QUANTI GUAI PER GLI ALFANOIDI: PRIMA LE DIMISSIONI DELLA DE GIROLAMO POI QUELLE DI GENTILE E ORA LA CONDANNA DI SCOPELLITI, RAS DEI VOTI IN CALABRIA - SE FLOPPA ALLE EUROPEE, ANGELINO TORNA A LUCIDARE IL BANANA?

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Susanna Turco per "l'Espresso"

Solo un paio di giorni fa, visti gli abboccamenti con gli uomini di Fitto in lite con Berlusconi, nel Nuovo Centrodestra s'intravedeva una nuova possibile linfa. Adesso, mentre in Forza Italia pare tornata la pace, sulla creatura di Angelino Alfano si abbatte una tegola i cui effetti sarà difficile contenere: la condanna di Scopelliti, fidatissimo del leader. Povero Ncd, non gliene va bene una: schiacciato da Renzi, snobbato da Fi, ridicolizzato da Grillo.

E, adesso con il governatore della Calabria, uno dei principali portatori di voti e uomini per l'organizzazione, di fatto fuori dai giochi. La condanna appena inflitta in primo grado è un mattone: sei anni per abuso d'ufficio (c'è anche l'interdizione perpetua). Il che, secondo la legge Severino, significa intanto carica sospesa fino all'appello e forse anche niente ricandidatura l'anno prossimo.

Per Alfano si apre dunque un delicatissimo fronte politico: la Calabria, bacino prezioso di voti, è infatti tutta in mano a Scopelliti. Non il miglior viatico per le Europee, visti i numeri che i sondaggi attribuiscono alla creatura alfaniana per le elezioni di maggio. Uno degli ultimi, quelli di Tecné, oscillava tra il 3,7 e il 3,9: comunque sotto la soglia di sbarramento.

Alla faccia del "coraggio" rivendicato dal faccione di Alfano nei manifesti che si vedono per strada in questi giorni. E alla faccia dell'aplomb del leader che, anche oggi in un'intervista sul "Mattino", non scioglie la riserva sulla alleanza con i centristi di Casini: "E' prematuro poter dire se ci sarà una scelta di questo genere", spiega infatti dopo che l'Udc aveva dato l'accordo praticamente per fatto.

Macché, si vedrà. Il ministro dell'Interno indica anzi un obiettivo piuttosto ambizioso: "E' evidente che non siamo interessati a semplici liste in comune, ma a favorire una grande aggregazione moderata", dice. Non dunque un partitino che racimola seggi andando per somme, ma una specie di federatore, un Pdl in piccolo. Si vedrà.

Di certo, la momentanea ritrovata compattezza di Forza Italia non aiuta. Difficilmente vi saranno fuoriusciti, almeno da qui a maggio, come invece si ipotizzava fino all'altro ieri. L'ha confermato anche Gaetano Quagliariello a margine di una riunione di partito: niente sommovimenti in vista. Certo, tra Forza Italia e Ncd si tratta in fondo di una gara tra debolezze: ma un conto è una debolezza da secondo o terzo partito (sempre il sondaggio Techné dà Fi al 22,9 per cento), un conto è la lotta per la sopravvivenza. In Europa, e quindi poi in Italia, il voto di maggio è il primo test elettorale dell'Ncd e quindi la sua prova d'esistenza in vita.

Nemmeno la posizione all'interno del governo aiuta a dare splendore alla nuova formazione. E' vero, come lo era a novembre, che il partito di Alfano è necessario a tenere in piedi la maggioranza. Eppure, un conto era puntellare con "responsabilità" l'incerto governo Letta, nato sull'onda lunga delle larghe intese montiane e ontologicamente molto più affine all'ex delfino berlusconiano.

Altro conto è invece star dietro alla corsa di Renzi, una corsa per la quale il sostegno del Nuovo centrodestra è ugualmente necessario ma si vede assai di meno. Sul fronte delle riforme, saldamente in mano al premier, Ncd avanza infatti qualche proposta e perplessità: si prova a rivendicare qualche merito, a chiedere frenate, auspicare correttivi. L'andamento è politicamente più grigio, da comunicato ufficiale (quello che chiudeva la riunione di ieri sembrava una nota da democratici cristiani), e non di rado privo di risultati scintillanti.

Nulla è stato, per fare un esempio, della richiesta alfaniana di spostare alla Camera la discussione sulla riforma del Senato, in modo da dare l'agio a Palazzo Madama di affrontare subito l'Italicum.

Con questo andazzo, almeno per le Europee, Alfano pare destinato all'abbraccio con Casini e Mauro, per quanto la faccenda gli piaccia poco. E, in prospettiva, l'ex delfino rischia di fare una fine analoga a quella degli altri che hanno lasciato il Cavaliere, e che pure partivano da spinte propulsive e percentuali (teoriche) ancora più alte delle sue. A meno che alla fine Alfano non torni all'ovile, dando ragione alla prima profezia di Berlusconi nel giorno in cui nasceva l'Ncd e rinasceva Fi: "Non trattateli male, sono nostri cugini e alla fine torneremo alleati". Parole che oggi suonano più che altro come una campana a morto.

 

 

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