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Carmelo Lopapa per "la Repubblica"
Il patto di famiglia e quello con i vertici operativi di Fininvest è ormai siglato. Ad Arcore il «gran giurì» riunito due giorni fa ha messo alle strette Silvio Berlusconi. Prima i figli, poi i più ascoltati tra i consiglieri. Quelli di una vita, quelli che reggono l'impero. Fedele Confalonieri, Ennio Doris in prima fila. «Silvio, ormai non può tirarti indietro. Hai compiuto un passo importante, il ritiro ha spiazzato tutti e aperto nuovi scenari. Soprattutto, con la rinuncia non fai solo il bene della politica ma anche quello delle nostre aziende».
à un argomento al quale il Cavaliere è sensibile da sempre e che lo preoccupa in particolare da qualche tempo. Ora che le prospettive per le azioni Mediaset sono nere, che il mercato pubblicitario televisivo boccheggia, che Fininvest non naviga nell'oro come in passato. I figli, raccontano, per gli stessi motivi sono sulla medesima linea. Della conferma del passo indietro, consapevoli che invece il padre resterà tentato fino all'ultimo dalla leadership del nuovo partito che prenderà il posto del Pdl.
Non sono i soli, con Confalonieri e Doris. A Roma la stessa azione di moral suasion la sta conducendo Gianni Letta. Con un compito ancor più delicato, spiega chi è di casa a Palazzo Grazioli. Il capo della «diplomazia » berlusconiana si sta muovendo con passi felpati ma decisi nei palazzi della Curia romana.
Il tentativo è quello di convincere i più influenti tra i vescovi italiani alla guida della Cei ad ammorbidire la posizione di Pier Ferdinando Casini. Un delicato lavoro di sponda che fa leva sul «rischio» che il Pd possa mettere in pochi mesi il cappello su Roma con Gasbarra e sul Lazio con Zingaretti, per poi scalare con Vendola e i radicali anche Palazzo Chigi.
Il fatto è che il leader Udc, anche con la conferenza stampa tenuta ad hoc a Montecitorio, per il momento tiene il punto. «L'organizzazione e la rappresentanza dei moderati italiani è una cosa troppo seria per essere banalizzata con battute. Non c'è niente di peggio che dare ai moderati italiani illusioni che si trasformano in nuove delusioni». Come dire, col Cavaliere su questi punti non c'è futuro. Ragionamenti analoghi a quelli espressi da Gianfranco Fini.
«Lasciamo che l'offerta naufraghi da sé», sembra si siano ripetuti i due. Anche marcando in un certo senso le distanze da Luca Cordero di Montezemolo, il quale invece continua a lanciare segnali di apprezzamento, per la scelta di Berlusconi. Dopo la sua associazione, ItaliaFutura, ieri sera lo stesso presidente Ferrari è intervenuto nel Varesotto a margine di una conferenza sostenendo che il passo indietro «è un fatto importante, un atto di responsabilità che va apprezzato, a patto che ci sia davvero».
Del resto, è proprio sull'ex presidente di Confindustria che punta il Cavaliere. Lui, intanto, porta avanti i congressi regionali di ItaliaFutura: dopo Puglia e Basilicata, il Piemonte, in vista di una grande convention a novembre.
Nell'ennesimo vertice, protrattosi per oltre due ore a Palazzo Grazioli dopo il suo rientro a Roma, Berlusconi ha invitato coordinatori e capigruppo Pdl alla cautela nei confronti dei centristi: «Le conclusioni le tireremo dopo le regionali in Sicilia», convinto com'è che il candidato Nello Musumeci possa spuntarla, facendo saltare da lì l'asse Pd-Udc. Per il resto, un Cavaliere annoiato e indisposto dai soliti discorsi, ha respinto il pressing degli ex An sulle preferenze per la legge elettorale. Meglio prendere tempo, sulla riforma. Ma deluso soprattutto lo è perché il segretario Alfano non ha supportato, come si attendeva, la linea dell'azzeramento del partito. Anzi, il braccio destro ha fatto asse proprio con i dirigenti, in difesa dello status quo.
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