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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Sgradito perché i due non si sono mai amati, ma necessario perché il presidente fa sempre più fatica a tenere insieme il suo elettorato, il contributo di Bill Clinton alla rielezione di Barack Obama parte col piede sbagliato. Dopo averci pensato e ripensato per parecchio tempo, l'ex inquilino della Casa Bianca ha dato alle stampe «Back to Work» (Di nuovo all'opera): un saggio nel quale ricostruisce la grave crisi nella quale è precipitata l'economia americana, descrive le difficoltà che attanagliano il partito democratico, pesantemente sconfitto un anno fa al voto di mid term, e propone una sua ricetta. Il tutto condito con attacchi ai repubblicani e l'impegno a sostenere la campagna di Obama al quale, peraltro, non risparmia severe critiche.
Alla Casa Bianca, che pure nelle sue reazioni ufficiali ha ringraziato l'ex presidente, la cosa non è affatto piaciuta. E infatti, con un colpo di scena forse senza precedenti nella storia della saggistica politica, martedì sera, il giorno stesso dell'uscita del libro, Clinton si è rimangiato il rilievo principale mosso a Obama: quello di aver sbagliato a non inserire l'aumento del tetto del deficit federale nella trattativa sulla proroga degli sgravi fiscali dell'era Bush. Un negoziato condotto alla fine del 2010, coi democratici ancora in maggioranza tanto alla Camera quanto al Senato.
L'avesse fatto, notava Clinton, il presidente si sarebbe risparmiato il durissimo scontro che ad agosto ha paralizzato per settimane il Congresso fino al precario compromesso sul taglio della spesa federale. Una situazione di caos politico - tra oltranzismo irresponsabile dell'opposizione e debolezza della Casa Bianca - che è stata esplicitamente indicata da Standard & Poor's come una delle cause che hanno portato al downgrading del debito pubblico Usa.
Perché la marcia indietro di Clinton? L'ha spiegato con franchezza lo stesso Bill parlando l'altra sera davanti al pubblico della «Historical Society» di New York dove, a fianco a lui, c'era un'intervistatrice d'eccezione: sua figlia Chelsea. «Mi sono sbagliato» ha confessato l'ex presidente raccontando di aver ricevuto un'email dal consigliere economico di Obama, Gene Sperling (che negli anni 90 lavorò anche con lo stesso Clinton alla Casa Bianca), il quale gli ha spiegato che il presidente democratico nell'autunno del 2010 tentò più volte di allargare la trattativa come suggerito da «Back to Work».
Ma la chiusura dei repubblicani fu netta, col loro capo al Senato, Mitch McConnell, che minacciò di usare l'arma dell'ostruzionismo se Obama non avesse rinunciato a legare gli sgravi fiscali al tetto del deficit.
Ritrattando l'affermazione più «pepata» del suo libro, Clinton compie un gesto di umiltà che presenta come un contributo per svelenire il clima politico: «Se la Washington della politica ammettesse i suoi errori come faccio ora io, l'atmosfera sarebbe più costruttiva». In realtà Clinton può permettersi anche l'ammissione di un passo falso perché sa di essere molto più popolare di un Obama che ha un gran bisogno del suo aiuto in una campagna elettorale nella quale il presidente uscente continua a descrivere se stesso come un inseguitore, non il battistrada.
L'aiuto di Bill non gli mancherà . Del resto nel suo nuovo libro l'ex presidente attacca a testa bassa i repubblicani e ridicolizza i «Tea Party», anche se poi le terapie che propone (dagli incentivi per il lavoro agli aiuti ai proprietari di case in difficoltà col mutuo) non sono molto diversi gli interventi già impostati da Obama e incappati nei veti del Congresso.
Ma non sarà un aiuto gratuito: col suo libro, con la rivendicazione delle sue 130 apparizioni pubbliche prima delle elezioni di mid term di un anno fa, Clinton rivendica un ruolo più attivo.
Lui e Hillary non sono mai stati invitati a cena dagli Obama alla Casa Bianca e le occasioni d'incontro tra i due presidenti sono state fin qui pochissime, tanto che Bill sembra aver scritto il suo libro «al buio». Probabilmente nei prossimi mesi non sarà più così. Vedremo all'opera una strana coppia? Le prove generali ci sono state di recente quando i due si sono incontrati in «campo neutro»: un campo di golf. Dal quale è uscito vincitore Obama.
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