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Il primo serio stop di Re Giorgio a Renzie arriva nel giorno degli incontri con Barack Obama ed è uno schiaffone a cinque dita in piena faccia. Il Rottam'attore abbozza e dice che ovviamente condivide in pieno le osservazioni del capo dello Stato sulla Spending Review, e giura che anche per lui il principio di condurre interventi razionali e motivati sui tagli di spesa "è sacrosanto".
Ma il problema di Pittibimbo, dopo un mese di benigno silenzio del Colle (disturbato solo dai contrasti sui tagli agli F35), è in due paroline scolpite nel primo "monito" dell'era Renzie: "discussione seria". La chiede Re Giorgio in persona ed è il contrario esatto di quello che aveva in mente di fare il presidente del Consiglio.
Fin da quando ha preso in mano la lista dei tagli preparata da Lurch Cottarelli, Renzie ha da un lato rivendicato che avrebbe fatto una valutazione politica propria (come è giusto che sia), ma dall'altro ha fatto capire chiaramente che il controvalore di questi interventi per il 2014 deve passare dai 3 miliardi previsti da Letta ai 6 miliardi che gli servono per finanziare il taglio dell'Irpef.
Non solo, ma Renzie si è anche più volte vantato della scelta di saltare i tavoli di concertazione con le parti sociali e ha promesso che farà di testa sua. Solo che una discussione, per quanto approfondita, con il fidato Graziano Delrio e con qualche consigliere personale a Firenze e dintorni difficilmente può coincidere con quella "discussione seria" che adesso il Quirinale pretende con toni così solenni.
Avrebbe dovuto essere la giornata della benedizione di Obama alle grandi riforme di Renzie, il leader nuovo di zecca che ha preso possesso di Palazzo Chigi. E probabilmente sarà anche così, domani, sui giornali. Ma intanto è arrivato il primo intervento duro di Re Giorgio sugli stinchi di Matteuccio, per giunta a poche ore da un voto di fiducia sull'abolizione delle provincie che testimonia tutta la fragilità del suo esecutivo.
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