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"INACCETTABILE È AVVIARE UNA CAMPAGNA DI NAZIONALIZZAZIONI DOPO AVER INDOTTO LE IMPRESE AD IPERINDEBITARSI" – IL PRESIDENTE DESIGNATO DI CONFINDUSTRIA CARLO BONOMI ATTACCA CONTE: " MISURE INCERTE E CONTRADDITORIE PER RIPARTIRE". I SINDACATI CHIEDONO GARANZIE. LANDINI (CGIL): “DOPO IL PROTOCOLLO PER LA SICUREZZA SERVE UN PROTOCOLLO PER LO SVILUPPO”
PAOLO BARONI per la Stampa
Carlo Bonomi attacca di nuovo il governo sulla gestione dell' emergenza coronavirus e sulle misure per le imprese. «Stiamo andando verso una riapertura delle attività economiche purtroppo caratterizzata da un caotico susseguirsi di misure incerte e contraddittorie» ha sostenuto ieri il presidente designato di Confindustria. E alla vigilia del primo maggio, mentre l' Istat segnala i primi effetti veri della crisi (col Pil del primo trimestre che crolla del 4,7% e un boom degli inattivi cresciuti a marzo di 301 mila unità) anche i sindacati incalzano Conte via social e tv.
«Dopo il protocollo per la sicurezza serve un protocollo per lo sviluppo - attacca Maurizio Landini -. Dentro al nuovo decreto dobbiamo già pensare non solo a cosa facciamo a maggio ma ci devono essere una serie di provvedimenti che nell' affrontare l' emergenza aprono ad un progetto di riforme di cambiamento di questo Paese». Da subito però il leader della Cgil chiede che vengano riconfermate «una serie di misure importanti, penso agli ammortizzatori sociali, alla liquidità da dare alle imprese, penso che vada prorogato il provvedimento che blocca i licenziamenti e sicuramente emerge un problema di sostegno alla povertà».
"Lavoro, ma in sicurezza" «La priorità per far ripartire il Paese deve essere il lavoro, un lavoro fatto in sicurezza» ha ammonito a sua volta il segretario della Cisl Annamaria Furlan, ricordando che in questo primo maggio davvero particolare senza manifestazioni e senza cortei, il «lavoro manca anche a tanti invisibili, a tanti lavoratori in nero sfruttati e privi di tutele che non siamo riusciti ad estendere a tutto il mondo del lavoro». Per Carmelo Barbagallo (Uil) «il Coronavirus ha fatto capire gli errori compiuti in passato e i danni delle politiche liberiste: l' Italia ha bisogno di solidarietà, giustizia sociale, diritti, lavoro, investimenti».
Particolarmente duro, e molto schietto com' è nel suo stile, il discorso tenuto dal presidente incaricato di Confindustria al Consiglio generale dell' associazione che ieri ha dato l' ok alla squadra dei vicepresidenti.
«Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese ad iperindebitarsi» si è sfogato Bonomi dando voce alla forte insofferenza delle imprese. «Mentre lo Stato chiede per sé in Europa trasferimenti a fondo perduto, a noi chiede di continuare di indebitarci per continuare a pagare le tasse allo Stato stesso» ha poi aggiunto, sostenendo che «la tentazione di una nuova stagione di nazionalizzazioni è errata nei presupposti e assai rischiosa nelle conseguenze, sottraendo risorse preziose alle aziende per soli fini elettorali».
Derogare ai contratti? Quindi, il futuro numero uno degli industriali ha avanzato una serie di richieste: in attesa di capire se ci saranno trasferimenti a fondo perduto ha chiesto che le imprese possano restituire i prestiti in almeno 10-15 anni anziché in 6 come previsto, a seguire lo sblocco immediato dei 35 miliardi disponibili subito per le grandi opere ed il rafforzamento delle misure di Industria 4.0.
Quanto alla ripartenza delle attività il presidente designato di Confindustria ha aperto anche un fronte coi sindacati puntando ad ottenere una deroga rispetto agli attuali contratti nazionali e chiedendo al governo di agevolare «quel confronto leale e necessario in ogni impresa per ridefinire dal basso turni, orari di lavoro, numero giorni di lavoro settimanale e di settimane in questo 2020» perché è sua convinzione che «senza questo sforzo collettivo la ripresa resta sotto ipoteca. È impossibile pensare di perdere 8/10% del pil e che dopo uno o due mesi possa tutto ritornare come disposto dai contratti vigenti».
silvio berlusconi carlo bonomi
Già, le fabbriche chiuse. La crisi innescata dal coronavirus ha aggravato molte situazioni già molto difficili, come quella di Alitalia che si appresta a mettere in cassa integrazione più di metà dei suoi 12mila dipendenti, e ne ha quasi fatte scomparire altre dai monitor, a partire da quella dell' Ilva, altri 12 mila posti in ballo, certamente il più difficile di tutti i 160 tavoli di crisi aperti al Mise e in questi mesi tutti finiti nel limbo.
Come la Whirlpool (tant' è che oggi i 402 lavoratori del sito di Napoli daranno vita ad un flash mob virtuale su Facebook) o come la ex Embraco, con 407 persone senza lavoro, senza stipendi e senza prospettive «per il terzo primo maggio consecutivo». Protestano Fim, Fiom e Uilm: «Una situazione davvero inaccettabile».
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