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Francesco Bonazzi per Dagospia
Servono "sogni e coraggio", proclama Renzie in Senato prima di ottenere la fiducia. Ma per programmi e ricette, passare più avanti. E' il giorno di Matteo Renzi e del primo voto di fiducia, e dopo 70 minuti di discorso a braccio, di concreto, resta soltanto l'impegno a diminuire il cuneo fiscale sul lavoro dipendente almeno del 10%. Con quale copertura finanziaria, però, non è ancora dato sapere.
Il neo-presidente del Consiglio ci ha tenuto subito a sottolineare che non era a proprio agio a Palazzo Madama ("Non ho l'età ", ha elegantemente sottolineato con citazione pop) e tanto per scaldare l'atmosfera ha polemizzato con i grillini e si è espressamente augurato di essere "l'ultimo presidente del Consiglio che chiede la fiducia in Senato".
Poi ha sostanzialmente parlato ai telespettatori, promettendo interventi sull'edilizia scolastica "per la sicurezza dei nostri figli" e lanciando una non meglio precisata "lotta alla burocrazia", alternata a slogan sul "Paese arrugginito" e sull'urgenza di "scelte radicali". Immancabile il ricordo dei due marò agli arresti in India. Unica dimenticanza, l'augurio alla nazionale di calcio per i Mondiali in Brasile.
Il Rottam'attore ha però segnato dei punti quando ha scandito un'agenda molto ambiziosa per le riforme, con la promessa di avviare quelle costituzionali e sul lavoro entro marzo, e quella della giustizia per giugno. Un messaggio diretto soprattutto a Silvio Berlusconi, preoccupato per il destino dell'Italicum e del patto del Nazareno, e che la senatrice di Forza Italia Manuela Repetti ha immediatamente raccolto in aula, promettendo attenzione e collaborazione sulle riforme.
I partiti che compongono la maggioranza, intanto, sono indaffarati sulla scelta di viceministri e sottosegretari. Saranno almeno una cinquantina e dovrebbero essere nominati tra domani e mercoledì nel prossimo consiglio dei ministri, dopo l'ottenimento della fiducia anche a Montecitorio. Tra le poltrone in ballo, da seguire attentamente quella con la delega alle telecomunicazioni: se la scelta cadrà sul solito profilo alla Catricalà , sarà un ulteriore segnale di distensione di Renzie nei confronti del Cavaliere.
Intanto Romano Prodi ha evidentemente sentito crescere la pressione mediatica sul proprio nome per la successione a Giorgio Napolitano e oggi ha prudentemente smentito. Ad "Agorà ", su Rai Tre, ha raccontato che per lui "il Quirinale è game over; sono tutti giovani, tutti nuovi, e uno deve capire quando il proprio tempo è passato". Sarà , ma la via al Quirinale è lastricata di nobili e pregevoli smentite.
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