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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
«Non punto a raccogliere sigle e siglette»: no, Pier Luigi Bersani, che già pensa al futuro, non mira a fare il bis dell'Unione. Il suo sogno lo ha confidato ad alcuni parlamentari amici: «Un grande partito plurale, che riesca a fare la sintesi delle diversità ». Un «partito unitario», che vada da Tabacci a Vendola, i quali peraltro «hanno già sottoscritto una piattaforma comune», che raccolga anche altre esperienze, come quelle di Andrea Riccardi e del presidente delle Acli Andrea Olivero, e che coinvolga quel pezzo dell'Italia dei valori che si è sganciato da Di Pietro e i socialisti di Nencini, naturalmente.
Il segretario del Partito democratico vuole dimostrare che il Pd da lui guidato non è, come sostengono i suoi detrattori, una forza socialista d'antan, ma qualcosa di «nuovo», aperto alle «sfide della modernità ». «Non voglio settarismi. Voglio un partito che includa. E a questo obiettivo dobbiamo lavorare tutti insieme», è stato il suo monito a quei Democrat che non vedevano l'ora di consumare le loro vendette interne. Il riferimento era a Matteo Renzi, ovviamente.
Il leader del Pd, che non vuole «cercare la guerra», punta a utilizzare la «capacità » del sindaco di Firenze per «ampliare il consenso» attorno a questo progetto.
Guarda lontano, Bersani e accarezza un progetto ambizioso. Il nome di questo soggetto politico potrebbe essere lo stesso slogan utilizzato per le primarie: «Italia, bene comune».
Raccontano che un obiettivo del genere non dispiaccia al presidente della Repubblica. Ed è gradito a chi ritiene che per il Pd presentarsi in un'alleanza elettorale con la sola Sel sia un errore perché fornirebbe un'immagine del centrosinistra non proprio rassicurante, soprattutto all'estero.
Certo, i tempi sono strettissimi ed è difficile concludere l'operazione prima delle elezioni. Ma si potrebbe cominciare con il mettere in piedi una lista unitaria. Sarebbe un modo, anche questo, per innescare «un processo politico».
Bersani sa bene che Renzi incarna quell'ansia di rinnovamento che ormai ha contagiato la maggior parte dell'elettorato di centrosinistra. Ed è un politico troppo abile per non essere conscio del fatto che questa tendenza non si esaurirà con la sconfitta del sindaco di Firenze alle primarie di domenica scorsa.
Perciò vuole essere pronto a «nuove sfide»: «Non giocherò di rimessa: ora dobbiamo prenderci noi la responsabilità di governare il Paese, dobbiamo prendercela tutti», è il suo convincimento. Bersani pensa che nella prossima legislatura un «grande partito» di questo genere possa collaborare con un soggetto politico di centro che riunisca l'Udc di Casini, «Italia futura» e tutte le altre esperienze che si sono sviluppate nel campo dei moderati.
Ma il primo ostacolo lungo la strada di Bersani è rappresentato da Sel. I vertici del movimento che fa capo a Vendola si sono riuniti ieri. Hanno dato il loro via libera a una lista unitaria al Senato, ma hanno anche fatto sapere che, nel caso (sempre più probabile) in cui resti il Porcellum, alla Camera ritengono di fare diversamente. Il rischio per Sel, infatti, è quello di spaccarsi tra autonomisti e filo-Pd, ed è un lusso che, con il fiato dei grillini sul collo, Nichi Vendola non può permettersi.
I suoi avversari interni lo hanno già criticato per un'eccessiva arrendevolezza nei confronti del Pd, tanto che il governatore della Puglia si è dovuto giustificare: «La mia non è una resa, io non sono certo ostaggio di Bersani, ma non posso neanche criticare tutte le mosse del Partito democratico tanto per farlo». La trattativa tra Pd e Sel, comunque, continua.
Un altro tassello importante nella costruzione di Bersani è rappresentato da Renzi. Con il sindaco di Firenze in «squadra» sarebbe più facile attirare altri mondi e convincerli che il Partito democratico non c'entra niente con il «fu Pci».
Ma Renzi non è un tipo facile e spiega agli amici: «So che vogliono inglobarmi, però a me non va per niente. Io per ora non mi occupo di politica nazionale, resto a Firenze a occuparmi di fogne, e non vado certo a Roma per un bel po'». Bersani, però, è un tipo tenace e, nonostante gli ostacoli, con molta pazienza e altrettanta determinazione continuerà a inseguire il suo obiettivo. Quello di un grande Partito democratico. I cui candidati già da queste elezioni verranno scelti con le primarie o altri meccanismi di partecipazione simili.
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