CASELLI: “IL BACIO DI ANDREOTTI A TOTÒ RIINA? NESSUN RISCONTRO MA I MAGISTRATI NON DENUNCIARONO MAI DI MAGGIO PER CALUNNIA”

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Paolo Griseri per "la Repubblica"

Un conto è «il doveroso rispetto per la morte di un uomo, un altro è il giudizio storico e giudiziario. E su questo le carte parlano chiaro». Dice così Giancarlo Caselli, l'uomo che, da Procuratore capo di Palermo, fece processare Giulio Andreotti per associazione mafiosa determinando, di fatto, la conclusione della sua carriera politica.

Dottor Caselli, è arrivato il momento di tirare le somme. Qual è il suo giudizio su Giulio Andreotti?
«Un uomo che muore merita sempre rispetto e pietà umana».

Detto questo, chi era Andreotti? Quando lo ha incontrato la prima volta?
«Fu in Puglia. Era il 1964. Io prestavo servizio militare. Al termine di una esercitazione ci passarono in rassegna su di una jeep varie autorità tra cui Andreotti. Lo vidi così, da lontano».

L'incontro successivo?
«A parte le circostanze occasionali, al processo a Palermo».

Voi della Procura di Palermo foste accusati di aver attaccato un politico di primo piano senza prove. Tant'è che Andreotti venne assolto. Non è così?
«Non è assolutamente così. E la storia di Andreotti scagionato è una pagina non bella nella vicenda politica e giornalistica italiana. Noi portammo a processo il senatore Andreotti in base a plurimi elementi di prova. In particolare le dichiarazioni un collaboratore di giustizia, Francesco Marino Mannoia, che narrò di due incontri (di uno era stato testimone oculare), avvenuti in Sicilia tra lo stesso Andreotti e Stefano Bontade. Incontri che avevano per oggetto, com'è scritto nella sentenza di appello confermata in Cassazione, "la discussione di fatti gravissimi in relazione alla delicatissima questione di Piersanti Mattarella"».

Mattarella, capo della Dc siciliana, venne ucciso dalla mafia. Che cosa c'entrava Andreotti?
«Mannoia raccontò che il senatore era andato una prima volta da Bontade per cercare di far cessare le intimidazioni mafiose contro Mattarella, politico onesto che la mafia aveva deciso di uccidere. E una seconda volta Andreotti incontrò Bontade per chiedere ragione dell'assassinio di Mattarella che si era verificato qualche tempo prima. In nessuno dei due casi Andreotti, a conoscenza di circostanze gravissime sull'assassinio di Mattarella, informò mai la magistratura e gli inquirenti».

E allora per quale motivo fu assolto?
«L'assoluzione riguarda soltanto i fatti successivi al 1980. Per i gravi fatti commessi fino a quella data Andreotti è stato riconosciuto colpevole di associazione per delinquere con la mafia. Solo che il reato venne prescritto. Tant'è che lo stesso Andreotti fece ricorso contro la sentenza di appello. In cinquant'anni di magistratura non ho mai visto un imputato ricorrere contro la sua assoluzione».

Quella prescrizione vale anche per l'episodio del bacio a Totò Riina?
«Quell'episodio, narrato dal collaboratore Balduccio Di Maggio, non venne ritenuto sufficientemente riscontrato dai magistrati giudicanti che però non denunciarono mai Di Maggio per calunnia».

Dopo gli anni del processo lei non ebbe più occasione di incontrare Andreotti?
«Non l'ho mai più incontrato».

Né le ha mai indirizzato messaggi?
«No. A meno che non vogliamo considerare un messaggio la nota dichiarazione per cui sarebbe stato meglio se il sottoscritto e Luciano Violante non fossimo mai nati».

 

GIANCARLO CASELLI E PIERO GRASSOgiulio andreotti Toto RiinaFRANCESCO MARINO MANNOIA