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BREXIT D’INSICUREZZA – CINA, INDIA E PAESI DEL COMMONWEALTH CONTRO L’USCITA DEL REGNO UNITO DALL’UE: “SAREBBE UN DANNO” - ANCHE OBAMA PREME PER IL NO E L'EUROSCETTICO BORIS JOHNSON NON GRADISCE: “UN IPOCRITA CHE SI INTROMETTE”

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Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”

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Meglio dentro l’Europa o fuori dall’Europa? In ordine sparso ma con sempre maggiore enfasi i leader e le istituzioni mondiali entrano nel dibattito sulla Brexit e lanciano il loro avvertimento: guai se Londra lasciasse l’Unione. Gli Stati Uniti, la Cina, l’India, la Germania, la Francia, il Canada, il Fondo Monetario, la Banca Europea con Draghi. Da diverse prospettive e con diversi interessi in gioco ma tutti con la stessa idea e cioè che l’isolamento non porterebbe benefici economici e di sicurezza a Londra. Solo danni.

 

 

CAMERON E SAMANTHA CON GLI OBAMACAMERON E SAMANTHA CON GLI OBAMA

Nella capitale sbarca Obama, accompagnato dalla moglie Michelle. Insieme brinderanno oggi nel castello di Windsor ai novant’anni della regina poi in serata a Kensington con William e Kate. Feste in agenda. E politica con l’appuntamento a Downing Street. Gli occhi sono puntati sulle parole che il presidente dedicherà alla Brexit. Cosa scontata.

Gli euroscettici, con il capofila Boris Johnson, lo accolgono col fucile puntato: è un «ipocrita» e sconfina nel terreno della sovranità decisionale britannica. «Intromissione non gradita».

 

 

BORIS JOHNSON CON IL TORO DELLA BORSA DI LONDRABORIS JOHNSON CON IL TORO DELLA BORSA DI LONDRA

Allora le diplomazie, per evitare di fare regali al fronte anti europeo, hanno trovato la via d’uscita: nei discorsi ufficiali nessun accenno, ma libertà di risposta alle domande nella conferenza stampa del tardo pomeriggio e libertà di scrivere (sul Daily Telegraph ) ciò che l’amministrazione americana pensa. Ovvero che il futuro di Londra è con l’Europa e non contro l’Europa.

 

 

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Il consiglio di Washington all’alleato è esplicito: non c’è spazio per negoziare trattati commerciali fuori dal contesto europeo e non si intravvede una strategia comune sulla sicurezza. Poi, suggerito a bassa voce ma non esplicitato, meglio che Londra stia nell’Unione per controbilanciare il peso di Berlino e per frenare un’Europa a trazione unica tedesca. Musica gradevole alle orecchie di David Cameron, che uscito ammaccato dalla vicenda dei Panama Papers, rischia il crollo se nel referendum del 23 giugno dovesse passare la Brexit.

 

 

Due mesi fa Obama era stato duro con il premier britannico, accusandolo nell’intervista alla rivista The Atlantic di essersi «distratto» dopo l’intervento in Libia del 2011, in sostanza di non essersi impegnato come aveva promesso. Acqua passata. Adesso, dati gli interessi Usa, corre in suo soccorso. E non è l’unico.

La strategia di Cameron è chiara. Deve raccogliere sul no alla Brexit il massimo del consenso a livello internazionale in modo da spingere nell’angolo gli euroscettici.

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Le istituzioni dell’economia globale si sono pronunciate. Il Fondo Monetario con la direttrice generale Christine Lagarde ha detto chiaro e tondo che «il matrimonio di Londra con la Ue non può finire». E, ieri, Mario Draghi presidente della Bce ha rimarcato: «Riteniamo che la permanenza della Gran Bretagna nella Unione Europea sia benefica per entrambi e continueremo a ripeterlo».

XI JINPINGXI JINPING

 

 

Sulla stessa lunghezza d’onda le grandi potenze. La Cina, solitamente lontana dagli affari interni di altri paesi, ha parlato con il presidente Xi Jinping: «Pechino spera di vedere un’Europa prospera e spera che la Gran Bretagna, come importante membro dell’Unione, possa giocare un ruolo positivo nello sviluppo delle relazioni fra Cina e Ue».

 

 

La Germania con la cancelliera Merkel ha annunciato «ogni aiuto per evitare la Brexit che sarebbe dannosa per tutti». Così pure il presidente francese Hollande che ha agitato lo spettro dell’immigrazione: «Londra, con il no sarebbe costretta a controllare gli ingressi a Dover e non a Calais».

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E persino gli amici del Commonwealth, il presidente canadese Justin Trudeau, il primo ministro della Nuova Zelanda John Key e il primo ministro australiano Tony Abbot hanno esternato il loro no: «La nostra porta sull’Europa è Londra». Posizione ribadita dal leader indiano Narendra Modi: «Se per l’India c’è un punto d’ingresso in Europa, questo è Londra».

 

MARK CARNEYMARK CARNEY

 

Per America e Asia i rapporti col vecchio continente passano da un’Europa unita. Mancano ancora due mesi al voto. Il risultato ovviamente non si può dare mai per scontato ma i numeri che custodiscono in via riservata le banche e i grandi fondi del Miglio Quadrato, danno il sì all’Europa davanti. David Cameron sta operando una progressiva strategia di accerchiamento del fronte Brexit. La Banca d’Inghilterra col governatore Mark Carney ha ammonito che lo strappo «danneggerebbe la City».

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Gli investitori stranieri si sono schierati: Europa. Si sono esposti 800 imprenditori indiani e il miliardario cinese Wang Jianlin che sullo sviluppo immobiliare londinese ha scommesso cifre da capogiro ha commentato: «Brexit non sarebbe una scelta intelligente».

 

 

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Il referendum del 23 giugno mobilita la comunità internazionale. Cameron spera così di isolare gli euroscettici: «Con me stanno Stati Uniti, Cina, India, Germania, Francia, Canada. Con voi chi c’è? Solo Marine Le Pen». La leader del Fronte Nazionale francese ha annunciato lo sbarco nel Regno Unito per dare una mano a chi invoca l’uscita dall’Unione. Mossa che mette in imbarazzo i tory pro Brexit. Alleato scomodo. Ma un regalo a Cameron che può agitare lo spettro: dentro l’Europa e alleati col mondo, fuori dall’Europa e alleati con la Le Pen.

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