LA BONINO FA INCAZZARE I PADRONI: AGLI STATI UNITI NON PIACE LA RISPOSTA NEGATIVA SULLA GUERRA ALLA SIRIA E KERRY NON VIENE A ROMA

Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

L'Amministrazione americana capisce che il governo italiano è debole e ha molti problemi da risolvere, ma guarda con disappunto all'evoluzione della posizione di Roma sulla Siria, che ci allontana dalla linea scelta da altri alleati europei.

Sostenere che l'intervento può avvenire solo con l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu significa in sostanza escluderlo, perché è chiaro che Russia e Cina bloccheranno col veto qualunque risoluzione in questo senso. Aggiungere che anche se ci fosse una risoluzione, il contributo di Roma non sarebbe automatico, significa prendere una linea politica critica rispetto a quella su cui stanno convergendo Usa, Gran Bretagna, Francia, e in parte anche Germania.

Gli osservatori americani sanno che il governo è debole, e in Parlamento siede uno schieramento trasversale pacifista maggioritario. Le ragioni dell'intervento, però, risiedono in una violazione delle regole internazionali e dei diritti umani, e aprono la porta a diverse possibilità di sostegno. Forse le basi messe a disposizione nel caso della guerra in Libia non saranno necessarie, se i raid verranno davvero limitati a pochi giorni e potranno partire dalle navi e dagli aeroporti della regione.

Le forme di aiuto però possono variare sul piano pratico, o quanto meno comprendere il supporto diplomatico. Il tema dei rischi collegati all'intervento è certamente considerato dagli stessi americani, ad esempio le ritorsioni terroristiche o il timore di favorire sul terreno i gruppi jihadisti. Ma è un problema che gli Stati Uniti hanno ben presente, riguarda anche altri alleati, e non può essere l'unico criterio di scelta.

Nei giorni scorsi gli americani hanno notato una sottile differenza di posizioni tra il ministro degli Esteri Bonino, che aveva posto come condizioni il via libera dell'Onu, e Palazzo Chigi, che parlando di azione multilaterale aveva lasciato aperta la porta per altre soluzioni.

La conversazione tra il premier Letta e il collega britannico Cameron ha dato elementi per pensare che sia possibile trovare un compromesso, ma è anche significativo che il presidente Obama, impegnato da giorni nella diplomazia telefonica con gli alleati, non abbia contattato Roma. C'è stata una divisione dei compiti, fra Washington e Londra, fra Casa Bianca e dipartimento di Stato, ma il silenzio americano è un fatto.

L'ipotesi di una missione in Italia di John Kerry all'inizio di settembre è ancora sul tavolo, ma l'amministrazione potrebbe anche decidere di non fare sforzi particolari per convincere il nostro governo, vista la situazione interna del Paese e la natura operativa del probabile intervento in Siria.

 

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