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Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Altro che Salvini, c' è posta per Renzi. Pare infatti che tra martedì e mercoledì arrivi la letterina che la Commissione europea ha predisposto per richiamare l' Italia a rispettare le regole su deficit e debito pubblico.
Secondo la Repubblica, che ieri ha anticipato la spedizione della cartolina precetto, all' inizio i tecnici di Bruxelles avevano scritto un paio di paginette piuttosto brutali, che mettevano il nostro Paese con le spalle al muro, denunciando ciò che non va nei nostri conti pubblici.
Diciamo che a dar retta al quotidiano debenedettiano, il tono non era proprio amichevole, e addirittura pareva preludere ad una messa sotto osservazione dell' Italia, con tanto di procedura d' infrazione.
Non eravamo al commissariamento, ma ci mancava poco. Alla fine però la diplomazia ha imposto di mitigare un po' le parole, evitando contestazioni precise. La linea scelta è quella generica del richiamo, una specie di raccomandazione a fare meglio quest' anno e nel 2017. Un po' come essere promossi con riserva, senza bocciatura del bilancio, ma con la spada di Damocle di una verifica a breve.
Certo, Renzi la venderà come un successo. Il bilancio è approvato nonostante il debito pubblico sia cresciuto e sebbene il governo abbia fatto largo uso del deficit per finanziare la spesa pubblica.
Del resto, da un presidente del Consiglio che è riuscito a salutare con entusiasmo la più bassa crescita del Pil fra i Paesi fondatori dell' Unione (incremento che per altro si è scoperto essere taroccato da un calcolo che non teneva conto dei giorni in più di lavoro, con il risultato di una correzione al ribasso: dallo 0,8 allo 0,6 per cento, meno delle previsioni più pessimistiche dello stesso esecutivo), non ci si può aspettare altro che la rituale dichiarazione di ottimismo. I tweet del premier per celebrare i successi di Palazzo Chigi vanno in automatico, proprio come le revisioni al ribasso dell' Istat.
Tuttavia, nonostante Renzi sia già pronto a brindare e a celebrare il suo ennesimo successo, la lettera di Bruxelles mette il dito nella piaga, ribadendo che l' Italia resta una sorvegliata speciale. Non c' è stretta di mano con Jean-Claude Juncker, non esiste ritrovata intesa fra Merkel e il nostro capo di governo, né c' è una nuova collaborazione con Serge Moscovici, il ministro delle Finanze Ue. Dietro i sorrisi di rito c' è la preoccupazione europea per l' alto debito del nostro Paese.
L' Italia si era impegnata a ridurre gli oltre duemila miliardi che gravano sulle spalle delle future generazioni. Ma invece di scendere la montagna è salita e il rapporto debito Pil, ossia l' indice che misura quanto siamo indebitati e qual è il fatturato che sorregge la capacità di restituzione di quei soldi, è più alto che mai.
Certo, Renzi promette di mettervi mano nel 2016 e di arrivare a un sensibile taglio l' anno prossimo. Ma il presidente del Consiglio promette anche molte altre cose, ad esempio che presto ridurrà l' Irpef e che azzererà i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione.
Un programma che contrasta con l' impegno di rimborsare una parte dei titoli di Stato senza emetterne di nuovi. Del resto, il 2015 doveva essere l' anno in cui grazie alla spending review l' Italia avrebbe cominciato a risparmiare, ma come è noto la spesa pubblica è aumentata di 26 miliardi, che sommati alle entrate fiscali aggiuntive incassate nei 12 mesi appena trascorsi superano i 50.
Che farà dunque Renzi se alla fine i conti non torneranno e torneranno al contrario a farsi vivi gli ispettori di Bruxelles?
La risposta è semplice. Il presidente del Consiglio tenterà in ogni modo di rinviare la resa dei conti, spostandola oltre le scadenze elettorali. Ma, che arrivi prima o dopo il voto, resta il fatto che una manovra correttiva è dietro l' angolo e non sarà leggera come le piume di pavone con cui fa la ruota il premier.
maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it
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