DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
1.LETTERE AL DIRETTORE. CENNI SUL CURRICUMUM DI CANTONE
da “Il Foglio”
Al direttore - Condivido il suo editoriale. Le allego il curriculum ufficiale di Raffaele Cantone. Ha fatto dal 1991 al 1996 qualche anno alla procura della Repubblica, occupandosi di piccoli reati bagatellari. Dal 1996 al 1999, appena tre anni, si trasferisce alla procura del tribunale dove si occupa di reati societari e bancari e dell’assicurazione di diritto greco Themis. Nel 1999 approda alla Direzione distrettuale antimafia dove resta solo fino al 2007. Nel 2007 si trasferisce al Massimario della Cassazione, un ufficio burocratico dove si compilano le massime delle sentenze, un buon ritiro dove il lavoro non ha nulla a che vedere con l’attività giudiziaria.
In conclusione, Cantone non ha mai fatto il giudice, non ha mai scritto una sentenza in vita sua. E’ rimasto in procura del tribunale per appena 3 anni e alla Direzione antimafia per 8 anni. Non fa il magistrato dal 2007. Che compensi percepisce? Sta cumulando le due carriere? Ha avuto gli scatti di carriera come magistrato? Quanti anni è che non mette piede in un’aula giudiziaria? Cordiali saluti da un ex magistrato.
Cecilia Carreri
Claudio Cerasa risponde:
Le aggiungo un’altra cosa: le pare possibile che dopo tutto quello che sta facendo torni a essere un magistrato come gli altri? E le pare possibile che, dopo tutto quello che sta facendo, non faccia il salto? La politica a Cantone piace da una vita. Chiedere per credere a Montezemolo. Chiedere per credere al Pd che nel 2011 stava per candidarlo a Napoli, contro quell’altro magistrato lì.
2. LETTERA DI RAFFAELE CANTONE A “IL FOGLIO”
Al direttore - Ho notato con grande piacere che, nell’ultimo periodo, il giornale da Lei diretto riserva grande attenzione alla mia persona. In qualche caso i Suoi editoriali sono anche critici, ma le critiche poste con garbo non solo sono utili ma rappresentano spunti per riflettere su possibili errori in cui mi capita di incappare. Sono rimasto, però, molto dispiaciuto nel leggere la missiva di una persona che – qualificandosi come ex magistrato – ha ripreso il mio curriculum pubblicato sul sito dell’Autorità per mettere in discussione il mio impegno professionale e lavorativo.
Non conosco la ex collega, ma ho verificato sul sito del Csm, e sulle notizie riportate in internet, che con quel nome vi è un magistrato che si è poi dimesso dalla magistratura e ciò per aver partecipato a una gara sportiva mentre risultava in malattia, avendo presentato un certificato medico inabilitante. Sarebbe facile fare una battuta e dire che, se è proprio lei la persona che ha scritto, forse i suoi interessi per le attività extra lavorative l’hanno distratta rispetto a quale sia il lavoro che si svolge negli uffici in cui sono stato e a quello che è stato il mio percorso lavorativo.
E sono quindi costretto a puntualizzare perché quella che mi si rivolge non è una critica ma una diffamazione bella e buona! E’ vero, non ho mai scritto una sentenza, per la semplice ragione che non sono mai stato un giudice; ho scritto, però, decine di richieste cautelari, di pareri, di archiviazioni, e di tutti quegli atti che rappresentano la tipica attività di un soggetto che ha fatto fino al 2007 il pubblico ministero.
Gli otto anni trascorsi alla Direzione distrettuale antimafia, poi, non sono stati una “pratica sportiva”; mi sono occupato delle indagini nei confronti del più feroce clan campano (quello dei “casalesi”) e la mia vita personale e familiare è risultata sconvolta a seguito di quelle attività. Basterebbe ricordare che, ancora oggi, fuori la mia abitazione vi è una camionetta dell’esercito che controlla chiunque entri, e che per lungo tempo i miei figli sono stati accompagnati a scuola dalla polizia.
Il mio impegno precedente, sia alla procura circondariale di Napoli che alla Sezione criminalità economica, è attestato dai tantissimi procedimenti seguiti, di cui vi è preciso riferimento negli eccellenti pareri sulla professionalità conseguiti nel corso degli anni. L’ultimo periodo – è vero – sono stato in un ufficio meno operativo, il Massimario della Cassazione, che è però una palestra per gran parte dei giudici che accedono alla Cassazione medesima e nel quale il mio impegno e la mia attività sono stati verificati da giudici che sono ai vertici attuali e precedenti della magistratura.
La ex collega, forse, avrebbe potuto sapere che al Massimario approdai anche perché l’allora procuratore generale di Napoli chiese al Csm di collocarmi, per ragioni di sicurezza personale, in un ufficio non napoletano. E di questo episodio avrei fatto volentieri a meno di parlarne, ma vi sono stato costretto da una missiva che trasuda livore e cattiveria ingiustificati, e che forse le vicende personali di chi l’ha scritta solo in parte possono giustificare. Quanto alla Sua risposta, nulla quaestio; Lei espone una Sua teoria su cui più volte è tornato in questo periodo; non credo risponda alla realtà, e mi piacerebbe parlargliene quando vuole, ma Lei la espone con garbo, per cui mi limito a dirLe che il futuro verificherà se lei ha ragione o meno ragione. La saluto molto cordialmente. Raffaele Cantone
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