alle 14 le audizioni del sindaco Alemanno e dei presidenti di Regione e Provincia, Polverini e Zingaretti.
2 - "ALEMANNO, GIÃ LE MANI DAL COLOSSEO" LA DIFESA DEI DIRIGENTI DEI BENI CULTURALI
Laura Larcan per "la Repubblica - Edizione Roma"
«Il Colosseo ad Alemanno non glielo diamo». E´ la battuta che si scambiano i dirigenti del Ministero per i beni culturali nel giorno dell´audizione del sindaco Alemanno alla Commissione per l´attuazione del federalismo fiscale sul decreto legislativo di Roma Capitale. L´ironia camuffa la necessità di fare chiarezza sulla gestione dei beni culturali: «Il Colosseo non glielo diamo, ammesso che lo voglia davvero - dice il direttore per le antichità Luigi Malnati - Il Colosseo comporta tali responsabilità nella gestione e oneri nella manutenzione, cui non sempre si riesce a far fronte».
«Ma certo che non glielo diamo il Colosseo ad Alemanno», scherza il direttore regionale del Lazio Federica Galloni, alludendo alla legittimità della battuta. «All´inizio, la prima stesura della legge prevedeva il trasferimento della tutela del patrimonio al Comune - ricorda la Galloni - ma c´è stata subito una sollevazione istituzionale ed è stato chiesto di modificarla. La tutela compete allo Stato per Costituzione e tale deve essere mantenuta».
Un bottino non da poco, visto che l´Anfiteatro Flavio, in pacchetto turistico con Palatino e Foro Romano, vanta un incasso annuale di circa 35 milioni di euro. Ma è sulla valorizzazione dei beni culturali che concorre Roma Capitale. «Si attiveranno tavoli di concertazione, anche se pareri e nullaosta vengono rilasciati dalle soprintendenze - dice la Galloni - Per valorizzazione si deve intendere promozione della cultura, per questo mi auguro che prevalga il buon senso». E la questione può rivelarsi molto delicata: «Quando concorrono gli enti locali se ne possono vedere di tutti i colori» dice Malnati.
E di Roma Capitale si ricordano ancora le citycar all´Ara Pacis (2010) o le proiezioni sul Foro di Traiano della dichiarazione d´entrata in guerra di Mussolini (2009). «Fondamentale è l´incolumità del monumento - commenta Malnati - Ma se al Circo Massimo vogliono portare le corse delle bighe, e l´intervento di valorizzazione non è compatibile col monumento, non si rilascia l´autorizzazione». Anche la nuova soprintendente Mariarosaria Barbera prende posizione: «Questo nuovo decreto mi sta molto a cuore. L´avevo letto nella precedente versione, ora voglio capire come sarà modificato. Confido che la tutela resti a pieno titolo nelle mani dello Stato. Le strutture devono dialogare, ma nel rispetto dei ruoli».
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