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Ugo Magri per âLa Stampa'
Il Cavaliere licenzia la «vecchia guardia». Nomina a sera, dopo mesi di traccheggiamento, un ufficio di presidenza del partito dove per quattro quinti i membri ubbidiscono a lui, senza se e senza ma. Dei falchi, ne sopravvivono in tre: Verdini (del quale Berlusconi non potrebbe fare a meno anche per via delle sue relazioni con il premier), Capezzone e Fitto.
La Santanché rientra tra quanti saranno ammessi nella stanza dei bottoni, però senza il diritto di azionare leve e comandi, cioè a titolo consultivo. Una comitiva, quest'ultima, dove compaiono giovani leoni come Furlan e Mandelli, vecchie glorie come Galan e Martino, ex democristiani come Rotondi e Mastella (sì, proprio Clemente).
Nella lista che conta, dei componenti con diritto di voto, trionfo invece del «rinnovamento» impersonato dal consigliere politico Toti, nonché dalla Pascale (fidanzata con tanta voce in capitolo), nonché dalla Rossi, consacrata ormai vero boss della macchina organizzativa. Saranno loro, di fatto, a guidare Forza Italia casomai Berlusconi fosse silenziato dalla condanna: la sua cerchia intima e familiare viene ormai a coincidere con quella politica. Ma la sconfitta dei «falchi» si annuncia ancora più devastante.
Il Cavaliere, che tale sarà fino al decreto di revoca dell'onorificenza, è deciso a mettere in lista alle Europee solo chi vuole lui, senza nulla cedere ai ras locali, nemmeno a quelli che porterebbero voti. La questione è stata discussa ad Arcore nel cuore della notte. Ma l'aria che tira è bene illustrata da una dichiarazione pomeridiana dell'ex premier, nella quale si riconosce lo stile del suo consigliere politico Toti.
Berlusconi invita il partito a «mettere da parte interessi personali, ambizioni individuali e rendite di posizione». Si augura che tutti, all'interno del movimento politico, «ben comprendano la gravità del momento e l'esigenza di rinnovarci». Insomma, non dà speranze a Cosentino, a Scajola, a Saverio Romano, e soprattutto non cede a Fitto, capo dei cosiddetti «lealisti», colui che difese Silvio nella lotta coi «traditori» alfaniani (e adesso viene accusato di essere stato causa della scissione). Confermato il tramonto della successione dinastica. Nessun figlio in lista alle Europee. Per le Politiche si vedrà , ma c'è tempo.
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