DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Massimo Gaggi per www.corriere.it
Con la sconfitta in Virginia e il sorprendente testa a testa in New Jersey, la presidenza Biden sprofonda al suo livello più basso: dopo il crollo del leader democratico nei sondaggi e l’affronto del senatore Joe Manchin che ha fatto saltare con una sortita spettacolare un accordo parlamentare sul programma economico e sociale della Casa Bianca che sembrava a portata di mano, per Biden le elezioni perse nettamente in uno Stato nel quale un anno fa sopravanzò Trump di ben 10 punti percentuali sono qualcosa più di una sirena d’allarme.
Sono il preavviso di uno tsunami che fra un anno con ogni probabilità farà perdere al presidente tanto il controllo della Camera quanto quello del Senato. Quello che fino a qualche tempo fa era un forte timore sta assumendo le sembianze di una quasi certezza.
Per poter immaginare un recupero sarebbero necessari una svolta dell’economia con una forte ripresa dell’occupazione e, soprattutto, il rientro di un’inflazione oggi galoppante e un cambio di rotta drastico dei democratici: la lezione durissima di questi giorni dovrebbe spingerli a far passare le riforme e i piani d’investimento oggi bloccati dai veti incrociati ma devono anche cambiare una strategia di comunicazione politica oggi troppo basata sull’antitrumpismo.
In Virginia i democratici hanno pagato anche il malessere popolare per fattori fuori dal loro controllo come gli aumenti continui dei prezzi non solo degli alimentari, ma anche di cose indispensabili per cittadini non benestanti di regioni prive di reti di trasporto pubblico: benzina e auto usate divenute costosissime o addirittura introvabili ora che vengono prodotte poche vetture nuove per mancanza di microchip.
joe biden si addormenta alla cop26
Ma nella debacle un peso molto rilevante l’hanno avuto la perdita di credibilità del Biden governante che non è riuscito ad ottenere dal suo partito la compattezza indispensabile per portare avanti un programma impegnativo con una maggioranza sempre sul filo del rasoio.
Non si tratta solo, dopo un avvio incoraggiante, di una mancanza di risultati di governo: i democratici hanno sbagliato a centrare la campagna in Virginia sulla demonizzazione dell’ex presidente repubblicano. Il «fattore Trump», efficace nelle presidenziali dell’anno scorso e anche nel voto di quattro anni fa per il governatore, è diventato marginale ora che The Donald non è più alla Casa Bianca.
manifestante ambientalista contro joe biden
Glenn Youngkin, il finanziere repubblicano che ha battuto Terry McAuliffe, è stato abile a non irritare gli elettori centristi evitando di identificarsi con Trump: non l’ha criticato, ha accettato il suo appoggio, ma non ha mai chiesto la sua presenza fisica in Virginia.
Al candidato democratico non sono bastati invece i comizi di Obama, Kamala Harris e dello stesso Biden. Youngkin, però, ha usato i modi brutali tipici di Trump per attaccare l’avversario, ritirando fuori e strumentalizzando vecchie polemiche sull’istruzione, i rapporti tra famiglie e insegnanti e agitando lo spauracchio dei ragazzi indottrinati nelle scuole con la Critical Race Theory: una teoria razziale radicale (l’America fondata sullo schiavismo) che non rientra nei programmi di nessun istituto della Virginia.
donald trump, barack obama e joe biden
L’ultimo disastro, in termini di comunicazione politica, l’hanno combinato cinque ragazzi travestiti da suprematisti bianchi che, armati di torce fiammeggianti in stile Ku Klux Klan, si sono presentati a un comizio di Youngkin gridando «siamo con Glenn». C’è voluto poco per scoprire che si trattava non di nazionalisti di destra ma di attivisti anti-trumpiani del Lincoln Project. Un gesto simbolico, si sono giustificati. Non ha funzionato, non è questo lo stile dei democratici: il risultato è stato quello di compattare ancor più il fronte conservatore.
La profondità del cambiamento del clima politico anche in materia di sicurezza rispetto a 18 mesi fa, quando la campagna elettorale democratica si confondeva con le proteste di Black Lives Matter dopo l’uccisione di George Floyd, è tutta in altri due risultati del voto di ieri: i cittadini di Minneapolis, la città di Floyd, hanno respinto nettamente la proposta di abolire il dipartimento di polizia sostituendolo con un’organizzazione di sicurezza pubblica nella quale assistenti sociali e medici avrebbero pesato quanto i poliziotti. E poi l’elezione a valanga, a New York, di Eric Adams: un sindaco democratico nero, ex poliziotto, che ha condotto una campagna law and order.
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