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Ugo Magri per "La Stampa"
Se Berlusconi credesse sul serio alla teoria del complotto, se fosse così sicuro che Merkel e Sarkozy tramarono contro di lui, altro che commissione parlamentare d'inchiesta: dovrebbe andarsene seduta stante dal Ppe. Come può rimanere, l'ex Cavaliere, tranquillamente a braccetto in Europa con chi brigò per eliminarlo? La questione riguarda un po' tutti, compreso il popolo di sinistra, perché domenica 25 maggio Forza Italia potrebbe ritrovarsi ago della bilancia, e diventare il partito da cui dipendono gli equilibri politici europei.
Questo dicono gli ultimi sondaggi, svolti appena prima che da noi scattasse il «black-out»: Popolari davanti, ma per una manciata di seggi sui Socialisti, chi prevede 7-8 e chi appena 2-3. Pochi, è vero; ma sufficienti a proiettare il lussemburghese Juncker verso la presidenza della Commissione Ue (l'ultima parola spetterà al Consiglio europeo dove decidono i governi, ma chi vince le elezioni parte politicamente avvantaggiato).
Berlusconi, per male che gli possa andare, avrà una dozzina di europarlamentari ai suoi ordini. Qualora lui se ne uscisse annunciando «fuori dal Ppe», oppure «dopo quello che ci hanno fatto non votiamo il candidato di Merkel e dei francesi», Juncker si troverebbe senza maggioranza, e addio presidenza della Commissione.
A quel punto balzerebbe in «pole position» il nemico numero uno della Merkel, vale a dire il socialista tedesco Schulz (circolano mille retroscena in proposito, compreso quello secondo cui tutto questo fiume di rivelazioni anglosassoni sul presunto complotto sarebbe finalizzato proprio a spezzare l'anello debole del Ppe individuato, tanto per cambiare, in S.B.).
Se l'ex Cav silurasse Junker, si prenderebbe sulla Merkel una sanguinosa rivincita. Eppure... Eppure, non ci sono segnali che l'ex premier stia preparando vendette del genere. Da lui ci si possono attendere molte sorprese, ma chi gli sta intorno esclude strappi così traumatici.
Lo si è capito ieri dalle sue stesse parole: oltre a rinnovare una chance per l'allenatore del Milan Seedorf, del quale fino al giorno prima voleva il licenziamento , Silvio così si è espresso su Merkel e Juncker: «Mica possiamo farli fuori...». Un conto è la propaganda pre-elettorale, altra cosa è quanto succederà dopo il voto.
Se lasciasse il Ppe, Forza Italia si ritroverebbe in una terra di nessuno, irrilevante in patria e pure fuori. Inoltre: come si giustificherebbe un favore così gigantesco a Schulz? Primo, è il capo del fronte avversario. Secondo, è l'anti-berlusconiano per antonomasia da quando venne insultato come «kapò».
Si aggiunga che sono entrati in azione i «pontieri». Fanno leva sull'unico esponente «azzurro» che gode di credito in Europa, il vicepresidente della Connissione Ue Tajani. à berlusconiano, ma moderato di natura, in egregi rapporti perfino con la Cancelliera. Nel vivo dello scontro sul complotto, tanto il francese Daul quanto lo spagnolo Rajoy (per non dire dello stesso Juncker) hanno messo l'occhio su di lui, quale possibile presidente del nuovo Parlamento europeo.
Tajani, è l'ipotesi che circola nel Ppe, potrebbe restare sulla poltrona due anni e mezzo per poi cederla a un socialista, o viceversa. Si tratta di una carica in fondo onorifica, a bassa intensità politica, ma simbolica: all'Italia sfugge dal '79, quando il Parlamento non era ancora elettivo. Il fatto che se ne parli, è la prova di una situazione in movimento. Il grande Flaiano l'avrebbe definita «grave, ma non seria».
 SARKOZY E MERKEL RIDONO DI BERLUSCONI
SARKOZY E MERKEL RIDONO DI BERLUSCONI  Merkel e Silvio Berlusconi af e e f ca e b d aec b c
Merkel e Silvio Berlusconi af e e f ca e b d aec b c  Martin Schulz
Martin Schulz  JUNCKER STROZZA LUIS DE GUINDOS
JUNCKER STROZZA LUIS DE GUINDOS Tajani
Tajani 
         
						
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