COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Maurizio Belpietro per “la Verità”
A forza di essere pompato in funzione anti Salvini, Giuseppe Conte a un certo punto si deve essere convinto di poter davvero diventare uno statista di livello internazionale.
Del resto, prima la grande stampa aveva decantato il suo ruolo quando si trattò di far nascere la commissione Ursula, poi c' erano stati i salamelecchi dei capi di Stato al vertice di Biarritz, quindi il tweet di Donald Trump con l' endorsement a favore di una sua permanenza a Palazzo Chigi.
Chiunque al suo posto avrebbe gonfiato il petto, figurarsi un «avvocato del popolo» trovatosi all' improvviso ai vertici della Repubblica. Dunque, ecco che in queste ore di crisi internazionale il nostro presidente del Consiglio deve aver creduto di potersi guadagnare un posto di prima fila sulla scena mondiale, trasformandosi da professore in mediatore fra due guerreggianti.
OLIVIA PALADINO E GIUSEPPE CONTE
Colto di sorpresa dall' eliminazione via missile del generale a capo di mille intrighi in Medio Oriente, e dopo aver balbettato in un' intervista a Repubblica qualche frase sul ruolo che l' Europa dovrebbe assumere per evitare un conflitto tra Iran e America, Giuseppe Conte si è quindi dato da fare per risolvere il garbuglio libico.
Mentre le milizie del generale Khalifa Haftar bombardavano Tripoli decise a far capitolare Fayez Al Serraj, e mentre il sultano turco Recep Tayyip Erdogan riforniva di armi e giannizzeri il legittimo governo libico, il nostro premier ha spinto Luigi Di Maio a partire per un tour nelle capitali del Nord Africa, così da togliersi di torno il ministro degli Esteri, e poi ha mosso i nostri servizi segreti per organizzare incontri bilaterali con i protagonisti della guerra che infuria nel golfo della Sirte.
giuseppe conte incontra fayez al serraj 3
A differenza di altri presidenti del Consiglio, Conte si è tenuto la delega sugli 007 e dunque ha avuto mano libera nel muovere gli agenti del controspionaggio, alcuni dei quali, come è noto, in terra libica sono di casa. Vuoi perché la considerano il nostro cortile, vuoi perché tramite l' Eni coltiviamo un certo numero di interessi, sta di fatto che le pedine mosse dal capo del governo hanno avuto gioco facile a rintracciare qualcuno che consentisse di agganciare sia Haftar sia Al Serraj. L' obiettivo era di trascinarli a Roma, incontrando prima l' uno e poi l' altro.
al serraj haftar giuseppe conte
Il premier già si vedeva nei panni di Bill Clinton, quando alla Casa Bianca accolse Yasser Arafat e Shimon Peres, facendo siglare al capo palestinese e quello israeliano un accordo di pace.
Avrebbero dovuto essere incontri separati, preparati non già dalla diplomazia, ma dagli spioni, così da sorprendere tutti con l' inizio di una trattativa per il cessate il fuoco. Praticamente una consacrazione dell' abilità di mediazione, ma soprattutto delle capacità di relazione, del capo del governo. Un atto che avrebbe fatto dimenticare le molte cose rimaste in sospeso a Palazzo Chigi, in attesa del voto in Emilia Romagna da cui potrebbero dipendere le sorti dell' esecutivo.
Nel piano di Giuseppe Conte però qualche cosa dev' essere andato storto. Di Maio si è tolto dai piedi, evitando di rompere la tela diplomatica tessuta dal presidente del Consiglio, e gli spioni hanno agganciato le persone giuste per far arrivare a Roma i due contendenti.
Insomma, tutto era pronto per il grande incontro e da Palazzo Chigi sono state fatte filtrare le notizie dell' arrivo di Haftar e subito dopo sarebbe dovuto sbarcare Al Serraj. Un trionfo.
Per l' Italia un grande ritorno sulla scena e anche un ruolo da superpotenza diplomatica. Per Conte un accrescimento del prestigio personale.
Peccato che, appena saputa la notizia del bilaterale fra Haftar e Conte, qualcuno abbia preso cappello. In particolare Al Serraj che, informato della convocazione di una specie di conferenza a distanza, si è sentito imbrogliato e ha disdetto l' incontro. Insomma, quella che doveva essere la grande opera di mediazione del nostro presidente del Consiglio, che consentisse all' Italia di riprendere in pugno la situazione libica e di proporsi come interlocutore unico fra le forze in campo, si è rivelata una disfatta. Anzi, un rovescio diplomatico.
GIUSEPPE CONTE GIOCA CON I CANI
Già, perché fino a ieri il nostro Paese sosteneva il governo legittimamente riconosciuto dall' Onu, ossia Al Serraj. È vero che nell' ultimo anno la diplomazia aveva provato a mettere d' accordo Tripoli con il generale ribelle sostenuto dall' Egitto, proponendo Roma come tavolo neutro per una trattativa. Ma l' appoggio era riservato ad Al Serraj, con il quale infatti si erano strette intese anche per la gestione dei migranti.
Ora il capolavoro di Conte ha ribaltato i ruoli, e vedendo Haftar ha fatto infuriare proprio Al Serraj.
LA PRIMA PAGINA DEL TEMPO SU GIUSEPPE CONTE
Quello che doveva rivelarsi un colpo da maestro, in grado di assicurare al capo del governo un prestigio internazionale, si è rivelato un colpo da ko per le ambizioni di Conte. Da presidente mediatore a presidente mediano.
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